La chiamerò Serenella, nome di fantasia, l’infermiera bionda che ho avuto modo di incontrare su Facebook scartabellando tra le pagine di infermieristica.
Con i capelli biondissimi strozzati in una coda, la bocca grande con il rossetto rosso laccato, piegata in un sorriso magnifico, gli occhi truccati abbondantemente e in modo da colpire in lontananza, un corpo da favola, Serenella non è passata inosservata.
Lo dimostrano i cinquecento “mi piace” e gli altrettanti commenti spregiudicati sotto alla foto.
Il motivo dello stupore collettivo però, è che i selfie, dei quali è l’artefice, sono stati scattati in reparto, in guardiola, negli ambulatori, durante il lavoro.
L’oggetto della foto è sempre e solo lei. Lei tutta intera, in divisa bianca con lo zoom sugli occhi.
Due perle turchesi incastonate in un viso da bambola con gli zigomi alti.
Lei con le labbra accartocciate e lo sguardo ammaliante. Lei con le labbra socchiuse, sensuali, a forma di “O”, il rossetto fucsia lucido e due bottoni della divisa aperti sul decolté.
Lei con le labbra color ruggine, amaranto, viola scuro, o con lo smalto arancione sulle unghie applicate. Lei con le ciglia finte e un neo disegnato sul bordo del naso. Lei provocante e messaggera di sogni reconditi.
Se per ricostruirsi, ogni essere umano ha bisogno di trovare la propria oasi personale, Serenella non può cercarla in ospedale. Lo dicono i pazienti. Lo dicono i colleghi. Nemmeno se fosse la più brava infermiera del mondo.
Il codice comportamentale e deontologico di tutti i sanitari parla chiaro. Il buon costume prima di tutto, il ritegno, la buona condotta, un abbigliamento consono.
Ma i suoi occhi grandi, che rivestono per tre quarti la sua faccia, nascondono la malizia della poco brava ragazza e quindi una falsa identità probabilmente celata dietro una divisa da infermiera. O almeno si spera che sia falsa.
Qualcuno non crede che Serenella sia una poco di buono. Chi la conosce dice che con i pazienti è eccezionale, sa fare bene il suo lavoro, rispetta i colleghi e le consegne.
E’ intuitiva e pronta. Perspicace. E’ attenta ai bisogni del malato. E’ ordinata. Non fa mai battute fuori luogo e non parla a vanvera.
“Se sei infermiera devi rispettare la malattia”, commenta un paziente. “E la malattia scolora, smonta le sicurezze, fa dimagrire, imbruttisce in alcuni casi”.
Il paziente entra in reparto con le valigie piene e intatte e ne esce devastato a volte. Con le valigie rivoluzionate e un’altra faccia.
“Ti guardi allo specchio e l’immagine che ti viene restituita è solo bruttezza. Una bella infermiera è un piacere per gli occhi” (maschili aggiunge).
“Fa piacere trovare una bella infermiera”, sostiene qualcun altro.
“Non una infermiera provocante che sprigioni desideri sessuali nell’immaginario collettivo però”, aggiunge.
Ci sono tante versioni di ciascuna persona quanti sono quelli che la guardano è vero. Alcune volte però il dubbio tra l’apparire e l’essere non è così amletico.
E se provassimo ad andare tutti oltre le apparenze?
Rigore e osservanza del bon ton non significano che l’infermiera debba essere la guardiana dell’appropriato o la schiava della regola.
Ma ricordiamoci che i pazienti sono i primi “lettori di persone” e non possiamo deluderli o trarli in inganno.
Inconsapevolmente Serenella ha deluso il mondo infermieristico che si discosta da quei canoni estetici e molti vorrebbero ricordarglielo domani, quando arriverà in turno al mattino con le labbra ripassate da tre grammi di cera d’api per renderle turgide e gonfie e un non so che di tempera fucsia sulle guance effetto mat.
Prima che si scatti l’ennesimo selfie. Arriverà con i pantaloni impegnati a delimitare due glutei perfetti e con una scia di profumo stomachevole perchè eccessivo.
Eppure, con il suo sorriso e l’euforia generale di chi sembra muoversi sempre in time-lapse saprà conquistare altri pazienti che la conosceranno nell’altra versione, quella che è nell’essenza della sua professione di aiuto.
Per fortuna.
Fanni Guidolin
Tratto dal blog Pelvicstom di Fanni Guidolin
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