La storia di Tammy Lewis, infermiera texana di 34 anni, ha commosso il mondo dando speranza a molti genitori che si ritrovano a vivere momenti difficili a causa della nascita prematura del proprio figlio.
Quando Tammy nacque, pedata solo 567 grammi. Venne al mondo tre mesi e mezzo prima della scadenza ed allora, suo papà era in grado di tenere il piccolo corpicino in una sola mano.
Sconfiggendo lo spettro del tasso di sopravvivenza stimato negli anni ‘80, che si attestava tra il 5 ed il 10%, ha avuto la meglio sulla morte che i medici prevedessero potesse sopraggiungere per un caso complesso come il suo.
Con il passare dei mesi ha potuto abbandonare la terapia Intensiva neonatale e, nel corso degli anni ha studiato fino ad ottenere la laurea in infermieristica negli Stati Uniti d’America.
Ora lavora nella stessa unità operativa dove le è stata salvata la vita molti anni prima. Ha voluto raccontare la propria storia attraverso un articolo online sulla Cnn.
“Ero la bimba più piccola sopravvissuta nello stato del Texas in quel momento – racconta Lewis- sono nata a 24 settimane, la normale gestazione ne dura 40”.
La donna ha trascorso i primi 3 mesi e mezzo della sua vita nella terapia intensiva neonatale allo Scott and White Hospital, ora denominato Centro medico pediatrico McLane Baylor Scott & White. Era un neonato prematuro e aveva dei tubicini connessi che permettevano ai suoi piccoli polmoni di respirare. Anni dopo, lavora a fianco di alcuni degli stessi medici e infermieri che l’hanno salvata da bambina, come infermiera specializzata in terapia respiratoria.
Dal 2009 infatti si è specializzata come terapista di respirazione proprio presso il McLane, sede di una terapia intensiva neonatale di livello quattro, cioè il più alto livello di assistenza. Nel suo lavoro quotidiano, collega respiratori e tubi, proprio come quelli che l’hanno aiutata a sopravvivere appena nata.
Ha a sua volta partorito due figli, che oggi hanno rispettivamente 6 e 3 anni: nessuno dei due è per fortuna andato incontro alle sue stesse problematiche.
Mentre si prende cura dei suoi piccoli pazienti, porta al tempo stesso speranza alle loro famiglie, condividendo la sua storia personale di sopravvivenza e maternità con loro.
L’ospedale ha inserito l’infermiera nella sua “Hall of Hope“, una sorta di muro della speranza, dove vengono affisse le storie difficili dei bambini sopravvissuti.
“Spesso i genitori hanno notizie approssimative e si percepisce che hanno bisogno di un po ‘di luminosità e speranza- conclude la Lewis – ci sono storie di successo e io sono uno di queste”.
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