Una nuova sentenza della suprema Corte di Cassazione ha confermato come il medico abbia l’obbligo di procedere alle cure necessarie al paziente ogni volta che si verifichi una situazione di pericolo per la sua integrità fisica
Una nuova sentenza (numero 31628/2018) della suprema Corte di Cassazione ha ribadito un principio già da tempo sancito dalle Sezioni Unite nel provvedimento giurisdizionale numero 2437/2008: il medico, in caso di omesso consenso del paziente durante una situazione di urgenza, non può essere considerato penalmente responsabile di lesioni personali o violenza privata.
Soprattutto se dalle sue azioni, ovviamente giustificate da protocolli validati e dalla scienza, le condizioni fisiche del paziente ne traggono giovamento. E in quest’ultima sentenza, i giudici hanno altresì sottolineato come dalla posizione di garanzia del medico nei confronti dell’utente discenda l’obbligo di attuare tutte le cure necessarie per far fronte a situazioni di pericolo che minino la sua integrità fisica.
È perciò lecito che, in caso di criticità, il professionista prescinda dal consenso e si dedichi a predisporre i presidi e a organizzare tutti i trattamenti necessari per scongiurare che dalle condizioni del paziente derivino conseguenze pregiudizievoli o letali.
Nel caso in oggetto, che ha portato alla decisione dei magistrati, una paziente psichiatrica (non in grado di esprimere alcun consenso) era giunta alle cure dei sanitari, che si sono rifiutati di sottoporre la signora (che poi è deceduta) alla necessaria terapia antitetanica e sono poi stati portati in giudizio per tale motivo. Il reato penale è stato prescritto, ma i professionisti sono stati comunque condannati al risarcimento delle parti civili.
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