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Regno Unito: conosciamo i Surgical Care Practitioners, infermieri che sostituiscono il chirurgo in sala operatoria

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Regno Unito: nascono i primi Surgical Care Practitioners, infermieri che sostituiranno il chirurgo in sala operatoria
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In sala operatoria, bisturi in mano, Sara Dalby potrebbe venire scambiata per un chirurgo ma in realtà si tratta di un’infermiera britannica altamente specializzata:

Quando pratichi la prima incisione, è come lasciare una serie di impronte nella cute. Non tornerà mai più ad essere la stessa.

I pazienti potrebbero pensare di venire operati da un chirurgo, ma Dalby appartiene ad un ristrettissimo gruppo di infermieri che hanno una qualifica avanzata nel settore dell’assistenza chirurgica. Questi professionisti vengono denominati Surgical Care Practitioners (SCP).

A breve Dalby diventerà ancora più speciale: a partire dal mese di settembre potrà svolgere il ruolo di primo operatore durante gli interventi di asportazione di tumori cutanei, senza alcun chirurgo al suo fianco.

A differenza di altri infermieri specialisti dell’equipe chirurgica, un SCP  viene insignito direttamente dal Royal College of Surgeons, ovvero il collegio dei medici chirurghi britannico.

È protagonista dal primo accesso del paziente in ospedale fino al momento della dimissione.

Il background infermieristico di Dalby è sicuramente stato di aiuto:

Ho una conoscenza multisettoriale grazie a diverse esperienze lavorative che mi ha aiutato a compiere il passo decisivo nella pratica specialistica.”

Un Surgical Care Practitioner partecipa in ogni fase preparatoria all’intervento, dalla valutazione preoperatoria, inclusa la raccolta dei dati anamnestici, fino alla valutazione delle ferite chirurgiche e alla decisione su quando dimettere un paziente.

Secondo l’NHS non ci sarebbero stime precise riguardanti il numero di SCPs. Secondo una recente indagine condotta negli otto principali ospedali britannici non sarebbero presenti al St. George’s Hospital di Londra ma ce ne sarebbero sette presso l’Univeristy Hospital di North Tees.

Come si diventa SCP?

Diventare un SCP richiede una precedente qualifica di “Registered Healthcare Professional” quale quella di infermiere, ad esempio. Dalby era già in possesso di un MSC in Advanced Nursing e intraprese una specializzazione chirurgica addizionale.

Il percorso raccomandato prevede un master universitario della durata di 2 anni, tendenzialmente più complesso rispetto ad altri corsi di specializzazione.

Essendosi laureata neon 2003, l’interesse di Dalby per la chirurgia è cresciuto progressivamente nel corso degli anni. Tutto ebbe inizio quando osservo, da tirocinante, un intervento di protesi di anca.

Da semplice tirocinante è arrivata, in quasi 15 anni, ad essere uno dei pochi “Primi Operatori Chirurgici“, specializzata in interventi chirurgici laparoscopici.

Diventare SCP ha rappresentato una possibilità di spinta professionale per sviluppare le sue imita cliniche mantenendo il contatto diretto con i pazienti. È attualmente l’unica SCP presso l’Aintree University Hospital e si occupa di due diverse aree specialistiche: la chirurgia maxilo-facciale e l’ortopedia degli arti superiori.

Dalby racconta: “Mi sento la responsabilità di assicurare assistenza qualitativamente eccellente, basando le mie azioni sulle capacità acquisite e dimostrando al mondo intero che sia giusto investire sugli specialisti non medici“. L’infermiera aggiunge: “Essere professionisti così specializzati da la possibilità agli infermieri esperti di intraprendere una carriera diversa da quella dirigenziale. Li mantiene in prima linea nel fornire assistenza clinica ai pazienti“.

L’impiego degli SCP ha dato risultati estremamente positivi determinando un miglioramento nella qualità dell’assistenza fornita ai pazienti e garantendo una migliore continuità assistenziale.

“L’approccio infermieristico è spesso più olistico. Appare evidente che determinate prestazioni possono essere erogate nei confronti del paziente chirurgico solo da professionisti con diverse specializzazioni“.

Dalby aggiunge: “I miei assistenti medici possono avere diversi punti di vista in determinate situazioni e ciò può portare benefici ad ogni paziente, perché in questo modo, ogni aspetto assistenziale viene considerato.”

Simone Gussoni

Fonte: The Guardian

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