S’infervora, con un uso spregiudicato di toni polemici, l’agora tra alcune compagini a diverso titolo rappresentativa della professione Infermieristica, generato dal Protocollo d’intesa firmato tra la FNOPI ed il Consiglio nazionale forense e Consiglio superiore della Magistratura
Un dibattito che poteva diventare “positivo” se aperto a critiche costruttive mosse dalla prospettiva di generare la crescita e valorizzare la professione, invece no!
Uno dei “driver” su cui si muove il protocollo è nella necessità applicativa della legge 24/2017 (responsabilità sanitaria) per quanto riguarda la professione infermieristica con “parametri qualitativamente elevati per la revisione e la tenuta degli albi (dei periti e dei consulenti tecnici tenuti dai Tribunali, ndr.), affinché, in tutti i procedimenti civili e penali che richiedono il supporto conoscitivo delle discipline mediche e sanitarie, le figure del perito e del consulente tecnico siano in grado di garantire all’autorità giudiziaria un contributo professionalmente qualificato e adeguato alla complessità che connota con sempre maggiore frequenza la materia”.
La “speciale competenza” richiesta per ambire a esercitare la funzione “speciale” per la professione infermieristica nelle fattispecie indicate dal protocollo va oltre il solo possesso del titolo abilitativo alla professione, ma la concreta acquisizione di conoscenza teorica e pratica della disciplina, come emerge sia dal curriculum formativo e/o scientifico sia dall’esperienza professionale del singolo esperto.
Dalla lettura attenta del protocollo si distinguono elementi di valutazione primari e secondari.
Quelli primari sono:
- il possesso della laurea magistrale in scienze infermieristiche;
- l’esercizio della professione da non meno di 10 anni;
- l’assenza, negli ultimi 5 anni, di sospensione disciplinare e di qualsiasi procedimento disciplinare in corso;
- il regolare adempimento degli obblighi formativi ECM.
Gli elementi secondari invece sono:
- il possesso di un adeguato curriculum formativo post-universitario che indichi sia i corsi di livello universitario o assimilato, sia quelli di aggiornamento per il circuito ECM ed eventuali attività di docenza;
- nel curriculum dovranno essere indicate anche le posizioni ricoperte e le attività svolte durante la carriera;
- il possesso di un eventuale curriculum scientifico, che indichi attività di ricerca e pubblicazioni, oltre all’iscrizione a società scientifiche;
- il possesso di riconoscimenti accademici o professionali o altri elementi che dimostrino l’elevata qualificazione del professionista;
- l’eventuale possesso dell’abilitazione allo svolgimento di attività di mediazione e di un attestazione che certifichi la conoscenza del processo telematico.
Per cui, il mancato possesso di un elemento primario (laurea magistrale) fa presumere l’assenza di “speciale competenza”, precludendo l’iscrizione all’albo “salvo motivata ragione contraria”.
La FNOPI ritiene quindi di valorizzare la laurea magistrale, quale competenza specialistica come presupposto per la scelta dei periti e consulenti dei tribunali.
Questo particolare punto ha mosso alcuni ingombranti personaggi solitamente di voce contraria ‘a prescindere’, di trasformare il dibattito in polemica.
E’ singolare leggere alcuni post confezionati ad arte su facebook da vecchi “dinosauri” della rappresentanza professionale. In particolare si fa richiamo alla senatrice Annalisa Silvestro che si ingegna nel definire l’accordo “regressivo” per gli infermieri.
L’ex presidente della Federazione Nazionale, dopo l’uscita di scena dalla politica (senatrice del PD) e dalla rappresentanza professionale (FNOPI), dopo aver tentato di speculare sulla nascita della PROMeSa, messa fuori da tutto, muove le fila, in qualità di presidente, dell’associazione 27 aprile.
Ed allora il nostro dubbio sorge spontaneo: da un lato si predicano le competenze avanzate, anche utilizzando improbabili slogan/hashtag, ma una volta raggiunto un risultato importante che volge in questa direzione, anziché accoglierlo con favore, si polemizza inesorabilmente “a prescindere”. Una schizofrenia di giudizio che confonde tantissimi infermieri che vedono finalmente il riconoscimento della peculiarità specialistica dell’infermiere.
Ed ecco i protagonisti del “Gruppo 27 aprile” guidato dalla Silvestro:
- Bulla Piero, Presidente OPI di Sassari
- Carbone Ciro, Presidente OPI di Napoli
- Clarizia Luciano, Presidente OPI di Pordenone,
- Feliciotto Salvatore, consigliere OPI di Messina
- Giurdanella Pietro, Presidente OPI di Bologna
- Lattarulo Pio, Infermiere Dirigente delle Professioni Sanitarie
- Lebiu Graziano, Presidente OPI di Carbonia – Iglesias
- Macale Loreana, vice presidente OPI di Frosinone
- Maricchio Rita, Infermiera Dirigente delle Professioni Sanitarie
- Masi Paolo, tesoriere (ex Presidente) OPI di Frosinone
- Pais dei Mori Luigi, Presidente OPI di Belluno
- Rosini Irene, Presidente OPI di Pescara
- Scialò Gennaro, presidente OPI di Frosinone
- Secci Raffaele, Presidente OPI di Oristano
- Spica Carmelo, Presidente OPI di Catania
- Del Gaudio Michele, presidente OPI di Foggia.
E’ imbarazzante leggere in questo elenco i nomi di diversi presidenti di Opi provinciali. Ma come si conciliano gli interessi dei propri iscritti con le finalità di questa associazione? Ma soprattutto come e chi finanzia il “Gruppo 27 aprile”?
Redazione NurseTimes
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