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Omosessualità del paziente nell’anamnesi: bufera su medico dell’osp. di Alessandria

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Quanto accaduto all’ospedale di Alessandria ha scandalizzato molte persone. L’omosessualità di un paziente è stata riportata nella cartella di un paziente come se fosse una malattia e l’immagine di tale referto ha fatto in poche ore il giro del web, diventando virale.

 «Fuma circa 15 sigarette al dì, beve saltuariamente alcolici. Nega allergie. Omosessuale, compagno stabile». 

 Il paziente in questione era giunto in pronto soccorso alcuni giorni fa per emicrania: dopo la somministrazione di un antidolorifico era stato trasferito nel reparto di Malattie Infettive dello stesso nosocomio. Il paziente riferisce di avere incontrato un medico che si sarebbe rivelato da subito alquanto scortese.

Nei giorni successivi si sarebbero verificati una serie di comportamenti difficilmente comprensibili, fino al momento di ricevere la famigerata lettera di dimissioni. L’uomo contesta sui social anche il fatto che gli sia stato proposto di effettuare il test dell’HIV, convinto che rappresenti anch’esso un atto discriminatorio e che ad un paziente eterosessuale non sarebbe stato eseguito.

«Da subito, il medico che mi ha visitato si è posto in una maniera strana. Il mio compagno era in camera con me e ha chiesto a lui direttamente chi fosse. Ha risposto. Gli ha detto non proprio gentilmente di uscire dalla stanza. La prima cosa che poi ha domandato a me è stata: “Conferma che è il suo fidanzato?”. Penso che a marito e moglie nessuno chiederebbe mai questo tipo di conferma».

Piccole discriminazioni, continue, fino al consiglio di vaccinarsi contro l’epatite. «Ciò che mi ha più infastidito è stata la lettera di dimissione: alla terza riga è specificato che io sono omosessuale con compagno fisso. Cosa c’entra? Perché lo specifichi? È un dettaglio che posso decidere di tenere riservato, ma che adesso dovrò quantomeno condividere con il mio medico di base. E se lui non lo sapesse? E se io non volessi farlo sapere? Mi chiedo: ci sarà mai una anamnesi con scritto “eterossessuale con compagno stabile”?».

Ora i due partner stanno valutando la possibilità di inviare un reclamo formale all’azienda ospedaliera Santi Antonio e Biagio di Alessandria.

Anche l’avvocato Michele Potè, membro dell’associazione Avvocatura per i diritti Lgbti-Rete Lenford, si è espresso sull’accaduto:

«Quello che farei è una diffida all’ospedale dove si chiede quantomeno la rettifica del referto. Eventualmente penserei anche a una richiesta di risarcimento danni». L’avvocato sostiene che questo comportamento sia «chiaramente discriminatorio». «C’è anche una violazione della privacy perché è un dato sensibile. In generale, mi sembra un comportamento medievale. L’omosessualità non è una malattia dal 1990. Lo trovo molto stigmatizzante. Aver chiesto di sostenere il test per l’Hiv è anche peggio».

Norma De Piccoli del Cirsde, il «Centro interdisciplinare di ricerche e studi delle donne e di genere», pensa a una denuncia: «Quello che l’uomo racconta ha il sapore di una discriminazione e lo denuncerei al tribunale del malato, oltre che pubblicamente alle associazioni che si occupano di parità dei diritti. L’omosessualità non è una patologia fisica né psicologica né psichiatrica. Perché deve essere indicata?».

Simone Gussoni

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