Abbiamo intervistato i presidenti OPI di vari territori italiani per capire come è stata gestita l’emergenza Covid-19 regione per regione dal punto di vista dei professionisti infermieristici. Quei professionisti, cioè, che stanno combattendo in prima linea in questa emergenza ma che raramente vengono ascoltati dalle parti politiche.
Le interviste hanno restituito la fotografia di una Italia che reagisce nonostante tutti i limiti e i problemi. Primo fra tutti, la mancanza di dispositivi di protezione individuale. Una assenza grave che ha colpito la nazione senza esclusioni, dalla Lombardia alla Puglia. Tale mancanza è il perfetto esempio, però, dell’approccio superficiale avuto in passato su questioni che, seppur possano sembrare scontate, sono, in realtà, di estrema importanza. Si pensi, ad esempio, alla formazione: quanti erano veramente pronti (tra i veterani e gli appena laureati) a muoversi in campo ben equipaggiati?
L’intervista ai presidenti OPI
Veneto: OPI Venezia
“Quanto accaduto ha messo in luce che il territorio va potenziato a partire dai servizi domiciliari che sono fondamentali per la prevenzione e gestione delle complicanze. Penso, ad esempio, all’infermiere di famiglia e comunità che in molte regioni è ancora sulla carta,” dice Marina Bottacin, presidente dell’OPI di Venezia.
Toscana: OPI Firenze – Pistoia
L’OPI Firenze – Pistoia punta alla formazione grazie all’impegno del presidente Danilo Massai: “Sicuramente questa esperienza ci ha insegnato molto. La prima richiesta sul cambiamento da attuare riguarda le università,” ha spiegato Massai. Secondo il presidente le università “devono necessariamente rivedere i piani di studio e, soprattutto, devono creare delle zone tirocinio che siano delle vere palestre per il mestiere”.
Puglia: OPI Bari
Pronto a combattere per i diritti degli infermieri è il presidente di OPI Bari Saverio Andreula. Citando le sue parole: “Nella realtà dei fatti, le norme di sicurezza sul lavoro non sono seguite. I dispositivi non sono a norma, le procedure non sono state adottate, i lavoratori non sono stati adeguatamente formati. Questa è una situazione emergenziale, che noi abbiamo registrato ed evidenziato. Non diventa alibi per gli infermieri per non prestare assistenza. Ma, in futuro, ove saranno verificate delle conseguenze in danno degli infermieri, ovviamente, ci muoveremo in tutela dei loro interessi“.
Piemonte: OPI Torino
OPI Torino è entrato a far parte di una task force regionale per gestire l’emergenza e programmare la “fase due”. “Purtroppo, nella prima fase non eravamo rappresentati in Regione e dal punto di vista organizzativo è emersa in maniera importante la nostra mancanza: ci sono state grosse difficoltà per la nostra componente professionale,” ha detto il presidente Massimiliano Sciretti.
Lombardia: OPI Milano – Lodi – Monza – Brianza
Ha fatto molto discutere la differenza percentuale del numero di morti in Lombardia rispetto alle altre regioni, ma “i dati vanno analizzati a mente serena” secondo Pasqualino D’Aloia, presidente dell’OPI di Milano, Lodi, Monza e Brianza. “Noi siamo ancora nel pieno dell’emergenza. Secondo me, però, il sistema ha retto bene, perché se questa pandemia si fosse verificata in Basilicata, in Campania o in Puglia, non so se queste regioni avrebbero potuto avere la stessa capacità di risposta che ha avuto la Lombardia” ha detto D’Aloia.
Liguria: OPI La Spezia
“Dal primo istante due sono stati i grandi problemi che sono emersi con forza, per i quali i colleghi si sono rivolti all’OPI spezzino. Primo: la disponibilità dei DPI, che in una fase di avvio emergenza erano veramente pochi. Poi, abbiamo avuto anche richieste di “sostegno emotivo” da parte di infermieri giustamente e legittimamente spaventati da una situazione pesantissima” testimonia Francesco Falli, vicepresidente di OPI La Spezia.
Calabria: OPI Cosenza
Fausto Sposato, presidente di OPI Cosenza, ha registrato un video per rispondere alle nostre domande.
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