Anche la regione Veneto corre ai ripari colmando la carenza di ministri di culto in corsia assumendo alle dipendenze della Asl locale ben 50 sacerdoti.
Tra le loro competenze rientreranno la preghiera, la confessione e la distribuzione della comunione. Potranno celebrare messa, impartire l’estrema unzione agli infermieri o battezzare i credenti. Aiuteranno anche a consolare o tranquillizzare i pazienti, recandosi al loro capezzale.
I cappellani, sarebbero figure sempre più richieste dai degenti anche di altre Fedi. Darebbero una speranza alle persone malate nel loro percorso di cura. Per sopperire alle migliaia di richieste l’Azienda Sanitaria Locale ne avrebbe assunto 5 a tempo indeterminato ed altri 45 a tempo determinato.
Anche ai religiosi sarebbe applicato il contratto del comparto, proprio come per infermieri e operatori sociosanitari. Percepirebbero dunque circa 25mila euro all’anno
In aggiunta ai 5 cappellani assunti direttamente, ci sarebbero quelli che dipendono da una convenzione stretta fra Regione e Diocesi, alle quali va il compenso pattuito, oltre al vitto e l’alloggio.
Complessivamente, il servizio spirituale costerebbe 657.288 euro l’anno. Nelle aziende maggiori lavorano ben due sacerdoti, mentre nelle altre ce ne sarebbe uno solo.
Nelle due Aziende ospedaliere di Padova (1400 posti letto) e Verona (1500) invece, ce ne sono ben sette ciascuna.
«In tutti i poli siamo affiancati da suore, diaconi e laici, che sono volontari e ci aiutano a distribuire la comunione, tre volte la settimana — spiega don Giuseppe Cassandro, delegato della Pastorale Salute della Diocesi di Padova e da sei anni e mezzo cappellano all’ospedale di Dolo —. Questo servizio è molto apprezzato: ci sono malati che desiderano vederci quotidianamente per parlare, altri per pregare. Poi confessiamo e ogni giorno celebriamo messa: di sera nei giorni feriali, la mattina e il pomeriggio alla domenica. La nostra presenza è gradita pure ai degenti di altre religioni, diventa motivo di conforto e anche di confronto e integrazione».
«In caso di emergenza, per esempio per impartire l’estrema unzione a un morente, corriamo, giorno o notte che sia», conferma don Giuseppe.
Anche per i credenti di altre fedi sono state realizzate stanze idonee nelle quali poter pregare.
«In generale però anche islamici, ortodossi ed ebrei pregano volentieri con noi — rivela don Marco Galante, cappellano a Schiavonia — qualche problema lo sollevano solo i testimoni di Geova. Qui siamo due preti e 10 laici, il nostro impegno si sviluppa su tre livelli: l’assistenza ai malati, e sono tanti che chiedono il nostro conforto; l’accompagnamento ai familiari e l’accompagnamento spirituale a medici, infermieri e Oss, che spesso ci chiedono un colloquio, non riguardante la professione, ma la loro vita. Due dottori in particolare, ci hanno espresso la necessità di una direzione spirituale per il loro cammino di fede». I religiosi vengono poi coinvolti in questioni etiche.
«Mi è rimasto impresso il caso recente di una coppia di trentenni intenzionata a ricorrere all’aborto perchè secondo la diagnosi prenatale il loro bimbo una volta nato vivrà solo poche ore — racconta don Marco —. Per la prima volta siamo riusciti a scongiurare un aborto e a far cambiare idea alla coppia. La Chiesa è sempre a favore della vita e poi non è la prima volta che, a fronte di una diagnosi infausta, il bimbo nasce sano. Lo stesso aiuto ci chiedono i parenti degli anziani ai quali dev’essere inserito il sondino per l’alimentazione. Vogliono capire se si tratta di accanimento terapeutico o rispetto per la vita. Ma il nostro compito principale è portare sollievo e una parola di speranza in luoghi in cui si provano tanta paura e disperazione».
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