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La garanzia della continuità assistenziale dei malati fragili: una proposta operativa per le dimissioni protette

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La garanzia della continuità assistenziale dei malati fragili: una proposta operativa per le dimissioni protette
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Proponiamo un elaborato del nostro collaboratore Cosimo Della Pietà.

Abstract

Il presente scritto si pone l’obiettivo di illustrare un progetto per la realizzazione di un percorso assistenziale, che vede coinvolti i malati di terzo livello con patologie croniche, (SLA, Ictus cerebri, Traumatizzati, patologie neurodegenerative ecc…) che dall’ospedale, in modo particolare dai reparti di terapia intensiva, sono dimessi al proprio domicilio.

Si intende costruire un percorso diagnostico terapeutico e assistenziale, per coordinare gli interventi dei servizi sanitari e sociali, interessati a garantire la continuità della presa in carico globale del paziente al momento della dimissione. Tale  passaggio vede coinvolte diverse figure professionali con competenze specifiche, medici ospedalieri, medici del distretto, infermieri ospedalieri e del territorio, OSS, assistenti sociali, MMG ecc., che insieme devono integrarsi per un fine comune.

Si vuole descrivere un percorso che accompagni, tramite un iter educativo il care giver, il malato e la sua famiglia, verso l’acquisizione di quelle competenze, per svolgere al meglio il loro ruolo e alla costruzione e definizione di un ambiente domiciliare adatto allo scopo. Definire il ruolo dell’infermiere ADI che prenderà in carico il malato, e i suoi rapporti di collaborazione con l’infermiere case manager ospedaliero, e altri professionisti e operatori sanitari.

Questo per garantire omogenee modalità di presa in carico dei pazienti ricoverati, che necessitino di continuità delle cure alla dimissione. Offrire risposte adeguate alla complessità dei bisogni dei malati che si rivolgono ai servizi ospedalieri. Sviluppare l’integrazione tra servizi sanitari e sociali ospedalieri e territoriali, per ridurre i ricoveri impropri e i tempi di degenza e agevolare l’intervento dei servizi territoriali dopo la dimissione dall’ospedale.

Dimissioni protette dei malati di terzo livello, dall’ospedale al domicilio: una proposta operativa

Obiettivi
Garantire omogenee modalità di presa in carico dei pazienti di terzo livello assistenziale ricoverarti, che necessitino di continuità delle cure al proprio domicilio, dopo la dimissione.

Finalità
Offrire risposte adeguate alla complessità dei bisogni dei malati  che si rivolgono ai servizi ospedalieri, sviluppare l’integrazione tra servizi sanitari e sociali, ospedalieri e territoriali, ridurre i ricoveri impropri e i tempi di degenza, agevolare l’intervento dei servizi territoriali dopo la dimissione dall’ospedale, garantire un canale comunicativo tra professionisti che operano nell’ospedale e al domicilio

Ambito di applicazione
L’istruzione operativa descrive le attività messe in atto per coordinare gli interventi dei servizi interessati a garantire la continuità della presa in carico globale dei pazienti al momento delle dimissioni.

Un importante riferimento nazionale per la costruzione del presente elaborato, deriva dal modello organizzativo realizzato nella regione Piemonte, che tramite il DGR 27-3628 del 28/3/2012, ha dato mandato alle aziende sanitarie di costituire i NOCC (Nuclei Ospedalieri Continuità delle Cure), per la gestione del percorso di continuità assistenziale; a seguito di questo assetto normativo, l’Azienda Città della Salute ha formalizzato la costituzione dei NOCC con delibera n. 1149/2013 del 5/12/13, costruendo un percorso assistenziale ospedale territorio che può essere di riferimento per i nostri obiettivi. Questo per la dettagliata e originale modalità operativa, con cui è stata applicata la normativa alla realtà organizzativa e, per la sua notevole validità al fine di poter essere usata come esempio per l’applicazione, con i dovuti adattamenti, ad altre realtà organizzative socio sanitarie nazionale.

Le attività in dettaglio

Segnalazione del caso da parte del personale della struttura di degenza

Il personale della struttura di degenza per tutte le persone ricoverate deve valutare il più presto possibile, durante il percorso assistenziale se al momento della dimissione il paziente potrà presentare:

bisogni assistenziali sanitari: si intendono tutte quelle pratiche assistenziali sanitarie non gestibili in modo autonomo dal singolo paziente; ad esempio necessità di terapie endovenose, gestione di cateteri, medicazioni avanzate e complesse, presenza di disabilità, previsione di peggioramento delle condizioni generali, ecc.

bisogni esclusivamente sociali: si intende quei pazienti che pur presentando alla dimissione bisogni assistenziali gestibili in modo autonomo (dal paziente stesso o dai famigliari) lasciano emergere durante il ricovero “segnali di allarme” di una possibile situazione sociale che rappresenti un rischio potenziale  anche per la salute; ad esempio abitazione non adeguata, problematiche personali o familiari, abbandono, ecc.

Nel caso siano presenti bisogni assistenziali e sociali il personale della struttura di degenza (in particolare il coordinatore) deve inviare la segnalazione con il Modulo “Scheda segnalazione intra ospedaliera per continuità assistenziale” tempestivamente (e comunque entro massimo 15 giorni dalla data di dimissione prevista – ovviamente per ricoveri inferiori ai 15 giorni la segnalazione va fatta a maggior ragione il prima possibile) al NOCC.

Nel caso in cui non siano presenti bisogni assistenziali ma si ravvisino solo possibili bisogni sociali la segnalazione va inviata solo al servizio Sociale (Modulo di richiesta di consulenza sociale).

Modalità di valutazione del caso

La valutazione del caso, da parte del NOCC, deve avvenire entro 3 giorni lavorativi dalla segnalazione tramite un incontro preferibilmente congiunto (Assistente Sociale e Coordinatore Infermieristico) con il personale dell’area di degenza interessata (in genere il Coordinatore ed un infermiere di riferimento) di presentazione del caso, durante il quale si valutano i bisogni assistenziali e sociali del paziente e si inizia a compilare il modulo di segnalazione al distretto di residenza (proposta di percorso in continuità assistenziale per pazienti adulti). Può essere utile e/o necessario in questa fase anche un primo colloquio con il paziente e/o la famiglia.

Presa in carico del caso

La presa in carico del caso è sia sociale che assistenziale: presa in carico sociale attraverso colloquio con paziente e/o care giver, indagine sociale, informativa benefici di legge tramite colloquio e consegna dell’informativa relativa; coinvolgimento servizi territoriali e presa in carico assistenziale attraverso la valutazione delle necessità assistenziali e/o cliniche dopo la dimissione; individuazione dei presidi e materiali necessari; individuazione del care giver.

L’assistente sociale definisce il livello di complessità sociale (bassa – media – alta) attraverso la redazione della scheda sociale che comprende: area abitativa, area familiare, area economica,  area istituzionale, area trasporti. Mentre il coordinatore infermieristico e il medico del NOCC definiscono il livello di complessità assistenziale al fine di valutare la modalità più appropriata di dimissione protetta e per identificare le opportune risorse da attivare. Si può utilizzare la classificazione proposta per il territorio dalla DGR Piemonte 41-5952 del 7 maggio 2002.

Nel caso in cui emerga che i bisogni assistenziali non richiedono la presenza di un care giver ma siano evidenziati bisogni sociali, il paziente viene preso in carico dal Servizio Sociale; nel caso in cui non si evidenzino neanche bisogni sociali la struttura di degenza procederà con una dimissione ordinaria al domicilio.

Individuazione ausili, presidi sanitari e diritti di legge

Il coordinatore infermieristico del NOCC collabora con il personale della struttura di degenza per l’individuazione di ausili e presidi necessari e facilita il percorso di richiesta con l’Asl di residenza e aiuta a predisporre la modulistica necessaria (Modulo richiesta ausilio).

L’assistente sociale provvede a individuare i benefici previsti dalla Legge, ad informarne il paziente e/o la famiglia e a supportare sia il personale della degenza che i famigliari nell’avvio delle procedure per l’ottenimento degli stessi.

Individuazione del care giver e indagine sociale. Il personale sanitario del NOCC, in accordo con la struttura di degenza, provvede a sostenere il paziente e/ola famiglia nella scelta del care giver: scelta del care giver di un paziente maggiorenne, il care giver viene di norma individuato dal paziente stesso. L’assistente sociale, nel contempo, conduce l’indagine sociale per valutare se le condizioni abitative, familiari e le caratteristiche del care giver permettono la dimissione al domicilio.

Individuazione soluzioni alternative al domicilio. Nel caso in cui non sia individuabile un care giver ovvero non vi siano le condizioni sociali necessarie, esperiti tutti gli interventi per il superamento delle eventuali difficoltà al ritorno al domicilio e superata la fase acuta di malattia, si dovranno individuare le possibili soluzioni alternative al ricovero offerte dal territorio sotto qualsiasi forma a seconda delle preferenze e disponibilità del paziente e/o della famiglia (strutture pubbliche, convenzionate, private, del volontariato) e della idoneità alle necessità assistenziali del paziente.

Nel caso sia appropriato avviare un percorso per ricovero in hospice – previo consenso del paziente e della famiglia – si utilizza la modalità procedurale descritta nell’apposita scheda “istruzione operativa valutazione hospice”.

Per i malati con elevata complessità assistenziale, ma con una completa stabilizzazione delle condizioni cliniche si può prevedere un periodo di ricovero presso una struttura di “Dimissione protetta cure intermedie”  al fine di preparare, facilitare o attendere l’organizzazione del successivo percorso di cura al domicilio o in struttura protetta.

Addestramento dei care giver

L’addestramento del care giver deve avvenire seguendo un programma strutturato definito dagli operatori della struttura di degenza, con il coinvolgimento degli infermieri ADI che prenderanno in gestione il caso al domicilio. Tale percorso termina una volta che il Coordinatore dell’area di degenza ne possa attestare il raggiungimento delle competenze.

Al termine dell’addestramento verrà esplicitata una valutazione sulla idoneità del care giver in modo congiunto da operatori sanitari e sociali della continuità. Nel caso di non idoneità e di assenza di care giver alternativo, il paziente dovrà essere indirizzato verso soluzioni alternative alla dimissione al domicilio.

Programmazione delle dimissioni

Il coordinatore infermieristico e l’assistente sociale del NOCC provvedono ad inoltrare il più presto possibile, una volta acquisiti il minimo di elementi necessari, la segnalazione al territorio utilizzando un’apposita modulistica “segnalazione dimissione ospedaliera”. Nel caso in cui il servizio territoriale non fornisca riscontro entro 3 gg. lavorativi, il NOCC provvederà a contattare direttamente il medico di medicina generale.

Nel caso in cui vi sia necessità di sottoporre il progetto sul paziente all’unità di valutazione (geriatrica, handicap, minori) il NOCC si occuperà di attivare il percorso in sinergia con i servizi sociali territoriali. Se richiesto e/o necessario può essere concordato un incontro con gli operatori del territorio; durante tale incontro il personale della struttura di degenza e quello del NOCC presentano il caso agli operatori del territorio.

Nel momento in cui le condizioni del paziente permettono le dimissioni e, verificata con la famiglia la presenza di tutti gli ausili richiesti e l’avvenuto collaudo, la fornitura dei farmaci e dei presidi monouso necessari, si organizzerà ove previsto e se necessario, il trasporto in ambulanza del paziente al domicilio.

Le dimissioni di un paziente in tutte le forme di cure domiciliari possono avvenire esclusivamente nel giorno concordato con il responsabile territoriale delle cure domiciliari, in quanto è previsto dalla normativa in materia che la presa in carico avvenga nel giorno stesso di arrivo al domicilio previa visita congiunta del personale infermieristico territoriale che del MMG.

Per quanto riguarda l’archiviazione, tutta la documentazione (sia sanitaria che sociale) relativa a ciascun caso di continuità assistenziale verrà archiviata in formato informatizzato dopo scannerizzazione dell’originale cartaceo in cartelle dedicate per ciascun paziente e archiviate nel percorso di cura. Il cartaceo verrà attentamente smaltito nel rispetto della privacy.

Individuazione e formazione del care giver: descrizione sintetica

L’istruzione operativa intende descrivere le modalità secondo le quali il care giver viene formato e reso idoneo ad assolvere al suo ruolo. Il presente documento ha validità tre anni dalla data di emissione, salvo che mutate esigenze dell’azienda o nuove necessità organizzative non ne richiedano la revisione in tempi più brevi.

Le richieste di modifica possono essere effettuate dal responsabile del processo o dal responsabile del documento. Alla scadenza del terzo anno dalla emissione, la revisione del documento viene effettuata dal responsabile del documento. Lo scopo è quello di uniformare la formazione e l’addestramento del care giver durante la degenza ospedaliera in merito alle diverse tecniche e pratiche assistenziali da eseguire a domicilio, alla luce della specificità del paziente.

Il termine “care giver”, preso in prestito dalla lingua inglese, esplica in modo sintetico il concetto di “persona che deve prestare assistenza continuativa e rilevante, in genere a famigliari colpiti da una malattia”. Il care giver, attraverso l’educazione terapeutica, deve appropriarsi degli strumenti cognitivi e delle tecniche necessarie alla cogestione del paziente e deve raggiungere una propria autonomia in merito alle capacità di auto-sorveglianza, cura, ragionamento e decisione implicati dalla condizione patologica.

In ogni ambito è molto difficile per un parente accettare la malattia del proprio famigliare e calarsi in un ruolo diverso, nel quale diventare partner del percorso di cura: il coinvolgimento emotivo infatti rende inizialmente insicuri sulle proprie possibilità di successo e sulla capacità di sostenere serenamente la gestione della patologia a domicilio. I famigliari si sentono frequentemente inadeguati e spaventati e soltanto l’accompagnamento professionale e i costanti e numerosi esercizi si rivelano strategie utili per fortificare la autonomia e la fiducia in se stessi.

Gli operatori sanitari diventano un punto di appoggio e di riferimento fondamentale per il paziente e la sua famiglia, consentendo progressivamente di sentirsi meno dipendenti, attraverso l’acquisizione di competenze riferite al contesto. La valutazione delle esigenze sociali e personali, in senso lato, del care giver è fondamentale per garantire la migliore assistenza possibile al paziente e la sua sostenibilità nel tempo.

Il contesto sociale e ambientale di appartenenza è impoertante e la sua valutazione dovrà basarsi su un’analisi approfondita che metta in relazione i dati oggettivi portati dai diretti interessati, ed eventualmente verificati con i servizi territoriali, con le specificità dei bisogni sanitari malato.

L’indagine sociale dovrà inoltre tenere conto del grosso impatto sull’intera famiglia del lavoro di cura, con conseguenti rischi di isolamento, stress e limitazioni della vita sociale e lavorativa, mettendo in campo tutte le risorse possibili che comprendono i percorsi previdenziali (congedi parentali, invalidità civile-riconoscimento situazione di handicap grave ai sensi della Legge n. 104 del 5 febbraio 1992,” Legge- quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone  handicappate” …), il sostegno del volontariato, l’erogazione da parte del territorio di assegni di cura con cui poter offrire soluzioni alternative o integrative al care giver famigliare, l’attivazione di custodie minori, affidi, buoni servizio (Legge n.328 del 8/11/2000 “Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali”).

L’assistente sociale opera quindi in ottemperanza alle linee guida regionali in materia di continuità assistenziale tra ospedale e territorio per i pazienti in età evolutiva, ed adulti costruendo una rete che implichi l’incontro e la progettazione del percorso di cura.

Criteri generali per l’individuazione del care giver

Devono essere formati almeno due care giver per garantire, in assenza dell’uno o dell’altro, l’esecuzione della tecnica in modo efficace e tempestivo e per consentire reciproci momenti di sollievo. Dei due care giver, uno deve essere preferibilmente convivente con il malato.

Deve essere scelto quello che trascorre maggiore tempo con il malato, con un carico di lavoro meno oneroso rispetto all’altro, che manifesta minore disagio emotivo e difficoltà nell’assumere tale ruolo. Il secondo care giver può essere individuato dal primo care give, nell’ambito della famiglia o all’esterno di essa (altro parente, educatore, badante).

Se non è possibile l’identificazione del care giver primario e secondario nell’ambito famigliare, o se il caso è di elevatissima complessità (es. dipendenza da alta tecnologia), l’assistente sociale con le altre figure professionali coinvolte nell’assistenza del malato, provvedono ad individuarne uno esterno, valutando tutto quello che ciò comporta (es. addestramento specifico, forme integrative di pagamento…).

Il care giver straniero deve possedere un livello accettabile di conoscenza della lingua italiana che consenta una comunicazione efficace, valutabile dall’équipe curante e sempre condivisa con il servizio di Mediazione Interculturale.

Il care giver non deve presentare segni manifesti relativi all’uso di sostanze e/o alcool, perché è fondamentale che sia  “lucido” ed orientato, capace di garantire l’assunzione del ruolo nel rispetto della tutela del malato; se l’infermiere o il personale medico rilevano qualche segno che possa anche solo far sospettare una dipendenza patologica, una fragilità psichiatrica o comunque un qualunque altro indicatore di disagio, deve segnalarlo alle assistenti sociali ospedaliere che provvedono ad ulteriori approfondimenti.

Tramite un colloquio dell’equipe di cura informa i parenti della necessità di individuare due care giver, per la gestione domiciliare del paziente secondo quanto sopra indicato. L’équipe di cura contatta l’Assistente Sociale ed insieme approvano i nominativi.

Per l’individuazione dell’infermiere case manager ospedaliero di riferimento per l’addestramento, il coordinatore infermieristico identifica uno o due infermieri che provvederanno all’addestramento del care giver valutando:

– l’esperienza professionale maturata durante il periodo di servizio,
– l’attitudine e predisposizione all’insegnamento e alla formazione,
– le competenze relazionali,

Contenuti dell’addestramento – Per ogni tecnica assistenziale gestibile al domicilio è opportuno, prima di iniziare l’addestramento:

– definire il limite minimo di osservazioni e ripetizioni della tecnica in autonomia su manichino (se effettuabile);
– definire il limite minimo di osservazioni e di ripetizioni della tecnica in autonomia sul paziente;
– definire le conoscenze (sapere e saper fare) necessarie per la gestione della situazione di urgenza/emergenza per ciascuna tecnica;
– definire i segni e sintomi delle complicanze che il caregiver deve essere in grado di riconoscere;
– definire gli elementi peculiari ed irrinunciabili affinchè il domicilio sia reso un ambiente idoneo ad eseguire la pratica appresa;
– definire la check list per la valutazione dell’area del saper fare e il questionario per la valutazione dell’area del sapere.

Predisposizione del piano di addestramento

Il Coordinatore Infermieristico predispone un piano di addestramento personalizzato che integri e tenga in considerazione i seguenti elementi:

– tempo complessivo di presenza del caregiver in ospedale,
– compliance del caregiver,
– complessità del paziente e complessità assistenziale,
– organizzazione del reparto e risorse umane disponibili.

Al variare delle sopraindicate condizioni il piano può essere modificato ed adattato ai cambiamenti sopraggiunti.  In esso deve essere definito, a livello teorico, il tempo complessivo che si ritiene essere necessario all’addestramento.

Gli infermieri individuati, sulla base del piano stilato, devono concordare con il care giver un programma di addestramento, in cui si specificano le date degli incontri e si esplicitano le modalità dei medesimi (Modulo:Programma di addestramento del care giver).

Effettuazione dell’addestramento

E’ preferibile disporre di un luogo tranquillo in cui il care giver possa esercitarsi indisturbato. Ciascun incontro di addestramento deve essere registrato dall’infermiere su un apposito modulo; il care giver e l’infermiere appongono la loro firma nella casella del modulo relativa a ciascun incontro.

L’addestramento si compone di fasi coerenti con quanto definito nella specifica di ciascuna tecnica assistenziale e che comprendono: spiegazione verbale al care giver della procedura; osservazione della dimostrazione della procedura eseguita dal professionista prima sul supporto tecnico (manichino) e poi sul malato; esecuzione della procedura da parte del care giver su supporto tecnico, in presenza del professionista; consegna al care giver della scheda informativa relativa alla procedura; esecuzione della tecnica sul malato, in presenza del professionista; analisi congiunta infermiere – care giver delle criticità e del superamento delle stesse per l’effettuazione a domicilio.

È opportuno predisporre nella fase finale del percorso formativo, un incontro con l’infermiere ADI che prenderà in gestione il caso, per creare una continuità nelle informazioni che si vengono a trasmettere al care giver.

Durante l’addestramento gli infermieri incaricati segnalano ogni criticità di rilievo (ad esempio mancati appuntamenti, apparente indifferenza del care giver, mancata disponibilità, inidoneità delle condizioni logistiche a domicilio,ecc.) al coordinatore che provvederà a cercare di capirne le ragioni e ad effettuare un’azione correttiva, che se non efficace o non attuabile porterà alla segnalazione della criticità alla continuità assistenziale, ai medici, al servizio sociale, in quanto andrà ridiscusso e ridefinito l’intero programma di dimissione.

Per la verifica infermieristica dell’avvenuto addestramento, al termine del periodo di formazione previsto per ciascuna tecnica, si deve constatare l’avvenuto apprendimento del care giver. Tale valutazione va eseguita mediante l’osservazione diretta dell’esecuzione della tecnica,utilizzando come check list delle schede informative. La documentazione riferita all’addestramento deve essere conservata nella cartella clinica del paziente. Il coordinatore infermieristico e gli infermieri addestratori certificano alla dimissione l’avvenuto addestramento con il modulo “Programma di addestramento del caregiver” che viene controfirmato dal/i care giver addestrati.

Il monitoraggio è attribuito per competenza ai professionisti del territorio di residenza/domicilio del paziente. In caso di richiesta da parte del territorio o in occasione di successivi contatti con l’Ospedale è prevista la possibilità di una verifica infermieristica a lungo termine rispetto alla corretta esecuzione della tecnica insegnata, in occasione di visite domiciliari, ricoveri successivi del malato, accessi al settore diurno.

Aspetti etici

Il nuovo assetto che si vuole delineare, nei diversi Sistemi Sanitari Regionali, rinforza il ruolo degli ospedali nella gestione del paziente in situazione di acuzie e la necessità di contenimento dei costi,  richiede sempre più una efficienza gestionale che si fonda su un tasso di occupazione dei posti letto elevato. Peraltro, l’aumento costante della richiesta di prestazioni necessita da parte degli ospedali di garantire un efficiente turn over dei pazienti e la massima appropriatezza.

In questo contesto la possibilità di assicurare dimissioni sicure e rapide presuppone una gestione delle relazioni con il territorio precisa e capillare, ma soprattutto tempestiva al fine di poter attivare le risorse necessarie.

La corretta gestione dei casi cronici e complessi può essere preparata solo assicurando una valutazione olistica non solo dei bisogni assistenziali sanitari ma anche delle condizioni sociali ed ambientali in cui il nucleo familiare è inserito, al fine di evitare il burn out della famiglia stessa e un precoce ed inappropriato rientro in ospedale.

Esiste inoltre, nei confronti dei malati, una responsabilità giuridica di tutela della persona malata da parte dell’Azienda Sanitaria, relativamente alla capacità di rispondere a tutti i suoi bisogni dopo la dimissione. Questi due aspetti richiedono una collaborazione tra tutte le figure professionali coinvolte affinché la valutazione sia il più possibile globale e arricchita sulla base delle competenze specifiche dei professionisti.

Gli aspetti relativi alla comunicazione e all’informazione sono particolarmente critici, in quanto ci si trova di fronte a situazioni cliniche gravi e talora croniche che impegnano dal punto di vista assistenziale soprattutto emotivo e relazionale, oltre ad avere un elevato impatto sulla qualità di vita del paziente e dell’intero nucleo familiare. Inoltre, spesso ci sono situazioni familiari in cui il livello culturale e le relazioni parentali o amicali non sono sufficienti a garantire il sostegno al paziente e ai care giver.

Per tali motivi durante gli incontri con il paziente e/o la famiglia è necessario garantire:  privacy (trovare preferibilmente uno spazio in cui non transitano o sostano persone non coinvolte, inclusi gli altri operatori sanitari); silenzio (evitare le interruzioni anche telefoniche); tempo dedicato ma definito (indicare all’inizio quanto tempo è a disposizione del colloquio).

L’utilizzo dell’istruzione operativa garantisce un uniforme addestramento dei care giver da parte degli infermieri sia ospedaliere che del territorio. Questi ultimi infatti, evidenziano la necessità di assicurare, in modo omogeneo, la trasmissione di informazioni complete, sostenute da dimostrazioni di procedure ed esercizi per rinforzare l’apprendimento delle stesse.

È fondamentale, sin dall’inizio del ricovero, utilizzare una comunicazione finalizzata ad aiutare i pazienti e le loro famiglie a comprendere la malattia e tutto ciò che il suo trattamento comporta. L’informazione deve essere adeguata alle esigenze del paziente e del care giver, deve rispondere alle loro domande e tenere conto del loro livello culturale. È bene avere particolare riguardo nei confronti dell’utenza straniera prevedendo il coinvolgimento dei mediatori culturali al di la della pura comprensione linguistica.

Si sottolinea inoltre l’importanza di un reciproco aggiornamento con le altre figure professionali coinvolte nel processo di domiciliazione, siano sanitarie, sociali, psicologiche o di mediazione. Questo finalizzato a rassicurare le famiglie e a dare maggiore autorevolezza alla progettualità intrapresa.

Conclusioni

La letteratura documenta quanto sia difficile garantire la continuità dell’assistenza alla dimissione, soprattutto per scarso coordinamento tra i soggetti coinvolti e l’inadeguatezza delle informazioni trasmesse tra gli infermieri dell’Ospedale e quelli del Distretto.

La documentazione scritta, le rendicontazioni informatizzate, hanno molti limiti, alcuni intrinseci come la grande quantità di tempo richiesto per la compilazione (inevitabilmente sottratto a quello dedicato all’assistenza), ma, soprattutto, estrinseci legati alle scelte (la struttura della documentazione è molto variabile), all’uso che ne fanno gli operatori (scarsa quantità e qualità delle informazioni trasmesse), ma anche ai contenuti (documentare ciò che è accaduto in reparto o ciò che sarebbe necessario fare a domicilio).

Nel 1997 Torn kvist et al, hanno condotto uno studio sulla documentazione infermieristica in uso sul territorio, evidenziando che la maggior parte degli infermieri intervistati, si dichiarava insoddisfatta per la mancanza di un modello comune, e per gli elevati tempi di compilazione o di lettura della modulistica, non sempre compatibili con l’esigenza di efficienza dei servizi.

Le criticità evidenziate in questo lavoro, dovranno essere oggetto di ulteriori approfondimenti del gruppo che si  impegnerà nel progetto di continuità assistenziale Ospedale/Territorio, e dovranno portare alla realizzazione e stesura di un documento, i cui contenuti siano  condivisi dall’intero gruppo. Tuttavia, secondo gli studi disponibili, l’efficacia della documentazione scritta sulla continuità dell’assistenza del paziente dimesso è ancora dubbia.

Limitarsi a scrivere o dedicare risorse, non assicurano la continuità delle cure come vorremmo. Probabilmente, potrebbero avere maggiore efficacia, se integrate in un piano di dimissione che includa:

– il concetto di pianificazione dell’assistenza,
– la documentazione scritta,
– il massimo coinvolgimento di tutti gli operatori per garantire la continuità dell’assistenza,
– un supporto costante prima e dopo il ricovero del paziente,
– la capacità di tener conto delle preferenze del paziente che dovrebbe sentirsi in grado di “autogestirsi” quanto più possibile.

La metodologia adottata nel progetto di continuità delle cure è sovrapponibile a quella documentata dalla letteratura, prevede l’integrazione del piano di assistenza nella documentazione scritta, il coinvolgimento degli operatori, la conoscenza organizzativa dei servizi e il coinvolgimento della famiglia. Alla base di tale progetto di integrazione, per garantire la continuità assistenziale al malato di terzo livello, emerge lo sforzo, l’impegno e la grande volontà adoperati per poter lavorare insieme nel raggiungimento di un fine comune: “migliorare la qualità di vita percepita dal malato e dalla sua famiglia”.

Dott. Cosimo Della Pietà

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  • salute.it
  • servizissii.regione.emiliaromagna.it
  • medicinaepersoma.org
  • quotidianosalute.it
  • www.asl.bologna.it

 

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