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Paolo De Lia, l’infermiere che porta l’assistenza specialistica al domicilio dei bimbi che soffrono

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Paolo De Lia, l’infermiere che porta assistenza specialistica al domicilio dei bimbi che soffrono
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Paolo De Lia è un infermiere 31enne che ha deciso di abbandonare l’attivita lavorativa in ospedale per trasferire le proprie conoscenze direttamente a domicilio dei bambini sofferenti. Riportiamo di seguito l’intervista di Silvia Valenti, pubblicata sul sito bergamopost.it.

La scelta di Paolo, l’infermiere
che assiste i bimbi a casa loro

Tra le categorie fragili, i bambini, specialmente quelli colpiti da malattia, sono i più delicati. Toccati troppo presto dalla sofferenza con cui devono fare i conti ogni giorno, hanno ancor più bisogno di un sorriso, di un abbraccio, di uno sguardo amico che allevi il momento della terapia. Lo sa bene Paolo De Lia, 31enne di Scanzorosciate, infermiere che ha deciso di lasciare l’impiego in ospedale per dedicarsi ad assistere i piccoli pazienti nel loro ambiente familiare.

La scelta di Paolo. Laureato in infermieristica, alle spalle dieci anni di esperienza in chirurgia e terapia intensiva pediatrica agli ex Ospedali Riuniti di Bergamo prima e al Papa Giovanni poi, dal 2015 ha iniziato a lavorare per Itineris, società con sede a Ponte Nossa e fondata da due infermieri, per occuparsi dei piccoli pazienti che necessitano un’assistenza specifica: «Un’estate ho trascorso le ferie a Pordenone affiancando colleghi che operano in quel distretto, un’eccellenza in Italia, dove l’assistenza domiciliare pediatrica è erogata già da anni direttamente dalla struttura ospedaliera», racconta Paolo.

Un modello che ha pensato di portare anche qui a Bergamo, per consentire una continuità assistenziale ai pazienti più fragili: «Credo che il territorio e l’ospedale debbano comunicare di più – spiega Paolo –. Con questo lavoro ho scoperto che le famiglie hanno un gran bisogno innanzitutto di essere ascoltate, non solo di supporto medico e tecnico, di costruire un rapporto di fiducia.

Infatti nei nostri report figura anche la voce “relazione di ascolto dell’infermiere”. È importantissimo, perché ci consente di comprendere i loro bisogni in maniera più estesa, di fare prevenzione e di evitare ulteriori ospedalizzazioni».

C’è dunque una forte componente psicologica nel mestiere dell’infermiere, che collabora con altri professionisti per un percorso di cura multidisciplinare, al fine di garantire il benessere del paziente: «Ogni caso è a sé e l’assistenza va costruita in base alle esigenze familiari insieme al pediatra, all’operatore socio-sanitario, al fisioterapista, allo psicologo.

Tutti specialisti che arrivano direttamente a casa, per far muovere il meno possibile il bimbo e assicurare la miglior qualità di vita». Ci vuole molta forza d’animo e la capacità di regalare sorrisi e momenti spensierati guardando negli occhi bambini che, piccolissimi, hanno già conosciuto il dolore:

«I casi più difficili sono i bambini sottoposti a cure palliative per malattie terminali – rivela Paolo –. Il mio ruolo è anche quello di supportare psicologicamente le famiglie che vivono momenti così duri, consentendo ai bimbi di stare il più possibile con i loro genitori».

L’ospedale a casa è gratuito. I bambini affetti da malattie croniche, tumori o che hanno subito interventi chirurgici, spesso sono sottoposti a trattamenti, analisi e visite mediche continue, che costringono a un via vai quotidiano tra ospedali e cliniche. Tante di queste terapie non necessariamente devono essere eseguite in strutture specifiche, impersonali, che incutono paura.

Nella maggior parte dei casi è adatta anche la propria cameretta, con i giochi preferiti e i peluche rassicuranti, che rendono un prelievo di sangue o una puntura meno spaventosi. È qui che entra in gioco il ruolo dell’infermiere pediatrico domiciliare, una figura poco conosciuta sul territorio, non solo bergamasco ma nazionale, eppure fondamentale per consentire le cure a casa.

«Mentre l’assistenza domiciliare è una realtà diffusa per gli anziani – spiega Paolo – vige il luogo comune che i bimbi possano essere assistiti correttamente solo in ospedale, in un ambiente asettico, quando invece è disponibile una rete di professionisti che operano anche a domicilio». Sono poche le famiglie che conoscono questo servizio, che si attiva gratuitamente tramite il pediatra e viene erogato dalla Regione con il Sistema Sanitario Nazionale una volta riconosciuta la situazione di fragilità attraverso una valutazione da parte sia del medico che di un assistente sociale.

«Non si rivolge solo ai malati cronici o terminali – specifica Paolo –, ma anche per tutti quei pazienti che hanno esigenze di aiuto domiciliare temporaneo, per esempio nella fase post operatoria». Il requisito fondamentale è la residenza in Lombardia, perché non tutte le regioni d’Italia offrono questo servizio.

Simone Gussoni

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