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Il Primary Nursing nella Stroke Unit: audit sulla progettazione dell’assistenza infermieristica con schede pre-strutturate

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Il Primary Nursing nella Stroke Unit: audit sulla progettazione dell'assistenza infermieristica con schede pre-strutturate 5
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Quello che vi presentiamo di seguito è lo studio eseguito dalla Direzione delle Professioni Sanitarie (DPS) dell’ex Azienda Ospedaliera – IRCCS – e dell’attuale AUSL di Reggio Emilia che ha permesso di iniziare a descrivere, nell’ambito dell’implementazione del Primary Nursing (PN) in Stroke Unit (SU), quali siano le schede di progettazione problemi prevalentemente utilizzate dagli infermieri nella presa in carico del paziente assegnato

..di Emanuela Vezzani, Marina Iemmi, Daniela Mecugni, Sandra Coriani, Roberta Riccò, Antonio Boccia Zoboli, Giovanna Amaducci

Le due DPS hanno riconosciuto nel Primary Nunsing non semplicemente un innovativo metodo di erogazione dell’assistenza, piuttosto un profondo cambiamento culturale, altamente professionalizzante, essenziale per orientarsi alla presa in carico della persona assistita, che coinvolge gli infermieri in prima persona, sia nella relazione con il paziente/familiare che nell’applicazione della metodologia di pianificazione per obiettivi.
Nel 2014, in occasione di un incontro tra DPS e coordinatori, è stata lanciata la proposta di sperimentare laboratori di pratica professionalizzanti (White, 2010), fra questi uno dedicato al PN.

La proposta di implementare nell’anno 2015-16 il PN è stata accolta da due unità operative, rispettivamente Medicina Oncologica e Stroke Unit (SU).

La complessità dei problemi assistenziali che caratterizza gli attuali contesti sanitari richiede di implementare modelli di erogazione dell’assistenza in grado di garantire un approccio sistemico alla presa in carico della persona, una visione globale ed integrata del percorso di cura, dall’accoglienza sino alla dimissione, e, al tempo stesso, permettere all’infermiere di agire a pieno la propria professionalità ed autonomia

Il Primary Nursing (PN), implementato in molti Paesi, permette di dare pratica attuazione ad entrambi gli aspetti (Mattila, Pitkänen, Alanen et al., 2014).
Il PN è un metodo di erogazione dell’assistenza fondato sulla relazione ed orientato ai risultati, che prevede l’assegnazione, chiara ed individualizzata, ad un infermiere di riferimento (Primary Nurse), di uno o più pazienti, dall’ingresso alla dimissione. L’infermiere di riferimento, per il paziente/i, è responsabile, in modo continuativo, 24 ore su 24, delle decisioni assistenziali assunte e dei risultati raggiunti rispetto alle cure erogate. Attraverso l’applicazione e documentazione del processo di assistenza, l’infermiere di riferimento identifica e condivide con paziente e/o familiare i problemi assistenziali, negozia i risultati attesi, sceglie le attività assistenziali per l’attuazione delle quali collabora con infermieri associati e/o personale di supporto o le attua personalmente, valutando l’avanzamento verso i risultati attesi (Mattila, Pitkänen, Alanen et al., 2014; Tiedeman & Lookinland, 2004).

La progettazione dell’assistenza, a fondamento del PN, permette all’infermiere di riferimento di affrontare in modo sistematico i problemi assistenziali e di rendere evidente il processo decisionale che orienta l’agire professionale; al paziente consente di essere protagonista attivo del percorso di cura, conferendogli quel potere decisionale del quale l’infermiere di riferimento diventa garante (advocacy) (Manthey, 2008).

Il processo di assistenza è il metodo utilizzato nella pratica infermieristica per la risoluzione dei problemi di propria pertinenza. Come sottolinea Alfaro-LeFevre, si tratta di un metodo logico, sistematico e sequenziale di risoluzione dei problemi assistenziali, nato negli Stati Uniti alla fine degli anni Sessanta e riconosciuto dalla comunità professionale tutta quale metodo di eccellenza per la soluzione dei problemi propri dell’infermieristica. Dagli anni Ottanta importanti organizzazioni internazionali, (Oms, Icn, Joint Commission e United Kingdom Central Council), hanno riconosciuto il processo di assistenza come metodologia per la documentazione dell’assistenza infermieristica, sostenendo che la documentazione infermieristica basata sulla progettazione dell’assistenza garantisce un’assistenza efficace, in quanto si fonda sull’identificazione dei problemi assistenziali della persona, consente di dare evidenza allo specifico professionale infermieristico e permette di raggiungere i risultati di salute per la persona dei quali l’infermiere è responsabile, rendendo infine esplicito il processo decisionale sotteso alle scelte assistenziali compiute.

Nonostante ciò, anche la più recente letteratura internazionale riporta un basso utilizzo, nella documentazione infermieristica, del processo di assistenza (Ofi, Sowunmi 2012).
Una dettagliata revisione della letteratura mette in rilievo che gli infermieri non pianificano l’assistenza, orientandosi piuttosto a riportare complessivamente ciò che è accaduto al paziente; inoltre non danno evidenza al processo decisionale dal quale sono derivati gli interventi assistenziali attuati e non registrano gli esiti ottenuti dal paziente (Jefferies, Johnson & Griffiths 2010). Parecchi studi evidenziano che sono poche le diagnosi infermieristiche ben formulate e che i dettagli degli interventi infermieristici e degli obiettivi assistenziali sono scarsamente documentati (Paans & Müller-Staub, 2015).

In Italia, il Profilo Professionale del 1994 indica esplicitamente che l’infermiere ‘utilizza metodologie di progettazione dell’assistenza’: dopo oltre 20 anni e ripetute norme, gli infermieri italiani hanno ancora difficoltà a progettare l’assistenza. Si possono identificare tra le concause: mancanza di abilità nella registrazione dell’assistenza secondo il metodo della progettazione, carenze nei linguaggi standardizzati. Gli stessi infermieri italiani sono convinti che la progettazione dell’assistenza sia un esercizio didattico teorico, complesso e difficilmente applicabile negli attuali contesti clinici; asseriscono che il tempo impiegato per la progettazione dell’assistenza è tempo tolto all’assistenza diretta al paziente e non ne percepiscono la rilevanza professionale (Palese et al., 2006).

Autori italiani e stranieri concordano sul fatto che la diffusione, nei contesti clinici, di modelli di erogazione dell’assistenza di tipo funzionale o per piccola equipe non favoriscano l’utilizzo e la tracciabilità della progettazione dell’assistenza orientata ai problemi assistenziali della persona. In tali modelli, infatti, le attività assistenziali sono divise fra tutti gli infermieri, ciascuno ha la responsabilità sullo specifico compito attribuito e solo, di questo, possiede, comunica e documenta le relative informazioni. Manca una visione complessiva del percorso assistenziale del paziente, visione posseduta solo dal coordinatore o capo equipe (Jefferies, Johnson, Griffiths, 2010; Barrelli et al., 2006; Palese et al., 2006; Tiedeman & Lookinland, 2004).
Modelli di erogazione dell’assistenza orientati alla presa in carico della persona supportano favorevolmente la documentazione dell’assistenza in maniera coerente alle fasi della progettazione assistenziale (Jefferies, Johnson, Griffiths, 2010).

In questo articolo si descriverà in dettaglio il percorso relativo alla SU (Iemmi et al., 2017) (Tabella 1).

L’implementazione del PN è stata anticipata da una formazione mirata nel periodo Ottobre-Dicembre 2015, finalizzata alla creazione di strumenti per la presa in carico dei pazienti, attraverso l’applicazione della progettazione dell’assistenza: dalla raccolta dati, utilizzando il riferimento teorico dei Modelli Funzionali di Salute (Gordon, 1999) sino all’identificazione dei problemi assistenziali prevalenti attraverso l’uso delle Diagnosi Infermieristiche (DI) e/o dei Rischi di Complicanza/Problemi Collaborativi (RC/PC) con riferimento al modello bifocale (Carpenito, 2015), formulazione degli obiettivi e relativi indicatori di risultato, pianificazione ed attuazione degli interventi. La formazione si è conclusa con l’allestimento di uno strumento di assessment per la presa in carico della persona e l’elaborazione di schede pre-strutturate di progettazione dei problemi assistenziali riconosciuti dal gruppo come quelli specifici e prevalenti dei pazienti del contesto. Per ciascuna DI e RC/PC sono stati identificati obiettivi assistenziali, indicatori di risultato e piano di interventi – fondati su evidenze scientifiche – per la risoluzione del problema. Ciascuna scheda ha uno spazio a testo libero per la registrazione dell’avanzamento verso i risultati programmati. Alla dimissione del paziente l’infermiere di riferimento chiude ciascuna scheda, registrando il risultato assistenziale raggiunto (Figura 1).

Figura 1 – Scheda di progettazione pre-strutturata relativa alla DI Compromissione della mobilità

L’allestimento di schede di progettazione intende fare fronte alle difficoltà di progettazione dell’assistenza, dotando gli infermieri di uno strumento già pre-strutturato che li guidi e li orienti nella sequenza delle fasi della progettazione e ne agevoli la documentazione (Lee, 2005; Palese, 2006).

Il nostro percorso

Il gruppo infermieristico che ha sperimentato implementato il PN in SU, oltre alla progettazione dell’assistenza con schede pre-strutturate, ha inteso verificare, attraverso uno studio mirato:

  • quali sono, fra quelle strutturate, le schede di progettazione pre-strutturate effettivamente utilizzate
  • a quali problemi assistenziali fanno riferimento le schede più frequentemente utilizzate
  • la compilazione delle schede in relazione alla metodologia di progettazione dell’assistenza.

Sono state revisionate tutte le schede di progettazione contenute nelle cartelle infermieristiche relative al 2° semestre del 2016, al fine di raccogliere i seguenti dati: tipologia di problemi assistenziali (DI o RC/PC), identificazione di caratteristiche definenti (CD) e fattore correlato (FC), selezione dell’indicatore di risultato, pianificazione dell’attività assistenziali, presenza di dati di monitoraggio in itinere e effettuazione della valutazione finale del risultato raggiunto. I dati sono stati registrati su foglio excel ed elaborati con funzioni di statistica descrittiva (frequenza, percentuale e media).

Risultati

Nel corso della formazione d’aula sono state allestite complessivamente 32 schede di progettazione per problemi, di queste 16 relative a DI e 16 a RC/CP. Di tutte le schede di progettazione problemi elaborate nel corso della formazione d’aula, ne sono state effettivamente utilizzate 18/32 (Tabella 2).

Complessivamente sono state revisionate 218 schede di progettazione pre-strutturate contenute in 184 cartelle infermieristiche. Sul totale di 184 cartelle infermieristiche, il 13% sono cartelle di pazienti non presi in carico da un infermiere di riferimento, l’87% invece sono di pazienti presi in carico da infermiere di riferimento secondo il PN (Tabella 3).

In Tabella 4 il dettaglio del numero di schede di progettazione contenute nelle cartelle dei pazienti presi in carico da un infermiere di riferimento. Le cartelle contengono un numero di schede che va da un minimo di 0 ad un massimo di 5. Il numero medio di schede di progettazione aperte sul totale delle cartelle è pari a 1,2; se si considerano, invece, tutte le cartelle dei pazienti presi in carico da un infermiere di riferimento (n. 160), il numero medio di schede aperte è pari a 1,4 (Tabella 4).

Le 6 schede di progettazione problemi più frequentemente aperte nella presa in carico sono rispettivamente: il 73% relative alla DI Compromissione della Mobilità, il 34% relative alla DI Compromessa Comunicazione, il 24% relative alla DI Compromissione della Deglutizione, il 12% relative alla DI Rischio di caduta, l’11% relative alla DI Percezione sensoriale disturbata e il 10% relative alla DI Rischio/Compromissione dell’integrità cutanea. Relativamente a RC/PC: il 10% sono schede relative rispettivamente a Ipo/Ipertensione e Fibrinolisi, il 9% sono schede relative a Dolore/Cefalea ed il 6% sono schede relative a Emorragia Cerebrale (Tabella 5).

Relativamente alla completezza delle schede, in coerenza alla metodologia di progettazione dell’assistenza, nel 76,6% delle schede sono barrati sia CD (segni e sintomi) che FC (cause), nel 6,4% solo le CD, nel 3,2% solo i FC, nel restante 13,8% non sono barrate né le CD, né i FC (Figura 2).

Nella formulazione degli obiettivi assistenziali, gli indicatori di risultato sono stati selezionati nel 56% delle schede, mentre non sono stati selezionati nel restante 44% (Figura 2).
Sono stati pianificati gli interventi assistenziali da attuare nel 80,7% delle schede, mentre non sono stati pianificati nel rimanente 19,3% (Figura 2).
Sono state aggiornate in itinere il 61% delle schede, mentre il 16,1% non sono state aggiornate e il 22,9% sono state aggiornate da altri professionisti, nello specifico fisioterapisti e logopedisti (Figura 2).

La valutazione finale è stata effettuata sul 75,2% delle schede di progettazione, nel rimanente 24,8% non è presente valutazione finale (Figura 2).

Figura 2 – Grafici di sintesi dell’applicazione della progettazione assistenziale con uso di schede pre-strutturate

Discussione

Ad un anno dall’inizio, più dell’80% dei pazienti degenti sono assegnati ad un infermiere di riferimento: secondo quanto sostenuto da Ferrua et al. (2016) ciò fa ritenere il PN pienamente implementato in SU.
Nel corso della formazione d’aula sono state allestite 32 schede di progettazione relative ai problemi assistenziali considerati prevalenti per i pazienti del contesto. Nell’applicazione delle schede, alla presa in carico del paziente, quelle effettivamente utilizzate sono solo la metà. Un tempo più lungo di sperimentazione sarà necessario per verificare se le schede allestite siano davvero rappresentative dei problemi assistenziali prevalenti dei pazienti che afferiscono alla SU, ossia se non siano ridondanti o incomplete. Inoltre l’incremento del tempo di sperimentazione consentirà agli infermieri di meglio familiarizzare con il significato operativo del titolo diagnostico, accrescendo in tal modo la pertinenza delle schede di progettazione utilizzate a partire dai dati raccolti e/o la capacità di utilizzare titoli diagnostici, ad oggi, ancora con una bassa frequenza (es. Eminegligenza).

Le schede di progettazione più frequentemente utilizzate evidenziano che, coerentemente al fatto che la SU è un setting che tratta patologie neurologiche acute, i problemi assistenziali prevalenti dei pazienti prevedono sia schede di progettazione relative a DI che schede di progettazione relative a RC/CP. Le schede di progettazione relative a DI fanno riferimento, in parte, a problemi assistenziali riportati anche in altri studi, ma trattandosi di diversi setting assistenziali non è possibile fare confronti (Thoroddsen & Thorsteinsson, 2002; Muller Staub et al., 2006).

Nel presente studio è stata fatta la scelta di utilizzare  Dolore/Cefalea  e Iperpiressia non come titoli diagnostici (Thoroddsen & Thorsteinsson, 2002; Muller Staub et al., 2006), bensì come problemi collaborativi, in quanto, in relazione alla specificità del contesto, tali sintomi possono essere patognomonici di complicanze della patologia acuta. Allo stesso modo, le peculiarità del contesto rendono le DI Compromissione della Mobilità, della Compromissione della Comunicazione e Compromissione della Deglutizione problemi collaborativi, poiché alla progettazione e risoluzione del problema concorrono, in maniera integrata, ciascuno per il proprio ambito di competenza, infermieri, fisioterapisti e logopedisti. L’implementazione del PN in SU è stata occasione per addivenire alla costruzione, rispetto a tali titoli diagnostici, di schede di progettazione integrate tra infermieri, fisioterapisti e logopedisti.

Le schede di progettazione prevalentemente utilizzate riguardano la dimensione bio-fisiologica della persona e solo una scheda fa riferimento alla dimensione psico-emozionale (Ansia/Paura); nessuna scheda alla dimensione valoriale-spirituale e socio-culturale. Relativamente a quest’ultima, la definizione di percorsi standardizzati, a garanzia della continuità assistenziale e pianificazione della dimissione, ancorché sostenuti dalla raccolta di dati, non rendono necessaria l’identificazione di specifici titoli diagnostici. Rispetto la dimensione psico-emozionale, il solo titolo diagnostico identificato ben si addice alla specificità del contesto di SU, pur confermando quanto riportato dalla letteratura circa un prevalente orientamento all’identificazione di problemi che fanno riferimento alla dimensione bio-fisiologica (Paans et al., 2015).

Del totale delle schede di problemi revisionati, il 76,6% contengono la completa formulazione del problema in termini di segni e sintomi e causa del problema. Ciò evidenzia che nonostante l’allestimento di schede di progettazione pre-strutturate, per la compilazione delle quali era richiesta la sola scelta delle opzioni più appropriate per il paziente in carico, in coerenza con i dati dell’assessment, permane ancora una certa difficoltà nel convalidare i dati raccolti sul paziente, attraverso la selezione delle opzioni contenute nella scheda. In realtà la completa formulazione della scheda di progettazione relativa a DI o RC/PC è prerequisito per la pianificazione di appropriati interventi volti al raggiungimento di risultati.

L’identificazione dell’indicatore che permette di misurare il risultato atteso è presente nel 56% delle schede. Ciò sta ad indicare, come riportato da Palese et al. (2006), che gli infermieri, abituati alla registrazione degli interventi effettuati o di prescrizioni mediche, hanno difficoltà a formulare ipotesi circa i tempi di adattamento o di autogestione del paziente, l’evoluzione probabile della patologia e/o del trattamento: definire buoni obiettivi è la prima fase della pianificazione e per farlo occorrono capacità prognostiche o di previsione. Per gli infermieri della SU ciò è reso ancor più complesso dalla casistica dei pazienti trattati, affetti da patologie acute che hanno evoluzioni spesso imprevedibili, per le quali non è ipotizzabile l’esito del trattamento e l’efficacia del piano terapeutico, così come tempi e modi di adattamento della persona agli esiti della patologia.

La selezione, da parte dell’infermiere di riferimento, delle attività assistenziali da attuare, fra quelle pre-definite, è stata effettuata nell’80,7% delle schede. Ciò evidenzia come non tutti gli infermieri abbiano ancora interiorizzato che documentare gli interventi assistenziali effettuati è fondamentale per dimostrarne la loro necessità, che cosa ne ha sostenuto la scelta e la loro efficacia verso il raggiungimento dei risultati. Infatti, poter disporre, ancorché non in tutte le schede, di una selezione di interventi ha consentito un maggior dettaglio nella registrazione degli stessi ed una più specifica correlazione con il problema. Inoltre, nell’ambito del PN, la selezione da parte dell’infermiere di riferimento degli interventi da attuare è ciò che garantisce la continuità del piano di cura ed un’assistenza personalizzata.

Oltre l’80% delle schede di progettazione sono state aggiornate in itinere, prevalentemente dagli infermieri ma anche da altri professionisti, fisioterapisti e logopedisti, relativamente alle schede di progettazione dei problemi alla cui risoluzione concorrono insieme. Disporre di schede pre-strutturate con uno orientamento specifico all’obiettivo, nell’ambito delle quali è stato lasciato uno spazio per gli aggiornamenti, ha inteso sensibilizzare gli infermieri, a partire dagli interventi attuati, ad una maggiore attenzione all’accertamento continuo ed alla registrazione in itinere dell’evoluzione del problema aperto.

Schede di progettazione pre strutturate comprensive di obiettivo ed indicatore di risultato atteso, hanno consentito che in oltre il 70% delle schede venisse valutato il risultato ottenuto almeno alla dimissione del paziente e semplicemente nei termini di problema migliorato, invariato peggiorato. Una prima semplice modalità per cominciare a documentare la circolarità del processo assistenziale, dall’identificazione del problema sino all’attuazione degli interventi ed alla valutazione dei risultati raggiunti a conclusione del percorso assistenziale.

Conclusioni

Lo studio ha permesso di iniziare a descrivere, nell’ambito dell’implementazione del PN in SU, quali siano le schede di progettazione problemi prevalentemente utilizzate dagli infermieri nella presa in carico del paziente assegnato. Disporre di schede di progettazione pre-strutturate ha consentito di documentare in modo sistematico e sequenziale la metodologia del processo di assistenza. Ha permesso, inoltre, attraverso la documentazione dei problemi assistenziali prevalenti, degli interventi assistenziali e dei risultati dell’assistenza infermieristica, di rendere evidente il processo decisionale che orienta e supporta l’agire pratico e di identificare l’ambito di autonomia e di collaborazione con medico, fisioterapista e logopedista, dell’infermiere di SU.
Sebbene il tipo di studio non permetta una generalizzazione dei risultati ottenuti, l’implementazione della progettazione dell’assistenza attraverso schede pre-strutturate ha permesso di avviare la valutazione dell’applicabilità della metodologia nella pratica.

Un monitoraggio continuo e costante attraverso audit delle cartelle consentirà di accrescere negli infermieri la capacità di pensiero diagnostico, aumentando l’appropriatezza e la tipologia di schede utilizzate e migliorandone la compilazione, dunque la documentazione del processo di assistenza.

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