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I medici scioperano, gli infermieri possono fare molto di più: DISSENTIRE consapevolmente

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I medici in sciopero contro un sistema che oggi a causa del de-finanziamento progressivo, dell’insoddisfazione di cittadini e operatori e delle incapacità politiche gestionali, è letteralmente al collasso

Sognavo di essere solidale ai medici non dietro una tastiera ma in piazza con i miei colleghi: infermieri e medici fianco a fianco a rivendicare l’unico diritto che la nostra costituzione ritiene “fondamentale”, all’art. 32. Tuttavia anche dietro una tastiera, scrivendo questo articolo e voi nel leggerlo, possiamo coltivare il pensiero critico sul nostro presente ed essere così ugualmente solidali alla causa dello sciopero.

Il mio contributo è quello di fornire ciò che ci manca per far scattare la stessa scintilla che ha portato i medici alla mobilitazione: una profonda presa di coscienza dei problemi. Come si fa? Tramite una lettura di sistema che ci consente di collegare i problemi del nostro piccolo con i problemi a livello sistemico perché ciò che succede nelle nostre realtà è il riflesso di un progetto politico più ampio che riusciamo a cogliere allargando lo zoom sul nostro presente.

Il nostro paese ha ispirato la sua organizzazione sociale a un modello di matrice Beveridgiana, in cui lo Stato garantisce benessere ed elevata qualità di vita a tutti tramite un sistema di protezione sociale che si prende carico dei più deboli, dei malati, dei disoccupati e della vecchiaia.

Questo tipo di organizzazione si sta sgretolando a favore di un organizzazione altra della società guidata dal capitalismo dei mercati e dell’economia dei profitti, nemici dello stato sociale. Si sta compiendo un progetto politico ed economico volto a riportare nello spazio del mercato tutto quanto era stato sottratto ad esso dallo sviluppo dello stato sociale.

Lo Stato intende privatizzare tutto quel alveo di bisogni di salute a cui ad oggi non dà risposte ed ai privati fanno gola i soldini che girano attorno alla sanità! Dopo anni in cui lo Stato ha svenduto uno ad uno il suo patrimonio pubblico, la favoletta per cui tutto ciò che è pubblico è inefficiente e tutto ciò che è privato funziona bene, è finita: il crollo del ponte Morandi ne è la conferma!

Questo processo di privatizzazione adesso sta investendo anche la salute che nel nostro paese si garantisce con le strutture e il personale del SSN.

Come si privatizza la salute? Semplice!

Smantellando piano piano dall’interno e svendendo ai privati gli strumenti (risorse materiali e risorse umane) che servono per tutelarla! Cosi si spiega l’obsolescenza delle strutture ospedaliere e delle tecnologie e la precarizzazione totale dei professionisti! Noi siamo letteralmente svenduti alle private cooperative per far risparmiare alle casse pubbliche qualche quattrino sul costo del personale che nelle prescrizioni di austerità deve raggiungere il minimo storico dell’anno 2004, meno lo 0.4 %. Quel risparmio, illusorio a lungo termine, viene pagato in termini di sacrifici sul piano dei diritti dei lavoratori.

È molto frequente trovarsi di fronte due professionisti appartenenti al medesimo profilo, che svolgono gli stessi orari di lavoro ma con contratti e diritti completamente diversi. Dobbiamo prendere coscienza di queste dinamiche poiché si riflettono nel piccolo delle nostre organizzazioni del lavoro coi problemi con cui lottiamo tutti i giorni le cui cause profonde però ci sono ignote.

Dopo aver preso coscienza della situazione, dobbiamo smetterla di alimentare un conflitto orizzontale inutile e deleterio per sintonizzarci e verticalizzare con forza il nostro risentimento verso quelle politiche che intendono smantellare la sanità pubblica. Scioperare come i medici è difficile? Nessun problema, possiamo fare molto di più! Leggere queste righe, informarsi e coltivare il pensiero critico sulle dinamiche del presente è già di per sé un’atto rivoluzionario perchè il ragionamento critico è precursore del dissenso.

Abbiamo il dovere di dissentire ad un sistema iniquo e ingiusto che non ha a cuore né il bene del paziente né il bene degli operatori ma solo gli interessi economici di pochissimi. “Dissentire” calato nei nostri contesti significa dire NO alle deroghe sui nostri diritti, dire NO a mansioni (nel linguaggio giuridico è permesso questo termine) al di fuori del nostro campo di attività e responsabilità. Ragionamento critico anche per i cittadini affinchè venga smontato il mito che colloca il nostro SSN tra i migliori al mondo. Questo mito permane nell’immaginario collettivo ed anzi è corroborato da fonti ormai desuete. Certo, non spendiamo cifre enormi per la sanità in confronto ad altri paesi ed a fronte di questa esigua spesa, gli esiti di salute sono tutto sommato buoni: la speranza di vita alla nascita è ancora molto elevata.
Ma l’ efficacia e l’efficienza dei servizi sanitari influisce meno del 20% su questo dato, fondamentali sono altri determinanti della salute.

Oltre il mito, la realtà è un’altra. La salute a breve diventerà un bene posseduto da coloro che se lo possono permettere, alla stregua di qualsiasi altro bene di consumo ed invece deve tornare ad essere un diritto “fondamentale” e universale, cioè valido per tutti.

Nel contratto di governo è dichiarata la volontà di preservare la natura pubblica e universalistica del SSN, ma poco è stato fatto per perseguire questo obiettivo. Il sistema non è in grado di sopportare ulteriori restrizioni finanziarie, pena un ulteriore peggioramento della risposta ai bisogni di salute dei cittadini e un deterioramento delle condizioni di lavoro degli operatori. Necessario un rifinanziamento del FSN, per la copertura dei nuovi LEA, per lo smaltimento delle liste d’attesa, nonché per affrontare il problema della non autosufficienza tramite lo sviluppo di quei servizi ancora fortemente carenti, in particolare nell’assistenza territoriale. Confidiamo nelle potenzialità di questo governo autodefinitosi “del cambiamento” perché tra mille difficoltà dimostra di essere comunque dalla parte del popolo.

La durata dell’esecutivo è di 5 anni, comprendiamo che le priorità siano state altre in questa prima manovra economica, ma dopo le forze dell’ordine e gli insegnanti ci siamo noi!

Rimaniamo qui a creare consapevolezza dei problemi in attesa di essere ascoltati.

 

Raffaele Varvara

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