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La Puglia e il fenomeno della mobilità passiva

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ATT. PEREGO E CATTANEO - OSPEDALE NIGUARDA REPARTO DI CARDIOCHIRURGIA MEDICI PAZIENTI INFERMIERI RIANIMAZIONE SANITA' - Fotografo: FOTOGRAMMA DEL PUPPO
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Sono sempre tanti i pazienti che scelgono di curarsi fuori regione. Anche per un semplice alluce valgo.

Sorprendono i dati sulla mobilità passiva in Puglia, elaborati dall’Agenzia regionale socio-sanitaria. Sebbene in netto calo (in 10 anni i ricoveri extraregionali sono calati del 21% dai 73mila del 2006 agli attuali 58mila), il fenomeno è sempre presente, con le cure ortopediche e oncologiche a fare da capofila tra quelle per le quali i pugliesi preferiscono allontanarsi dalla propria regione. E impressiona il fatto che ben 1.029 persone (per due terzi baresi), solo l’anno scorso, abbiano scelto una clinica privata delle Marche per un semplice intervento di alluce valgo.

Cero, bisogna tenere conto anche di ciò che i dati non dicono. Il 13% dei ricoveri fuori regione, infatti, è rappresentato da gente che non vive in Puglia, pur avendo conservato la residenza. Un altro 14% comprende i residenti frontalieri (soprattutto quelli di Foggia e Taranto), che utilizzano indifferentemente gli ospedali pugliesi o, ad esempio, quelli lucani: questo spiega perché nell’elenco a destra figuri l’ospedale di Matera, o perché l’85% dei ricoveri in mobilità verso il Molise riguardi i foggiani.

Nella restante parte figurano una quota per certi versi obbligata, formata da chi si rivolge ai centri di riferimento nazionale per particolari malattie, e un’altra legata a un problema di reputazione. E proprio in quest’ultima quota rientrano l’oncologia e l’ortopedia. Per la chirurgia oncologica, che vale il 13% degli interventi totali in mobilità ed è in costante riduzione, gli esperti ritengono la mobilità ingiustificata, se non per alcune patologie estremamente rare. «Gli indicatori di qualità delle cure su polmone e mammella – spiega il commissario straordinario dell’Aress, Giovanni Gorgonidimostrano performance identiche a quelle delle altre strutture nazionali. Eppure chi ha bisogno di cure dà per scontato di non poter avere le migliori chance di guarigione restando in Puglia».

Diverso il discorso relativo all’ortopedia. A fronte di 32mila ricoveri totali nel 2017 per malattie del sistema osteomuscolare e del tessuto connettivo (compresa, ad esempio, l’artrosi), quelli fuori regione sono stati 9.961, ovvero il 30%. Quasi un pugliese su tre, in pratica, sceglie di andare in un’altra regione. E qui non bastano le considerazioni sulla qualità delle cure. Una motivazione ben più seria è data dalle carenze di personale: i servizi ortopedici degli ospedali pugliesi hanno un numero limitato di sedute operatorie e quindi scelgono di privilegiare traumi e urgenze, quindi le protesi, e ad esaurimento tutto il resto.

Si spiega così lo strano caso dell’alluce valgo (2.300 interventi in mobilità), per il quale si sceglie soprattutto Villa Pini di Civitanova, dove opera un chirurgo che utilizza una tecnica molto efficace. Ma non vanno dimenticate le 2.156 protesi, quasi sempre di anca o femore, impiantate altrove. In particolare alla Humanitas, al Rizzoli di Bologna, al Gavazzeni di Bergamo.

Nel 2017 la Puglia ha avuto un saldo di mobilità negativo per 181 milioni, in quanto le cure fuori regione costano 341 milioni e quelle in ingresso ne recuperano solo 160. Come combattere tale fenomeno? Intanto bisogna promuovere l’appropriatezza delle cure. Si pensi agli interventi sul ginocchio: si contrastano i ricoveri perché si può procedere in ambulatoriale. E poi si deve puntare sulla qualità dell’offerta. L’esempio più calzante concerne le patologie della tiroide: oggi la mobilità è scesa al 18% (la relativa voce non compare più tra le prime dieci), mentre dieci anni fa era al 60%. Il motivo è duplice: ci sono in Puglia chirurghi molto bravi, che hanno cominciato a fare casistica, e c’è l’apertura delle radioterapie metaboliche di Taranto e Barletta (prima esistevano solo San Giovanni Rotondo, Bari e Brindisi).

D’altro canto è inevitabile che per patologie molto rare, come le malformazioni congenite dei neonati, ci si rivolga all’unico centro di riferimento nazionale. Ma i 3mila ricoveri pugliesi al Bambin Gesù (755 da Bari, 648 da Lecce) è probabilmente indice di qualche carenza strutturale. E lo è senza dubbio il dato dei 1.517 interventi fuori regione per l’obesità, che induce i pugliesi a scegliere soprattutto il minuscolo Policlinico di Osio Sotto: 729 ricoveri riguardano residenti del Barese, dove esiste un Irccs specializzato in gastroenterologia (Castellana) che dovrebbe occuparsi anche di queste patologie.

 

Giuseppe Papagni

 

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