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Percorsi di carriera degli infermieri: presente e futuro

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Percorsi di carriera degli infermieri: presente e futuro
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Da Oasi 2017 – Cergas Bocconi. A cura di Mario Del Vecchio, Roberta Montanelli, Elisabetta Trinchero.

L’85% delle aziende nel privato e i l’84% nel pubblico investe in ruoli dirigenziali per gli infermieri. L’88% delle aziende individua competenze specialistiche distintive per gli infermieri (100% delle private e 85% delle pubbliche).

Il 57% delle aziende ha selezionato infermieri in aree di responsabilità organizzativo gestionale “contentibili” con altre professioni (54% delle aziende private e 57% di quelle pubbliche) con compiti che vanno dalla gestione della qualità al risk management, dal bed management all’operation management fino alla conduzione di team multiprofessionali e, nel pubblico, anche incarichi di direzione di unità operative come i consultori e i distretti o anche la direzione sociosanitaria aziendale.

Traccia un quadro preciso della carriera che gli infermieri stanno già seguendo nelle aziende pubbliche e private il Rapporto 2017 Oasi della Sda – Cergas Bocconi, che ha condotto un’indagine specifica, su sollecitazione della Federazione degli infermieri, sul “Rafforzamento e diversificazione dei percorsi di carriera della professione infermieristica”, analizzandone sia lo stato dell’arte, sia le prospettive future. La ricerca ha coinvolto 81 aziende pubbliche e private dal Nord a Sud Italia e circa 100mila infermieri, 91mila nelle strutture pubbliche (il 36% di quelli che lavorano nelle strutture del Ssn) e 6.700 in quelle private accreditate (il 16% dei 45mila infermieri delle strutture private accreditate). Tre gli assi di sviluppo di carriera possibili identificati da Oasi per la professione infermieristica:

– la linea dell’innalzamento in ruoli gestionali riconosciuti dalle aziende legati a responsabilità di natura mono professionale (posizioni organizzative a valenza gestionale nell’area infermieristica, coordinamenti infermieristici, ruoli di direzione infermieristica);
– la linea dell’approfondimento specialistico nell’area professionale di riferimento;
– la linea dell’allargamento delle opzioni di sviluppo di carriera con l’ingresso in aree di responsabilità organizzativo gestionale contendibili con altre professioni.

Innalzamento dei ruoli gestionali

La percentuale di aziende del campione che ricorre alle diverse modalità di riconoscimento dei ruoli gestionali (posizione organizzativa, coordinamento di unità organizzativa, coordinamento di dipartimento o area, dirigenza, direzione) per la professione infermieristica è del 93% nel coordinamento delle Unità operative, del 60% nel coordinamento dei dipartimenti e dell’84% nella dirigenza propriamente detta. La percentuale di aziende che investe in ruoli dirigenziali per gli infermieri è dell’85% nel privato e dell’84% nel pubblico.

Nel 90% delle aziende sanitarie pubbliche del campione a infermieri, infermieri coordinatori e infermieri dirigenti è stato attribuito un incarico di posizione organizzativa come forma di riconoscimento di un ruolo gestionale. Nel 71% delle aziende sanitarie pubbliche del campione al dirigente infermiere è stato conferito un incarico di Direttore di struttura e il minore tasso percentuale di figure di coordinamento di dipartimento nel privato accreditato rispetto al pubblico riflette un differente modello organizzativo.

Approfondimento specialistico nell’area professionale

L’88% delle aziende individua competenze specialistiche infermieristiche distintive. In particolare, si tratta del 100% delle aziende private, contro l’85% delle aziende pubbliche. Queste vanno dal massimo del 21% nel blocco operatorio al minimo dell’1% nella riabilitazione e i settori maggiormente coinvolti sono, oltre al blocco operatorio, l’area chirurgica (20%), l’area critica (16%), l’area medica e gli ambulatori (12% per entrambi). Coinvolti anche i settori del materno-infantile (6%), delle cure primarie (5%) dei servizi (4%) e della salute mentale (3%).

Dal punto di vista delle specializzazioni, invece, i ruoli principali sono quelli dell’anestesia (34%), PICC team (gli accessi venosi come i cateteri venosi. La sigla PICC sta per Peripherally Inserted Central Catheters), infermiere specialista nelle lesioni cutanee (15%) addetto al controllo delle infezioni e stomatoterapista (che si occupa cioè delle stomie siano esse definitive che temporanee) entrambi al 12%, l’infermiere di See and Treat (la gestione dei pazienti con problemi di salute minori: 3%) e così via, passando anche incarichi di Case manager, Breast Unit (i centri di senologia multidisciplinari) e poi infermiere esperto nella donazione di organi e tessuti, infermiere di famiglia, infermiere di nutrizione artificiale, infermiere esperto di tecniche di ecocardiografia, infermiere esperto di terapie olistiche, infermiere esperto di ventilazione assistita.

Le specializzazioni sono in linea di massima riconducibili a sei aree: cure primarie-infermiere comunità- famiglia; area intensiva e dell’emergenza urgenza; area medica; area chirurgica; area neonatologica e pediatrica; area salute mentale e dipendenze.

Allargamento delle opzioni di sviluppo di carriera

Il 57% delle aziende ha selezionato infermieri in aree di responsabilità organizzativo gestionale contendibili con altre professioni. In particolare, si tratta del 54% delle aziende private e del 57% delle aziende pubbliche. Il ruolo contendibile principalmente assunto dagli infermieri sia nel pubblico che nel privato è la responsabilità sulle attività formative aziendali, con un peso relativo tra il 45% e il 50% del totale delle opportunità. Mentre poi nel privato si osserva una focalizzazione sulle aree della gestione della qualità e del risk management, aree che mostrano valori importanti anche nelle aziende pubbliche, in queste ultime è presente una gamma più ampia di opzioni di ruolo.

Interessanti appaiono i dati sulla presenza di infermieri con incarichi gestionali nelle aree del bed management, dell’operation management e della conduzione di team multiprofessionali a dimostrazione dell’emergere di questi nuovi ruoli come opportunità di sviluppo di carriera per la professione infermieristica. Da rilevare è anche la presenza nel pubblico di incarichi di direzione di unità operative specifiche come i consultori oltre alla direzione distrettuale e alla direzione sociosanitaria aziendale.

Conclusioni e soluzioni

La necessità di modificare in profondità il sistema di erogazione dei servizi e con esso gli assetti organizzativi che lo sostengono, è comunemente avvertita, ma una minore consapevolezza contraddistingue il tema di come le trasformazioni impattino sulle professioni. Il passaggio da un modello basato sull’acuzie a uno basato sulla cronicità, da una parte, e la pressione sulle risorse, dall’altra, in un quadro di aumento delle opportunità diagnostiche e terapeutiche, mettono in discussione molti degli elementi fondamentali che ne hanno finora caratterizzato l’architettura.

In questo contesto, secondo Oasi, la “questione infermieristica” è di fondamentale importanza e da essa dipende, in larga parte, la possibilità del sistema di fare fronte alle sfide del futuro. Dal punto di vista quantitativo la diagnosi è semplice: con una densità medica (rapporto medicipopolazione) medio-alta e una densità infermieristica medio-bassa, il rapporto infermieri-medici nel nostro paese è già oggi troppo basso, ma lo è soprattutto rispetto alle future esigenze.

Due dinamiche, infatti, impongono importanti modificazioni nella composizione della forza lavoro (skill mix) tra infermieri e medici. La prima è l’emergere della cronicità e della “presa in carico” come questioni fondamentali per il sistema sanitario, con la conseguente necessità di riaggiustare il rapporto tra le diverse professioni. La seconda è la progressiva professionalizzazione degli infermieri che consente in molti ambiti la sostituzione del lavoro medico, più costoso e caratterizzato da percorsi formativi più lunghi, con il lavoro infermieristico.

Tanto la diagnosi è semplice e largamente condivisibile, tanto la terapia, secondo Oasi, rischia di essere complessa, soprattutto in un contesto di limitazione del turnover come quello che caratterizza la parte, maggioritaria, del sistema sanitario alimentata da risorse pubbliche. Una modificazione nello skill mix è, infatti, una operazione lunga che implica, in termini molto semplificati, l’assunzione, costante nel tempo, di un certo numero di infermieri per ogni medico assunto.

Si tratta di una scelta molto difficile da attuare, sia per una perdurante identificazione presso l’opinione pubblica della sanità più con la componente medica che con quella infermieristica, sia, e soprattutto, per la differente fungibilità che contraddistingue le due professioni (una carenza in una specialità medica non può essere coperta con un differente specialista). Per raggiungere l’obiettivo, è necessario, quindi, un intervento molto determinato, sorretto da una esplicita presa di posizione e pronto a scontare grandi problemi e resistenze nel breve periodo.

Se emerge il bisogno di una maggiore «intensità infermieristica», ciò implica anche un diverso e più sostanziale contributo della professione nel soddisfacimento dei bisogni di salute della popolazione. Si tratta, perciò, di costruire o rafforzare le condizioni affinché la professione possa pienamente esprimere nella pratica tutte le potenzialità di cui è portatrice. Se le potenzialità sono quelle offerte dal sapere infermieristico, dal contributo che la disciplina è in grado di dare alla soluzione dei problemi di salute, le condizioni sono largamente legate a come il lavoro infermieristico viene organizzato, riconosciuto e valorizzato nelle aziende sanitarie.

I risultati ottenuti, sottolinea ancora Oasi, non possono essere sottovalutati non solo in termini di autonomia, assunzione di responsabilità e ruolo riconosciuto alla professione, ma anche di sviluppo sul terreno di un “quadro dirigente” indispensabile per lo sviluppo di qualunque professione. Se ciò che il sistema si attende dagli infermieri è una pratica professionale coerente con le potenzialità della disciplina e una piena assunzione di responsabilità nella concreta erogazione dei servizi, un riconoscimento e una adeguata formalizzazione organizzativa e contrattuale dei percorsi di crescita professionale appare una esigenza ormai indifferibile. È necessario però chiedersi quali siano le principali difficoltà per una evoluzione nella direzione indicata.

Sicuramente l’attuale repertorio di strumenti organizzativi e contrattuali per quanto riguarda gli infermieri è del tutto inadeguato ad accompagnare e stimolare uno spostamento del baricentro dalla prospettiva manageriale a quella professionale. La netta cesura rispetto alle professioni consolidate prodotta dall’inserimento degli infermieri nel comparto e le limitate tipologie di riconoscimento disponibili sono vincoli che devono essere superati dai nuovi contratti.

Dalla conferenza stampa conclusiva del Congresso Fnopi

 

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