Il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici dice la sua sul probabile aumento di accessi universitari.
11mila tra borse di specializzazione e quelle per la medicina generale, a fronte di 22mila potenziali candidati. Sarebbe questo il numero di accessi concordato con le Regioni ai percorsi formativi post lauream. E i rimanenti 11mila medici già laureati e abilitati? Prigionieri, a tempo indefinito, dell’imbuto formativo, il collo di bottiglia tra laurea e specializzazione. Condannati a un futuro fatto di precariato, inoccupazione, disoccupazione. Oppure a fuggire all’estero, per specializzarsi e poi cercare un posto a condizioni economiche e lavorative migliori. E alla fine di tutto, è l’Italia a saldare il conto.
Un conto salato, dal punto di vista finanziario, perché i 1.500 medici che ogni anno vanno a specializzarsi all’estero costano al Paese che li ha formati oltre 225 milioni. E salato pure dal punto di vista sociale: a fronte di migliaia di giovani laureati e poi condannati al precariato abbiamo migliaia di mancati specialisti, che non andranno a sostituire quelli che vanno in pensione. Con conseguenze negative sulla rete di assistenza ai cittadini.
“In questo scenario, già grave di per sè, abbiamo notizia che il ministero dell’Università avrebbe intenzione di aumentare a 13mila gli accessi alla facoltà di Medicina, a fronte dei 10mila dello scorso anno – segnala il presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici (FNOMCeO), Filippo Anelli (foto) –. Sarebbe, questa, una decisione che nel contesto attuale andrebbe drammaticamente a ingrandire, tra qualche anno, l’imbuto formativo, rendendo la situazione ingestibile e irrecuperabile”.
Prosegue Anelli: “Lo abbiamo detto, lo ribadiamo: è ora, invece, il momento di intervenire, per svuotare finalmente l’imbuto e formare tutti i medici già laureati – continua Anelli -. Ed è il momento di una vera riforma, che metta in parallelo gli ingressi a medicina con i percorsi formativi post lauream, cosicché a ogni laurea corrisponda una borsa. I fondi finalmente ci sono: l’attuale Governo, grazie all’impegno del ministro della Salute, Roberto Speranza, ha invertito la rotta. Ha detto basta alle politiche dei tagli e aperto la stagione degli investimenti in sanità. E in cosa investire, per garantire un futuro al nostro Servizio sanitario nazionale, se non nella formazione dei giovani professionisti?”.
E ancora: “Sembra averlo compreso anche la politica, che, rispondendo agli appelli della FNOMCeO e alle sollecitazioni dei ministri Grillo e Speranza, ha preso atto del problema dell’imbuto formativo e ha praticamente raddoppiato il numero delle borse, rispetto alle 6mila di due anni fa. Adesso è il momento di avere coraggio, di ridare speranza ai giovani e ai cittadini. È il momento di garantire un futuro ai nostri giovani medici, senza cedere alla tentazione di regalare gratificazioni tanto immediate quanto illusorie a chi vuole intraprendere un percorso, non scevro da impegni e sacrifici, e si troverà, tra qualche anno, un muro davanti. È tempo di abbattere quel muro, di far diventare l’imbuto formativo un lontano ricordo, una pagina triste della nostra storia”.
Ulteriore auspicio: “È anche e soprattutto il momento di assicurare ai cittadini un’assistenza di qualità, immettendo nel sistema un congruo numero di specialisti e di medici di medicina generale. Non possiamo farci trovare impreparati di fronte a nuove ondate dell’epidemia di Covid-19. Dobbiamo pianificare ora il futuro, a breve e lungo termine, del Servizio sanitario nazionale”.
Concludendo: “Chiediamo quindi che si dia subito il via a una riforma che faccia diventare la formazione del medico un unicum, dall’ingresso a Medicina alla specializzazione, con un periodo propedeutico negli ultimi anni delle scuole superiori. E che, sino a che non si sarà azzerato l’imbuto formativo e non si sarà garantito un rapporto uno a uno tra lauree e borse di specializzazione e per la medicina generale, non si aumenti il numero degli accessi a Medicina. Abbiamo visto i nostri giovani colleghi scendere in piazza, in questi giorni, a manifestare contro quella che è un’ingiustizia verso di loro, verso la professione, verso i diritti dei cittadini. Se non vedremo dal Governo un impegno serio e urgente in questa direzione, i giovani scenderanno nuovamente in piazza, e noi accanto a loro, per quella che non è la loro battaglia, ma la battaglia di tutti”.
Redazione Nurse Times
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