Riceviamo e volentieri pubblichiamo il messaggio del collega Nicola De Giosa.
La cosa che più mi sta devastando è non poter abbracciare le persone alle quali voglio bene. Sento che ne ho bisogno… Ne ho bisogno perché la stanchezza è tanta, e un abbraccio in questo momento sarebbe pura energia. Mi mancano Marco e Alessandro, i miei figli. Mi manca Rosa, mia moglie. Mi mancano la mia casa, la mia famiglia, i miei amici. Mi manca la mia vita e mi manca tutto, dopo l’ennesima, lunga giornata di lavoro.
Una delle tante giornate che ormai troppo si somigliano. Una delle tante passate a respirare solo quello che quella maledetta maschera permette. Una delle tante passate con la tuta-corazza, che di corazza, poi, non ha proprio niente. Perché tutto arriva e ti travolge. Tutto arriva e non te ne accorgi. Tutto arriva e ti cambia… E quindi mi resta solo la mia mente, che da giorni è quella famosa scogliera. Mi resta la mia mente, che da settimane affronta l’uragano. La mia mente… ancora di salvezza, punto di partenza, rifugio della mia anima, consolatrice dei miei dolori. La mia vera corazza…
Ed è proprio la mia mente che mi riporta a quel famoso giorno, quando a soli 17 anni ho indossato per la prima volta la divisa. Che emozione… Mi sentivo così inadeguato e vulnerabile. Che emozione… Mi preparavo a essere un infermiere. Un lavoro come tanti, pensavo. Un lavoro… Ecosì è stato fino a quando ho lavoricchiato qua e là. Poi Milano… Grande esperienza, grande bagaglio professionale. Ho cominciato a capire che essere infermiere significa essere diversi. Significa guardare il mondo da un’altra parte.
Poi la rivoluzione, l’esplosione personale e professionale: la terapia intensiva, la rianimazione… Da più di 21 anni vivo continuamente in due mondi diversi: quello degli altri, fatto di cose comuni, normali, scontate, programmate, e quello della terapia intensiva, fatto di luci, suoni assordanti, odori forti, cose strane, persone strane, fatti e cose per niente scontate. Un mondo strano… Un mondo che sembra completamente scollegato con chi è fuori, perché tutto assume una dimensione diversa. Ciò che è nero per gli altri, per noi può essere grigio o addirittura bianco. Ciò che è centimetro per gli altri, per noi sono chilometri.
Tutto è strano. Tutto è diverso da fuori. Tutto è diverso quando si va fuori. Perché quando tolgo quella maschera, quando finisco di lavorare, quando lascio luci, suoni e odori, quando passo nell’altro mondo, tutto è meravigliosamente unico, reale, carnale… Un soffio di vento sulla faccia, un raggio di sole, la pioggia sul viso, l’odore della natura, gli abbracci, le parole, gli sguardi… Tutto è così prezioso… La vita è preziosa. Noi lo sappiamo, e ora anche voi lo sapete.
E’ bastato questo invisibile nemico a farvi scoprire questo mondo a molti sconosciuto. Un mondo che tanto ha da insegnare, che tanto ci cambia, che tanto mi ha cambiato. Un mondo, la rianimazione e il mio lavoro, che ora più che mai vi guarda. E che spera che almeno voi, quelli dell’altro mondo, ci rispettiate. Perché noi siamo stanchi, e a casa vorremmo tornare. E questa tragedia, poi, raccontare. Perché di racconti è fatta la vita. E i due mondi insieme ce la possono fare, se a casa decidete di stare.
Nicola De Giosa
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