La normativa italiana sulla Donazione di Organi e Tessuti definisce i livelli di rischio accettabili/non accettabili sia per il donatore che per il ricevente, stabilendo le modalità operative di processo di valutazione del rischio
Il processo che porta alla valutazione dell’idoneità del donatore di organi è un processo multifasico e multidisciplinare.
Queste procedure sono fortemente dinamiche infatti tutte le informazioni che modifichino lo stato di rischio del donatore, o del ricevente, devono essere tempestivamente comunicate ai Centri Regionali e ai Centri Interregionali.
La valutazione si correda id esami strumentali e semeiotica su paziente.
Della visita assume particolare importanza una corretta raccolta dell’anamnesi: per poter considerare idoneo il donatore, sarà necessario eseguire esami ed indagini volti ad identificare l’eventuale esistenza di uno dei fattori di esclusione (esami infettivologici biomolecolari per le infezioni da HIV, HCV, HBV.
Se tali accertamenti risultano negativi il donatore può essere considerato a rischio standard. Se non è possibile farli, l’utilizzo del donatore deve essere valutato caso per caso in funzione delle situazioni di urgenza o di particolari condizioni dei riceventi, avvalendosi anche del parere degli esperti della second opinion.
In ogni caso, ove possibile, previo consenso informato.
Nel caso di donatore con infezione da HCV – Il trapianto da donatore positivo per gli anticorpi anti-HCV a ricevente negativo per gli anticorpi anti – HCV (rischio aumentato ma accettabile) può venire effettuato, previo consenso informato, solo in situazione di urgenza clinica comprovata.
Uno studio pubblicato su Journal of Hepatology, ha evidenziato che i pazienti con genotipo da 1 a 4 dell’epatite C sottoposti a trapianto di fegato mostrano tassi significativamente elevati di risposta virologica sostenuta dopo il trattamento con sofosbuvir/velpatasvir per 12 settimane, indipendentemente dallo stato di cirrosi.
Sofosbuvir/velpatasvir rappresentano un nuovo trattamento antivirale per curare l’infezione cronica da virus dell’epatite C in pazienti adulti.
Bloccando la replicazione del virus, l’eventuale associazione tra Ribavirina e Sofosbuvir/velpatasvir porterebbe ad eradicazione del virus.
In un ulteriore e recentissimo studi riportato di seguito, dal titolo “Heart and Lung Transplants from HCV-Infected Donors to Uninfected Recipients” si va oltre il sunto poc’anzi enunciato: solitamente cuore e polmoni di donatori con viremia positiva ad epatite C non vengono trapiantati. Dallo studio si evince che la somministrazione preventiva di Sofosbuvir/velpatasvira a pazienti riceventi candidati ad organo HCV+ , per 4 settimane, ha azione preventiva sulla positivizzazione ad invezione HCV-Correlata.
Nello studio erano stati arruolati 44 pazienti di cui 36 hanno ricevuto trapianti di polmone e 8 hanno ricevuto trapianto di cuore.
CALABRESE Michele
Fonte:
https://www.epac.it
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