Il ricorso ai microinfusori consente maggiore libertà e flessibilità, migliorando la convivenza con la malattia.
Il diabete mellito è un gruppo di patologie metaboliche caratterizzate dall’insorgenza di iperglicemia secondaria e difetti nella secrezione oppure nell’azione dell’insulina. Si tratta di una delle patologie croniche a più ampia diffusione nel mondo e rientra tra le prime dieci cause di morte. Rappresenta, inoltre, una delle sfide più rilevanti e costose per i Sistemi sanitari nei Paesi industrializzati, per il carattere di cronicità e per la tendenza a determinare complicanze a breve e a lungo termine oltre che disabilità.
Il trattamento del diabete prevede da un lato le modifiche dello stile di vita e dall’altro il ricorso a una terapia ipoglicemizzante. Per replicare l’andamento della secrezione insulinica fisiologica si può ricorrere a iniezioni multiple durante la giornata, le multiple daily injection, praticate con siringhe, penne da insulina oppure con l’infusione continua, chiamata anche continuous subcutaneous insulin infusion, utilizzando un microinfusore. Una buona terapia insulinica ha come obiettivi cardine, oltre a quello di mimare il profilo insulinemico fisiologico, l’ottimizzazione del controllo glicemico e la prevenzione delle complicanze, cercando al contempo di ridurre il rischio di ipoglicemie.
Il microinfusore è un dispositivo costituito da un palmare e da un serbatoio di insulina dotato di ago cannula, che viene inserito nel sottocute e va sostituito ogni tre giorni. Può essere di tipo convenzionale, cioè con catetere, oppure con cerotto microinfusore, che è detto anche patch pump. Il microinfusore fornisce al corpo continuamente un livello basale di insulina, con boli aggiuntivi al momento dei pasti e con la possibilità di programmare l’erogazione in quantità variabili a seconda delle diverse esigenze diurne e notturne, in base a un piano terapeutico personalizzato, stabilito insieme al team diabetologico. Il dispositivo richiede la piena accettazione da parte dell’assistito, che deve essere adeguatamente educato e formato al suo utilizzo, nonché al calcolo dei carboidrati.
Rispetto alla terapia multiniettiva, i microinfusori consentono maggiore libertà e flessibilità e, in generale, comportano un miglioramento della qualità della vita. Nella letteratura scientifica emergono diverse tematiche in merito, prima fra tutte la convivenza con la malattia diabetica, che comprende i cambiamenti e le difficoltà vissuti dal momento della diagnosi. Il diabete, infatti, può avere un forte impatto sullo stile di vita, col coinvolgimento di una forte componente psicologica, legata sia alla cronicità della patologia che alla dipendenza dall’insulina e alla complessità della gestione terapeutica. Le criticità maggiori sono relative all’attività lavorativa e sportiva, alla cadenza dei controlli glicemici e al disagio che può nascere dal dover effettuare le iniezioni in pubblico.
Un’altra tematica riguarda l’alimentazione, uno degli aspetti più influenti sulla vita quotidiana, considerata come il maggior sacrificio. Si rivelano particolarmente impegnativi il cambiamento della dieta e le rinunce alimentari, insieme alla necessità di dover pesare tutti gli alimenti e di effettuare il calcolo dei carboidrati prima dei pasti. E poi c’è la tematica dei cambiamenti nella qualità di vita dall’inizio della terapia con cerotto microinfusore. Questo dispositivo comporta vantaggi come la comodità nella somministrazione di boli e nella variazione di velocità di erogazione, la necessità di un minor numero di iniezioni e la discrezione.
Le caratteristiche maggiormente apprezzate dei microinfusori sono la libertà, la semplicità e la praticità, con un impatto positivo e più soddisfacente sulla qualità di vita. Risultano, d’altro canto, criticità legate perlopiù a errori personali o nella gestione del dispositivo. È evidente anche una complicanza poco rappresentata nella letteratura scientifica, legata tuttavia a un aspetto positivo: la ripresa della sensibilità, che però può far percepire maggiormente le crisi ipoglicemiche.
Il ruolo chiave in questo percorso è giocato dai centri diabetologici, che devono guidare l’assistito, operando direttamente sul territorio e garantendo l’implementazione dell’assistenza integrata grazie ai team diabetologici multiprofessionali. L’infermiere opera nella stessa prospettiva per il raggiungimento degli outcomes di salute della popolazione diabetica, impegnandosi a soddisfare anche l’accettabilità della cura e svolgendo un ruolo di educazione, counseling e di supporto attivo e costante.
Si potrebbe ipotizzare l’allestimento di interventi di educazione di gruppo, che permetterebbero agli assistiti di confrontarsi tra loro, di perfezionare conoscenze e abilità, di ricevere un aiuto nella gestione delle possibili complicanze, al fine di un complessivo miglioramento dell’autogestione della qualità di vita.
Anna Arnone
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