DISEGNO DI LEGGE ANTI VIOLENZA PER TUTELARE GLI INFERMIERI, DE PALMA (NURSING UP): «PROVVEDIMENTO ANNACQUATO CHE NON RISOLVE IL PROBLEMA, MANCANO STRATEGIA E PREVENZIONE».
IL PRESIDENTE DEL SINDACATO INFERMIERI ITALIANI: «NON BASTA ESULTARE SE POI NON CI SARANNO ORGANIZZAZIONE E REALE TUTELA PER STRONCARE SUL NASCERE QUESTI FENOMENI»
Roma, 22 maggio 2020 – «Accogliamo favorevolmente, come sindacato, l’approvazione del disegno di legge contro la violenza sugli operatori sanitari. Ma nutriamo seri dubbi sui benefici concreti che porterà. Tutto questo non ci basta. Perché da anni combattiamo per chiedere organizzazione e strategie che possano stroncare sul nascere il triste fenomeno che vede coinvolti non solo i nostri infermieri ma anche i medici, all’interno degli ospedali italiani. Il luogo di lavoro dove si combatte per la salute pubblica e che troppo spesso diventa teatro di “duelli rusticani”.
Lo sappiamo noi cosa significa assistere i colleghi quando ci chiamano terrorizzati, con i volti tumefatti, colpiti a tradimento da familiari di pazienti che perdono il controllo ».
Così esordisce Antonio De Palma, Presidente del Nursing Up, di fronte alla notizia del via libera alla camera di un Ddl che ora attende solo l’approvazione del Senato.
«Mi dispiace, sbotta il numero uno del sindacato, non vogliamo certo sembrare quelli che vanno sempre controcorrente, ma anche questa volta hanno voluto fare tutto da soli , e noi non possiamo che ribadire che gioire e gridare al miracolo lascia il tempo che trova.
«Da tempo gli infermieri subiscono violenze fisiche e anche psicologiche sul posto di lavoro. Noi come sindacato stiamo lottando da mesi e mesi per portare alla luce questa triste verità. Siamo stati i primi in Italia a promuovere una accurata indagine, di concerto con l’Oms, frutto di mesi di sondaggio con un questionario on line, presentata nel corso del “Symposium Work Place Violence in the Health Sector”, presso il senato italiano, dove è emerso il dato allarmante di cui oggi parlano tutti. Un dato frutto di una nostra indagine accurata.
«L’80% degli intervistati ha confessato di aver subìto violenza sul luogo di lavoro, un infermiere su dieci (l’11%) ha parlato di violenza fisica e il 4% ha riferito di essere stato minacciato con un’arma da fuoco. Sono i dati che emergono dall’indagine condotta dal sindacato Nursing Up con un questionario on line, a cui hanno risposto, per il 79%, donne.
«Hanno condiviso le nostre battaglie attori e personaggi dello spettacolo, che si sono messi a disposizione per sensibilizzare i cittadini, la società civile tutta e le autorità politiche, su questa terribile piaga fino a poco fa sconosciuta ai più. Chi pensava che l’ospedale fosse un posto di lavoro sicuro, dove si badava solo alla cura del paziente, ha strabuzzato gli occhi di fronte a questi numeri così preoccupanti.
«Siamo stati anche i primi a offrire garanzie assicurative per coprire i danni che i nostri colleghi subivano, in mancanza di palesi interventi da parte del datore di lavoro.
«Ma diciamo ancora una volta basta e chiediamo, pretendiamo molto di più.
Un disegno di legge, continua De Palma, che inasprisca le pene, non è sufficiente. Occorre creare un percorso organizzativo che porti alla concreta diminuzione delle aggressioni. Prima di tutto, chiarisce il Presidente del Nursing Up, le aziende ospedaliere si costituiscano da subito parte civile.
«Sono loro i responsabili della salute e dell’integrità fisica degli operatori sanitari. Dimostrino di essere dalla parte dei lavoratori!
«In secondo luogo chiediamo di istituire servizi di sorveglianza in ogni azienda, attivabili h 24 di fronte all’improvviso bisogno degli operatori sanitari ed attraverso l’uso delle moderne tecnologie, come ad esempio “i terminali di allarme salvavita”, strumenti operativi h24 che l’operatore sanitario potrebbe attivare in caso di pericolo, per l’intervento immediato del servizio di sorveglianza. Questo sistema è già realtà nella maggior parte degli ospedali americani e funziona egregiamente.
«Non saremo mai capaci di gestire in anticipo, riflette De Palma, i sentimenti dell’animo umano, in quel “tumulto interiore” che si verifica in certe situazioni, quando una madre, una moglie, una sorella, sono appena deceduti, e il medico e l’infermiere diventano il primo capro espiatorio, oppure quando si attende da ore il proprio turno in un pronto soccorso affollato, perdendo la calma e scagliandosi contro professionisti onesti, a loro volta padri e madri di famiglia».
«Per questo motivo abbiamo portato avanti battaglie, sondaggi, inchieste, campagne di sensibilizzazione su questo problema.
«E per la stessa ragione non possiamo e non vogliamo esultare come fanno gli altri di fronte ad un provvedimento che consideriamo ancora troppo laconico, lontano da ciò che serve ai nostri operatori sanitari: non saranno sufficienti osservatori nazionali che lavorano “ex post”, ce ne vuole uno in ogni azienda “ma per monitorizzare il problema e per allertare l’azienda quando serve” , agire dopo che le aggressioni si sono verificate serve a poco, così come non serve acuire le pene previste per le aggressioni al personale sanitario se non viene studiata ed attivata una seria attività di prevenzione, assieme alla creazione di un sistema organizzativo che intervenga con azioni concrete, di contrasto alle aggressioni e di intervento immediato . Abbiamo chiesto che, in attesa di tutto questo, almeno vengano riportate le postazioni di polizia in ogni ospedale.
«La loro presenza, di norma in locali attigui ai pronti soccorso, fungeva da deterrente.
«Ben venga, conclude De Palma, la celebrazione della Giornata Nazionale di Educazione e Prevenzione contro la violenza nei confronti degli operatori sanitari: ma guai a farla diventare il segnale di un solo giorno dell’anno. I pugni e i calci che la gente incivile infligge ad infermieri e medici portano dolore vero: per questo ci servono i fatti, prima di tutto, conclude De Palma, e le istituzioni devono garantirci di operare in sicurezza, se vogliamo continuare a rendere gli ospedali quello che devono essere: un luogo dove curare i malati e combattere per la vita».
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