Ieri la nostra presidente Barbara Mangiacavalli ha rilasciato un’intervista a RaiNews24. Ha esordito spiegando il ruolo dell’infermiere di oggi. Il giornalista, infatti, in apertura ha riportato che nell’immaginario collettivo permane una vecchia e convenzionale percezione dell’infermiere, come figura deputata a distribuire pastiglie, aiutare gli anziani e somministrare le flebo. Solo in parte la tragica pandemia ha restituito dignità all’immagine di una professione sempre al fianco della persona, ago della bilancia tra la vita e la morte.
La presidente ha rinnovato l’appello ai giornalisti a utilizzare correttamente il termine “infermiere” riservandolo per quei professionisti iscritti a un albo e in possesso della laurea abilitante in Infermieristica. A questo proposito il giornalista ha chiesto maggiore chiarezza sulle divise, per facilitare il lavoro dei colleghi e per aumentare il riconoscimento delle diverse figure professionali che ruotano attorno al paziente.
Sul riconoscimento economico, poi, Mangiacavalli ha esortato il Governo a mantenere le promesse o a non generare false aspettative: è il minimo gesto di rispetto nei confronti di una categoria che ha dato il massimo.
L’intervista è stata l’occasione per fare il punto sui lavori della Fnopi: si sta procedendo con il Miur e con in ministro della Salute per costruire percorsi di formazione specialistica, al fine di dotare gli infermieri dei giusti strumenti culturali per sviluppare la rete di cure territoriali, ancora tutta da costruire.
Il parere di chi scrive è che bisognerebbe procedere, di concerto con i sindacati, prima alla costruzione di strumenti contrattuali entro cui i percorsi formativi trovino applicazione e spendibilità nelle organizzazioni del lavoro. Altrimenti i colleghi continueranno a dissipare il loro capitale culturale specialistico in setting di cura diversi da quelli per cui si sono specializzati.
In conclusione, relativamente alla percezione distorta che persiste nell’immaginario collettivo, scagionerei il cittadino da ogni colpa. Il cittadino osserva. Osserva l’esecuzione di un’assistenza “a chiamata”. Osserva che l’assistenza infermieristica è ridotta a un mucchio di compiti da sbrigare senza avere né la gestione, né la visione globale del processo assistenziale. Osserva come tutti gli infermieri impieghino 1/3 del proprio tempo in attività al di fuori del proprio campo, come rivela lo studio APRI dell’Opi di Belluno. La percezione dei cittadini rispecchia la realtà di una crisi di identità professionale ancora tutta da risolvere.
Raffaele Varvara
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