Riceviamo e pubblichiamo le considerazioni del Direttivo dell’Associazione Avvocatura di Diritto Infermieristico sul Nuovo Codice Deontologico delle Professioni Infermieristiche
Non ce l’hanno fatta: quello che sembrava essere uscito dalla porta è rientrato dalla finestra.
Il precedente articolo 49 che stabiliva la sudditanza dell’infermiere rispetto al personale ausiliario (di supporto ASSS, OTA e OSS) è ritornato come un lupo travestito da pecora, tanto da essere riuscito ad ingannare tutti i sindacati, ma pare non nursing up.
Con l’art. 49 si stabiliva la necessità che l’infermiere sostituisse l’ausiliario nel caso in cui questi non fosse presente nel servizio (caso di necessità), perfettamente in linea con le aziende e le case di cura che (mica sono scemi) risparmiano le spese per le assunzioni caricando tutte le incombenze igienico-domestico-alberghiere sull’unico missionario presente in servizio (spesso anche felice di consumarsi senza limiti).
Non solo.
Alcune hanno anche vinto le cause a favore del demansionamento perché grazie a questo maledetto articolo i giudici hanno giustificato lo sfruttamento dell’infermiere – Corte di Appello Lavoro Roma, 2 dicembre 2015 n. 8132.
Da più voci associative e sindacali si sono sollevate obiezioni, senza contare che la giurisprudenza sul punto condanna, di regola cioè in tutte le altre professioni e mestieri, il datore che sfrutta il personale impegnandolo in carichi di lavoro eccessivi, ignorando gli obblighi contrattuali stabiliti dagli artt. 1218 e 1228 C.C. con riguardo alle dotazioni organiche come da leggi regionali in materia – ex plurimis: Cass. Lav., 8 giugno 2017 n. 14313; 16 settembre 2016 n. 18191.
Comunque, sappiamo molto bene che alla FNOPI non interessa molto la legge e la giurisprudenza che riguardano la materia sanitaria quando queste sono poste a tutela della dignità professionale degli infermieri perché, diversamente, non avrebbe neppure pensato di scrivere un articolo mortificante contro un diritto che la nostra costituzione ritiene essere, all’art. 2, un “sacrosanto valore della personalità del lavoratore” (Cass. Lav., 8 febbraio 2019 n. 3806), senza contare che il demansionamento costituisce il più grave illecito che il datore di lavoro possa compiere ai danni della persona perché danneggia il prestigio, la carriera e a dignità – SS.UU. Civ., 11 novembre 2008 n. 26972; 26 maggio 2004 n. 10157; 6 novembre 2000 n. 14443.
Del resto, cosa aspettarsi da chi è dirigente delle professioni sanitarie?
Pensavate veramente che i vertici della FNOPI che non rispondono certamente ai campanelli e non cambiano i pannoloni a 40 pazienti senza alcun supporto scrivessero qualcosa a favore di noi sguatteri?
No! Naturalmente hanno servito gli interessi degli imprenditori, delle cooperative, delle RSA, delle fondazioni che sfruttano gli infermieri a 5 euro l’ora e che se ora non corrono a fare gli OSS a capo chino, rischiano pure il procedimento disciplinare, come tuona l’art. 49 del nuovo codice.
Del resto vi meritate gli ordini che avete votato.
Il servizio reso alle strutture sanitarie dove i vertici degli ordini professionali lavorano, non ha prezzo perché è comunque un guinzaglio in più che si aggiunge all’indottrinamento di massa che promana fin dalla genesi universitaria e finisce alle riviste di aggiornamento professionale dove ricorre spesso il verbo “pulire”.
L’infermiere pulisce, sistema, riordina, spolvera, insomma fa l’OSS, ma nessuno ci dice allora a cosa serve questa figura prevista dalla legge e dal contratto se l’infermiere deve fare tutto.
Questa attitudine e malcostume, studiata ovviamente a tavolino, si palesa in tutta la sua forza e contraddizione anche nel nuovo codice deontologico che, dimostrando resistenze nightingaliane, ha simulato la cancellazione della regola “infermiere = oss” (costretti dalle pressioni della comunità infermieristica) e l’ha reintrodotta nuovamente ammantandola di legalismo; ma a questa Associazione non è sfuggito lo stratagemma.
All’art. 36 titolato “Operatori di supporto”, si legge: “L’infermiere … pianifica, supervisiona, verifica, per la sicurezza dell’assistito, l’attività degli operatori di supporto presenti nel processo assistenziale e a lui affidati”.
Nella locuzione appena citata vi sono molti concetti che stridono sia con la legislazione e la giurisprudenza oramai consolidata sul punto, sia con il concetto stesso delle qualifiche funzionali quale sistema ultracentenario adottato dal diritto contrattuale nazionale e internazionale.
Evidentemente la FNOPI crede di detenere un potere legislativo e giudiziario ultroneo rispetto al diritto internazionale, ma quello che sbalordisce sono i complimenti che i sindacati hanno profuso nei confronti di questo codice, proprio da quelli che dovrebbero tenere un punto fermo della legalità e della dignità dei lavoratori, anche da sindacati molti vicini all’ADI.
Si badi bene: la struttura del 36 stride anche con la definizione dell’OSS e offende anche la loro funzione, non solo quella dell’infermiere, soprattutto su quanto segue: “L’infermiere … pianifica, supervisiona, verifica, per la sicurezza dell’assistito …”.
Non è proprio così. Sicurezza dell’assistito in che senso?
La legge e la giurisprudenza della nostra Repubblica (non conosco quella della FNOPI che pare essere più un Principato che una federazione ordinistica), prevede un solo tipo di sicurezza dell’assistito in ambito sanitario e cioè la posizione di garanzia – ex infinitis: Cass. IV Pen., 11 marzo 2005 n. 9739 (“tutti sono portatori di garanzia”).
La posizione di garanzia non interessa esclusivamente l’infermiere, ma tutti coloro che, secondo la teoria del contatto sociale (Cass. III Civ., 13 ottobre 2017 n. 24071), si trovano in “contatto” diretto con i cittadini (sociale) per ragioni obbligatorie (paracontrattuali) e cioè per prestare il lavoro dedotto nel contratto tra paziente e ente.
Anche sull’OSS grava la posizione di garanzia e risponde personalmente ed esclusivamente senza coinvolgere l’infermiere di quanto attua in violazione delle regole di prudenza, perizia e diligenza nonché garanzia e affidamento (Cass. IV Pen., 10 aprile 2013 n. 529).
La regola che vede l’infermiere sempre responsabile di quanto possa accadere all’utente a seguito delle prestazioni rese dall’OSS, è da sfatare; è una legenda metropolitana creata ad hoc per ingannare gli infermieri pigri e quindi meno istruiti.
Questo falso insegnamento è sostenuto, secondo un binomio oramai accreditato all’interno delle corsie ospedaliere, dalla regola della delega, secondo la quale l’OSS lavora per delega dell’infermiere ovvero svolge attività che competono all’infermiere e quindi si pone, rispetto a questi, come assistente.
Peccato che questa fantasia (che però funziona perché la stragrande maggioranza degli infermieri se la beve tutti i giorni) si infrange contro le più elementari evidenze giuridiche, tra le quali spicca la retribuzione che, in base all’art. 36 della Costituzione, deve essere proporzionale alla quantità ed alla qualità del lavoro prestato.
La retribuzione dell’OSS è legata alla sua attività e non a quella dell’infermiere; non è pagato per delega (la delega è gratuita e non può essere onerosa).
Infatti, l’infermiere che svolge temporaneamente le mansioni superiori di coordinatore per il tempo necessario a questi perché, per esempio, goda le ferie o fruisca di altre assenze retribuite (attenzione: retribuite), non deve essere pagato.
Conseguentemente il pagamento delle mansioni superiori scatta nel momento in cui non vi è retribuzione per la copertura del posto vacante di coordinatore – Es. art. 28, C.C.N.L. Comparto Sanità 1998-2001 (vigente) – Cass. Civ., 9 aprile 2018 n. 8692.
La regola è semplice ed è specificata dall’esistenza della declaratoria delle qualifiche funzionali: la doppia retribuzione per le medesime mansioni è vietata (divieto di mansioni promiscue – Cass. Lav., 17 maggio 2000 n. 6419.
Quindi, com’è possibile che le mansioni dell’infermiere vengano svolte per delega dall’OSS?
La risposta è semplice: non è possibile!
La responsabilità penale è personale (art. 27 Cost.) e in ambito civilistico “chiunque abbia cagionato un danno ingiusto lo deve risarcire” (art. 2043 C.C.).
Non può rispondere penalmente l’infermiere per i reati commessi dall’OSS; l’OSS non è un deficiente cioè non è incapace di intendere e volere.
L’infermiere non paga il risarcimento al paziente per quanto cagionato dall’OSS perché l’OSS non è un minore o un interdetto.
Il principio del neminem laedere postula, quindi, che è l’OSS che risponderà delle proprie azioni e non certo l’infermiere.
Quanto stabilito dal nuovo codice deontologico invece va contro la legge e contro il diritto.
Si sostiene, riprendendola, la regola che si insegna nell’indottrinamento universitario alle giovani menti e cioè che tutto quello che fa l’OSS ricade sull’infermiere.
Lo scopo è del tutto evidente ovvero intimorire l’infermiere affinché faccia tutto da sé anziché utilizzare gli OSS che magari l’azienda ha assunto.
In questo modo, si permette ai sindacati di imboscare gli OSS negli uffici amministrativi (ciò spiega perché la maggioranza dei sindacati ha applaudito al codice) e conquistare facilmente tessere e voti politici e, soprattutto, di radicare nel sistema (per prassi consolidata), l’infermiere generalista come sguattero a disposizione di tutto e per tutto che, in opposizione all’infermiere specialista (che nessuno vuole, tranne l’Associazione ADI) è obbligato ad ubbidire a tutti ed a rendersi disponibile ad ogni sacrificio per natura professionale e missionaria.
La tecnica dell’indottrinamento di massa degli infermieri giunge all’apoteosi quando l’art. 36 del codice precisa: “…l’attività degli operatori di supporto presenti nel processo assistenziale e a lui affidati”.
Il D.M. 14 settembre 1994 n. 739 non stabilisce che il personale di supporto deve essere utilizzato solo se presente nel servizio o se viene affidato dall’azienda all’infermiere.
L’OSS non è uno studente, è un dipendente retribuito perché collocato, come l’infermiere, in un sistema assistenziale previsto dalla legge e dal contratto e che svolge un’attività precipuamente determinata dalla legge e dal contratto e non per delega.
Quando il candidato ad un concorso OSS partecipa alla selezione comparativa, non lo fa per delega; non viene delegato a partecipare al concorso per poter lavorare.
Queste idiozie vengono diffuse dalle amministrazioni sanitarie allo scopo di ridurre le spese per il personale e ottenere una figura unica (l’infermiere) che si occupi di tutta l’assistenza per pochi spiccioli;: la FNOPI sostiene la strategia demansionante delle aziende.
La legge non dice “se presente”, dice “se necessario”.
Infatti, il criterio della multiprofessionalità, sancito dall’Accordo Conferenza Stato-Regioni 22 febbraio 2001, non a caso precede e definisce il ruolo dell’OSS quale figura che concorre insieme alle altre al soddisfacimento dei bisogni del paziente.
Del resto è lo stesso codice a stabilire all’art. 12 che “l’infermiere si impegna a sostenere la cooperazione con i professionisti coinvolti nel percorso di cura, adottando comportamenti leali e collaborativi con i colleghi e gli altri operatori. Riconosce e valorizza il loro specifico apporto nel processo assistenziale”.
Alla luce delle suesposte contraddizioni che innervano il nuovo codice, non si comprende come possa l’infermiere supervisionare un eventuale (se c’è) operatore di supporto e nello stesso tempo valorizzarlo per il processo assistenziale.
La FNOPI avrebbe dovuto invece affermare questo: considerato che l’OSS è una figura assistenziale fondamentale per il processo di cure dell’utente e che si esige il massimo confort e qualità delle cure, l’infermiere deve pretendere la presenza dell’OSS altrimenti non potrà svolgere la propria funzione che risulterà, invece, viziata da sovraccarico di lavoro oltre che illegale e parziale.
Invece, con profonda tristezza, apprendiamo l’ennesima genuflessione della FNOPI agli interessi economici delle aziende e degli imprenditori sanitari che hanno fatto della salute il proprio business.
Del resto, tentativi di manipolare la ratio legis del DM 739, vi sono già stati.
Per esempio, non a caso, il dirigente infermieristico dell’ospedale San Filippo Neri aveva sostituito la parola “necessario” con “presenti” per convincere, modificando la legge, che gli infermieri avrebbero potuto utilizzare gli OSS solo se l’amministrazione glieli avrebbe forniti.
Intelligenti, non è vero?
Se io li assumo allora puoi usarli, sennò arrangiati.
Sarebbe troppo bello assumere gli OSS solo se mi va.
Tutte le figure funzionali devono essere presenti nei turni (D.Lgs. 26.11.1999 n. 532, art. 17, co. 2 L. 05.02.1999 n. 25, art. 11, comma 1 – “Durante il lavoro notturno il datore di lavoro assicura un livello di servizi equivalente a quello previsto per il turno diurno”), invece l’OSS, guarda caso, lo inseriscono con l’infermiere solo se gli piace; se non gli piace l’infermiere si deve arrangiare, parola di codice deontologico.
Per fortuna che il codice deontologico non è una fonte del diritto e i giudici non devono tenerne conto (dovrebbero non tenerne conto, ma se lo facessero il vizio sarebbe impugnabile), però è indubbio che il codice è una rappresentazione della nostro stato di salute professionale.
Pertanto, per quanto riguarda l’ADI, gli infermieri stanno molto male e devono curarsi!
Direttivo AADI
E voi cosa ne pensate del Nuovo Codice Deontologico delle Professioni Infermieristiche approvato il 13 aprile? Mandateci il vostro contributo a [email protected]
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