Riceviamo e pubblichiamo il comunicato del sindacato Nursing Up sulla costituzione del nuovo Governo
Roma, 4 sett. – Gli infermieri Nursing Up scrivono a tutte le parti politiche impegnate nel nuovo esecutivo affinché sappiano lavorare insieme in un clima di leale e concreta collaborazione per portare avanti e varare i provvedimenti che vedono protagonista la professione infermieristica, al centro di un importante processo di riforma ventennale che richiede ora uno scatto culturale e di visione nelle politiche sanitarie del Paese. Priorità improcrastinabile, al netto del Decreto Calabria, è lo sblocco del turnover per far respirare il Servizio Sanitario Nazionale, già carente di 76mila unità, secondo i recenti dati del Centro studi Fnopi all’indomani dell’introduzione della Quota 100.
Il personale infermieristico è in sofferenza, spesso demansionato e vessato da un contratto nazionale che non riconosce in alcun modo la sua alta qualificazione, un personale sceso di 10mila unità in 10 anni: gli infermieri erano 264.177 nel 2007 e ammontano a 253.430 nel 2017, stando alle rilevazioni dell’Ufficio di statistica – Direzione generale della digitalizzazione del sistema informativo sanitario e della statistica. Un personale, quello infermieristico, che è stato sottoposto quest’estate a uno stress test drammatico tra straordinari obbligatori, sistematiche violazioni del diritto ai riposi e aggressioni quotidiane agli operatori in servizio. Ebbene la situazione è allarmante, ci vuole un cambio di passo decisivo che sappia allungare lo sguardo.
Nursing Up chiede al nuovo Governo la proroga delle graduatorie degli idonei, la stabilizzazione dei precari e prima di tutto nuove assunzioni. Gli infermieri della Pubblica amministrazione, ridotti all’osso, stanno scontando sulla loro pelle le gravi conseguenze di una politica miope e priva di lungimiranza. Oltretutto è trascorso un anno da quando la Commissione paritetica sull’ordinamento professionale avrebbe dovuto concludere i lavori su come inquadrare il professionista sanitario del futuro, un organismo istituito presso l’Aran e rivelatosi completamente inconcludente. Se dunque l’ultimo anno è andato perduto, è arrivata l’ora di rimboccarsi le maniche e spingere sull’acceleratore per quanto riguarda le misure straordinarie per l’occupazione e, nel frattempo, integrare almeno il numero di infermieri che è andato in pensione.
Altra facilitazione alla ripartenza del sistema sarebbe quella di togliere le limitazioni sulla libera professione per gli infermieri pubblici varando quanto prima il ddl sull’attività intramoenia per le professioni non mediche, dando così la libertà al cittadino di scegliere da chi farsi curare come già avviene per i medici. Per il sindacato degli infermieri Nursing Up grande è l’emergenza nella sanità e occorrono misure coraggiose e repentine che facciano fronte quanto meno alla situazione attuale. La mancata sostituzione dei 33.500 professionisti in uscita (22mila per Quota 100 più gli 11.500 pensionamenti naturali) andrebbe a creare ulteriori vuoti nelle unità operative e si ripercuoterebbe inevitabilmente sulla qualità delle prestazioni erogate. Un danno che si sta già verificando senza che nessuno intervenga per sventare il disastro.
Dalle colonne del Sole24Ore un esperto di politiche sanitarie come Walter Ricciardi definisce il SSN “un elefante nero”, animale sfortunato e prossimo all’estinzione. Ma noi infermieri non gufiamo: la nostra mission è la relazione d’aiuto e intendiamo dare fiducia al nuovo esecutivo, in particolare al nuovo ministro della Sanità Roberto Speranza, ricordandogli che è stato avviato da lungo tempo un processo virtuoso di riforma della professione infermieristica che non può essere fermato se non vogliamo diventare fanalino di coda in Europa. Quel che è certo è che al nuovo esecutivo spetta un compito denso di sfide, per questo il sindacato degli infermieri Nursing Up, augurandogli buon lavoro, si mette a disposizione in qualità di catalizzatore delle istanze dei professionisti sanitari, per collaborare sul tema fondamentale del diritto alla Salute che unisce infermieri e cittadini in un Patto di alleanza imprescindibile.
Un Patto per la Salute necessario a confermare prioritario il libero accesso alle cure garantito dalla sanità pubblica a vantaggio di tutti i cittadini, ci preme ribadirlo, in special modo dei meno abbienti. Ma non è sufficiente promettere il cambiamento, lo sappiamo bene, bisogna altresì creare i presupposti per concretizzarlo e il sindacato Nursing Up, che rappresenta la categoria da 20 anni, invita il nuovo Governo a stringere sui provvedimenti che la riguardano, come l’approvazione dell’accordo Stato-Regioni sugli ospedali di comunità. E l’introduzione dell’infermiere di famiglia, figura fondamentale per fare fronte al costante aumento dell’età della popolazione anziana, nonché al problema delle cronicità che grava pesantemente sugli ospedali.
Basta tagli alla sanità, lo gridano a gran voce i 450mila infermieri italiani, di cui 260mila dipendenti della pubblica amministrazione. Il risultato è sotto gli occhi di tutti e la macchina sanitaria deve ripartire dopo un’estate che sarà ricordata per le chiusure di interi reparti, le operazioni programmate che slittano a settembre, le liste d’attesa che si allungano. Ma non solo, nel 2018 si sono registrati 1.200 casi di aggressioni ai danni del personale sanitario (dati Inail): i più colpiti gli operatori del Pronto Soccorso, quelli che prestano servizio in corsia e in ambulatorio. Anche nel 2019 il fenomeno riempie le cronache giornalmente e le denunce rappresentano solo la punta dell’iceberg perché la maggior parte delle vittime non denuncia e sta subentrando l’abitudine alla violenza. A nulla è valso il monitoraggio di un Osservatorio presso il Ministero della salute.
Ricordiamo che la media Ocse di 9 infermieri per mille abitanti è distante da quella italiana, che è del 5,4 per mille abitanti (Rapporto OECD Health and Glance, 2017). Se poi guardiamo la situazione Regione per Regione, vediamo approfondirsi il disagio dei pazienti nella marcata differenza tra Nord e Sud del Paese. Studi internazionali affermano che il rapporto infermiere/pazienti dovrebbe essere di 1/6, se vogliamo tenere basso il tasso di mortalità ospedaliero. É lapalissiano che per fornire un’assistenza adeguata, ci vogliono più infermieri. Senza contare che ci sono circa 25mila giovani infermieri laureati che sono a spasso. La loro formazione ha avuto un costo per il Paese e ora ce li lasciamo scappare all’estero, dove vengono valorizzati e subito assunti perché considerati tra i migliori d’Europa.
Nursing Up richiama infine l’attenzione sulla stanchezza di una categoria, la più numerosa della PA, che regge sulle sue spalle ormai da anni il peso della sanità: una categoria invecchiata dal blocco del turnover (l’età media è 50 anni), investita da nuove pesanti responsabilità giuridiche che la legge le assegna, troppo spesso soggetta al demansionamento dovuto alla carenza di personale, poco riconosciuta nonostante l’obbligo di iscriversi all’Albo professionale e ancor meno rispettata, fino ad essere mortificata da uno stipendio, tra i più bassi in Europa.
Lanciamo il nostro grido d’allarme facendo appello al nuovo Governo: gli infermieri sono pronti a fare la loro parte, come hanno sempre fatto e continuano ogni giorno a fare H24, per il bene dei pazienti e della professione, ma pretendono un cambio di marcia. Per questo chiediamo un incontro al Presidente del Consiglio, ai ministri della Salute e del Lavoro, per essere ascoltati.
Redazione NurseTimes
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