È stata presentata alla Camera per favorire la diffusione di uno strumento che può salvare tante vite.
“Poniamo le basi per salvare migliaia di vite umane ogni anno in Italia, semplificando la normativa vigente e ampliando la diffusione dei defibrillatori a tutti i luoghi ad alto affollamento, in modo da ridurre il rischio di morte da arresto cardiaco”, afferma Leda Volpi (foto), medico e deputata del Movimento 5 Stelle, a proposito della proposta di legge n. 1836, di cui è prima firmataria, presentata alla Camera dei Deputati.
Secondo i dati del ministero della Salute, infatti, in Italia le vittime di arresto cardiaco sono oltre 60.000 ogni anno e oltre l’80 percento dei decessi avviene lontano da ospedali e strutture sanitarie. L’alta incidenza di mortalità è dovuta al fatto che l’arresto cardiaco in ambiente extraospedaliero ha una percentuale di sopravvivenza molto bassa: il tempo di intervento dei soccorritori mediamente si aggira intorno a 12-15 minuti, un tempo lunghissimo considerato che ogni minuto che passa dall’inizio dell’arresto cardiaco la probabilità di restare in vita si abbassa del 10 per cento. Il tasso di sopravvivenza in caso di arresto cardiaco può crescere in misura molto rilevante se si ricorre alla defibrillazione precoce, ma sul territorio italiano sono pochi i dispositivi accessibili: al momento infatti la legge obbliga soltanto la dotazione di defibrillatore (DAE) all’interno degli impianti sportivi durante gare di tipo agonistico.
La scarsità di diffusione dei defibrillatori nelle nostre città non è l’unico motivo per cui vi si ricorre poco. L’altra motivazione, come evidenziato dalla Società Europea di Cardiologia nel documento del marzo 2018, è una normativa troppo restrittiva in Italia che ne consente l’utilizzo solo al personale sanitario e a persone che abbiano effettuato il corso di formazione in rianimazione cardio-polmonare.
Tuttavia il Parlamento Europeo con la Dichiarazione del 14 Giugno 2012 invita gli Stati membri ‘ad adottare una legislazione armonizzata in tutta l’UE, al fine di garantire l’immunità da ogni responsabilità ai soccorritori non professionisti che offrono volontariamente assistenza in caso di emergenza cardiaca’. Attualmente è così in Francia, Spagna (Catalogna), Danimarca, Germania, Olanda, Svezia, Svizzera.
Daniela Aschieri, cardiologa e ideatrice del progetto “Vita” nel 1998 insieme al Prof Alessandro Capucci, ci spiega: “I moderni dispositivi di defibrillazione semiautomatici e automatici sono utilizzabili anche da personale non formato: un defibrillatore semiautomatico è infatti in grado di determinare automaticamente, attraverso un’analisi sofisticata e accurata dell’elettrocardiogramma, la presenza di un arresto cardiaco. Solo se il defibrillatore identifica la presenza di una fibrillazione ventricolare, che è la causa principale di arresto cardiaco, si predispone per erogare la scarica elettrica, che è l’unica terapia efficace per interrompere tale aritmia potenzialmente mortale”.
Aggiunge Aschieri: “Il soccorritore occasionale che utilizza il DAE non ha in alcun modo la possibilità di erogare uno shock se il dispositivo non lo ritiene necessario e deve solo premere il tasto dello shock. I defibrillatori automatici, addirittura, necessitano solo di essere collegati al paziente e di essere accesi. Una volta accertata la presenza di una fibrillazione ventricolare il defibrillatore procede erogando automaticamente la scarica elettrica”.
E ancora: “Oltre a essere semplice da usare, guidando il soccorritore stesso con istruzioni vocali e visive, il defibrillatore non ha mai fatto registrare, per quanto noto dalla letteratura scientifica, incidenti significativi, quindi non comporta rischi né per il soccorritore né per chi viene soccorso. A Piacenza, riportando dati pubblicati in esperienze italiane, quando intervengono soccorritori occasionali la sopravvivenza raggiunge il 41,4% (Am Heart J 2016) e in ambienti sportivi cardioprotetti tale percentuale sale al 43% (Heart 2018). Altre realtà riportano percentuali di sopravvivenza analoghi con l’uso precoce dei DAE”.
Sottolinea l’onorevole Volpi: “Questa semplificazione della normativa (che i paesi anglosassoni chiamano “legge del Buon Samaritano”) non sminuisce l’importanza dei corsi di rianimazione cardiopolmonare e uso del defibrillatore”. L’educazione del cittadino rimane un obiettivo fondamentale e, ispirandoci agli ottimi risultati conseguiti da alcune città virtuose italiane, abbiamo inserito nella proposta di legge una disposizione per cui il ministero della Salute insieme al MIUR dovrà inserire nelle scuole primaria e secondaria l’insegnamento dei primi rudimenti del soccorso in emergenza e dell’uso del defibrillatore, in modo da educare e rendere più consapevoli le future generazioni.
“Inoltre – prosegue Volpi – viene favorita la diffusione sul territorio dei DAE estendendone l’obbligo di dotazione agli ambienti pubblici ad alta frequentazione (scuole, università, uffici pubblici, centri commerciali, strutture alberghiere, ristoranti, discoteche, strutture adibite allo sport, aziende con più di quindici dipendenti, scali ferroviari, marittimi e aeroportuali e sui mezzi di trasporto ferroviari, marittimi e aerei) e prevedendo opportune agevolazioni fiscali. Con questa legge vogliamo adeguarci agli altri paesi europei e favorire la cultura e la tutela della salute, nei riguardi soprattutto di una condizione temibile e frequente come l’arresto cardiaco”.
Redazione Nurse Times
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