Il 13 settembre, all’ospedale di Vimercate, a due passi da Milano, una signora 84enne è deceduta per le gravi complicanze di una reazione da incompatibilità AB0 come conseguenza di uno scambio di sacche di sangue (VEDI Articolo)
“L’unico nostro desiderio adesso è che si capisca bene qual è stata la falla nelle procedure mediche in modo che nessuno più debba soffrire come noi. Nostra mamma non ce la ridarà più nessuno, purtroppo”. Sono le parole, piene di tristezza, sgomento e rabbia, dei figli di Angela.
“La sacca sbagliata è rimasta attaccata una ventina di minuti – ricorda il figlio – . Il primario ci ha informati dell’errore lo stesso pomeriggio. Dopo l’errore, la grave crisi emolitica che ha colpito la signora, ha costretto il suo ricovero nel reparto di Rianimazione e Terapia Intensiva ma, a nulla sono serviti i tentativi di cura e, 36 ore dopo l’errata trasfusione, la sig.ra Angela, è deceduta”.
“Noi sappiamo solo che nostra mamma stava bene e adesso non c’è più – continua Marco – Ma colpevolizzare un singolo infermiere non ha senso, la domanda da farsi è perché in un ospedale possono accadere cose simili”.
Viene richiesto a più voce di mettere a punto procedure e sistemi di controllo e verifica che evitino il ripetersi di questi macroscopici e assurdi errori. Non pensare solo alla punizione ma, invece, è necessario organizzare un sistema di controlli che tenga in considerazione anche questo ultimo episodio e consenta agli operatori di ridurre ulteriormente ogni possibile rischio.
In realtà il Ministero della salute, con la Raccomandazione n. 5 del Marzo 2008 voleva proprio evitare questi episodi, riducendo il rischio di danni da reazioni trasfusionali per incompatibilità del gruppo sanguigno.
Ma cosa viene riportato nel documento?
Sono riportate, appunto, le raccomandazioni per tutti i professionisti coinvolti nel processo di emotrasfusione.
In particolare, per evitare che il campione venga prelevato alla persona sbagliata o che si verifichi un’errata identificazione del campione, l’infermiere che esegue materialmente il prelievo ematico:
- deve seguire una specifica procedura aziendale, creata ad hoc dall’azienda, per la corretta identificazione del paziente;
- deve riportare in modo chiaro e completo sulle provette contenenti i campioni di sangue: reparto d’appartenenza, cognome e nome dell’assistito, data di nascita dell’utente, data del prelievo;
- apporre la propria firma sulla provetta, preferibilmente al letto del paziente.
Il medico richiedente l’emotrasfusione deve apporre la propria firma e riportare, sulla prescrizione, in modo chiaro e leggibile almeno le seguenti informazioni:
- reparto, cognome, nome e data di nascita del paziente;
- emocomponente/i richiesto/i ed eventuali trattamenti;
- diagnosi e motivazione della richiesta;
- data della richiesta.
Il modulo della richiesta che funge da prescrizione dovrà, poi, accompagnare il campione di sangue del paziente.
Il medico del centro trasfusionale e i TSLB devono seguire tutte le indicazioni previste dalla normativa vigente (Decreto Ministero della Salute 3 marzo 2003. “Caratteristiche e modalità per la donazione di sangue e di emocomponenti”) e dalle procedure aziendali; inoltre deve essere posta particolare attenzione alle seguenti indicazioni:
- al momento dell’accettazione, verificare la corrispondenza tra cognome, nome e data di nascita del paziente riportati sulla richiesta e quelli riportati sull’etichetta dei campioni di sangue;
- garantire la disponibilità dei risultati di due determinazioni del gruppo sanguigno del paziente eseguite su due campioni prelevati in tempi diversi, per tutte le richieste non urgenti e ove le condizioni cliniche del paziente lo consentano;
- verificare la corrispondenza tra richiesta e registrazioni (dati anagrafici del paziente, gruppo sanguigno, prove di compatibilità pre-trasfusionali, codici identificativi e gruppo sanguigno delle unità di emocomponenti da assegnare);
- preliminarmente alla consegna delle unità, verificare la corrispondenza tra richiesta, dati anagrafici del paziente ed unità assegnate provviste di etichette conformi alle disposizioni normative vigenti.
Una volta che le sacche arrivano in reparto, al fine di evitare che il sangue sia trasfuso alla persona sbagliata o che sia trasfuso sangue non compatibile con quello del paziente da trasfondere verificare sempre che:
- cognome e nome del paziente riportati sulla unità di emocomponente corrispondano all’identità del paziente da trasfondere, come da cartella clinica, consenso informato e richiesta;
- il gruppo sanguigno del ricevente, come riportato nella documentazione rilasciata dal centro trasfusionale, sia compatibile con il gruppo sanguigno indicato sull’etichetta dell’emocomponente da trasfondere;
- Laddove le condizioni del paziente lo consentano, è opportuno effettuare un riconoscimento attivo immediatamente prima di effettuare la trasfusione;
- porre particolare attenzione nella gestione della persona assistita in condizioni di urgenza ed emergenza.
Inoltre, ai fini della tracciabilità della trasfusione:
- l’operatore che esegue la trasfusione deve sempre registrare nella cartella clinica l’avvenuta trasfusione con l’indicazione della presenza o assenza di reazioni avverse, apponendo la propria firma;
- notificare l’avvenuta trasfusione al servizio trasfusionale, attraverso la specifica modulistica;
- segnalare al servizio trasfusionale ogni eventuale evento avverso.
Nella raccomandazione, infine, si auspica l’implementazione di sistemi di sicurezza, arrivando anche ad usare sistemi tecnologici quali sistemi “bar-code” basati sull’utilizzo di braccialetti identificativi, moduli di richiesta, provette ed etichette dotati di un codice identificativo univoco per ogni paziente o sistemi di identificazione a radio-frequenza (transponder o RFId).
Purtroppo, l’azienda in questione non ha effettuato un’azione di prevenzione del rischio proattiva ma, sicuramente, come reazione al danno implementerà un servizio tecnologico di riconoscimento degli assistiti.
Agli infermieri, consigliamo di attenersi scrupolosamente alle normative in vigore, alla raccomandazione ministeriale e alle direttive aziendali ricordandosi, però, di attivarsi per risolvere situazioni di potenziale rischio per l’utenza.
In attesa delle indagini e dell’esito processuale, possiamo solo ricordare che, l’infermiere è un professionista autonomo e intellettuale e, in quanto tale, non può esimersi dall’agire in modo maturo, sicuro, efficace ed efficiente. Le normative che regolamentano il nostro agire professionale dovrebbero essere conosciute e rispettate sia da noi che dalle aziende in cui lavoriamo.
Ad Aprile 2019, è stato approvato e emanato il nuovo Codice Deontologico degli Infermieri e, quindi, mi preme sottolineare alcuni articoli che mostrano con evidenza il nuovo ruolo a cui siamo chiamati. Un nuovo ruolo che, ormai, visto il susseguirsi di norme di interesse infermieristico, dovrebbe essere già presente in ognuno di noi.
Nel dettaglio:
- Art. 1 – L’infermiere (…) è sostenuto da (…) saperi scientifici,
- Art. 2 – L’Infermiere orienta il suo agire al bene della persona, della famiglia e della collettività.
- Art. 10 – L’Infermiere fonda il proprio operato su conoscenze validate dalla comunità scientifica e aggiorna le competenze attraverso lo studio e la ricerca, il pensiero critico, la riflessione fondata sull’esperienza e le buone pratiche, al fine di garantire la qualità e la sicurezza delle attività. (…),
- Art. 32 – L’Infermiere partecipa al governo clinico, promuove le migliori condizioni di sicurezza della persona assistita, fa propri i percorsi di prevenzione e gestione del rischio (…),
- Art. 37 – L’Infermiere, in ragione del suo elevato livello di responsabilità professionale, si attiene alle pertinenti linee guida e buone pratiche clinico assistenziali e vigila sulla loro corretta applicazione, promuovendone il continuo aggiornamento. (…),
- Art. 38 – L’Infermiere segnala al proprio Ordine le attività di cura e assistenza infermieristica inappropriate e prive di basi, di riscontri scientifici e di risultati validati.
- Art. 42 – L’Infermiere e l’Ordine Professionale si impegnano affinché l’agire del professionista sia libero da impropri condizionamenti e interessi nonché da indebite pressioni di soggetti terzi tra cui persone di riferimento, altri operatori, imprese e associazioni.
Anche solo leggendo questi articoli, senza necessità di ulteriori commenti, riusciamo a capire quale deve essere la nostra via, evitando, così, di cadere in errori che possono compromettere, oltre che la salute degli assistiti, anche la nostra sfera professionale.
Nel 2019, non è più pensabile vedere infermieri tuttofare che lavorano a cottimo, passando da un’attività ad un’altra senza freno.
A lavorare in questo modo, gli errori sono dietro l’angolo. Fermiamoci un attimo a pensare e agiamo in modo professionalmente maturo, rifiutando e denunciando carenze organizzative, demansionamento e malpractice non perché non ci sentiamo infermieri ma per difendere la cosa più importante per la nostra professione: la salute degli assistiti.
Carmelo Rinnone
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