La diagnosi, dieci mesi fa, al San Gerardo di Monza. Medici e genitori: “Non ha mai smesso di lottare”.
MONZA – Cecilia ha un sorriso disarmante, mentre abbraccia le sorelline Benedetta e Agnese, di uno e cinque anni. Sorridono anche mamma Federica, insegnante in una scuola materna di Vimodrone, e papa Luca, professore di matematica e fisica al Collegio San Carlo di Milano. I giorni bui della malattia sono alle spalle. L’ultimo controllo, dopo quattro cicli di chemioterapia per una leucemia linfoblastica, dicono che la bimba ha vinto, la malattia è in remissione totale.
Un male diagnosticato in tempi record all’ambulatorio di Genetica clinica della Fondazione Monza e Brianza per il bambino e la sua mamma, all’interno dell’ospedale San Gerardo di Monza, dove Cecilia è in cura da quando è nata, il 18 aprile di quattro anni fa, con un cromosoma in più. «I primi sospetti di sindrome di down – spiega la mamma – sono arrivati al momento del parto, confermati dal cariotipo dieci giorni dopo. Nessun campanello d’allarme durante la gravidanza, ma è stato meglio così perché non avrebbe fatto alcuna differenza e ho vissuto una gravidanza tranquilla senza ansie».
Quando poi l’ansia e i dubbi di «non poter essere una buona madre per una bambina così speciale» sono emersi, è stato fondamentale avere al proprio fianco una equipe di professionisti, medici e infermieri, che dal 1992, nell’ambulatorio che è un punto di riferimento in Lombardia, segue 650 bambini con sindrome di Down e altri casi di malattie genetiche rare. «Ci siamo sentiti da subito protetti e mai soli – ricorda Federica –, accompagnati nella crescita di Cecilia attraverso controlli periodici per monitorare lo sviluppo e tenere sotto controllo eventuali patologie più frequenti con la Trisomia 21».
È proprio durante un “bilancio di salute” che la dottoressa Chiara Frigerio, responsabile dell’ambulatorio, nota dall’emocromo un’anemia troppo grave per essere ricondotta a un virus. L’emocromo viene ripetuto a distanza di qualche giorno, e l’esame del midollo nei laboratori del centro di ricerca sulle leucemie “Maria Letizia Verga” di Monza conferma i sospetti. «La leucemia linfoblastica è la più diffusa tra i bambini con sindrome di down – spiega la dottoressa, che si è formata alla Pediatria monzese, eccellenza nel campo delle leucemie infantili –, quella con la terapia più dura da sopportare. Ma è anche la forma a cui i bambini con sindrome di down reagiscono, inspiegabilmente, meglio degli altri».
Mentre la mamma era a casa con l’ultima nata, di 20 giorni, Cecilia aveva accanto il suo papa, che è stato con lei per tutti i 40 giorni del primo ricovero nelle stanze a colori del Centro di Ematologia pediatrica, costruito con la forza delle famiglie del Comitato “Maria Letizia Verga”, che proprio oggi festeggia i 40 anni di vita e quasi 2mila bambini guariti. Fino al 15 ottobre la vita di Cecilia è un via e vai dall’ospedale. In camera è in isolamento, ma può frequentare la stanza dei giochi quando non ci sono altri bambini, e si affida completamente alle cure di medici e infermieri.
«I bambini con sindrome di down – conferma la dottoressa Frigerio – hanno una tolleranza al dolore molto più alta degli altri. Durante i cicli di chemioterapia, Cecilia ha avuto alcune complicazioni, tra cui una mucosite, un’infiammazione della bocca molto grave con disturbi anche gastrointestinali, ma incredibilmente non ha mai perso la voglia di mangiare con gusto. È una bambina determinata e solare. È stata di grande aiuto per i suoi genitori». La conferma arriva dalla mamma: «Lei è stata la nostra forza. Non so quanti bambini avrebbero avuto la sua pazienza, ferma in un letto di ospedale, tra flebo e terapie. A lei è sempre bastato averci accanto per sentirsi felice».
Redazione Nurse Times
Fonte: Corriere della Sera
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