A seguito del caso provocato in Toscana dal morso di un pipistrello migratore del Caucaso, il dicastero ha diffuso le linee guida sulla malattia.
Qualche giorno fa il West Caucasian bat lyssavirus ha provocato la morte di un gatto per encefalite. Il felino, che viveva con una famiglia di Arezzo, aveva probabilmente contratto l’agente patogeno da un pipistrello migratore del Caucaso, specie animale che, secondo le ipotesi più accreditate, rappresenta un serbatoio naturale di questa famiglia, la stessa che annovera tra i suoi membri la rabbia classica.
Dai veterinari al ministero della Salute arriva l’invito a non farsi prendere dal panico e, soprattutto, a non abbandonare il proprio animale domestico per paura di un contagio. Trattandosi però di un fenomeno nuovo, il Ministero ha emanato alcune linee guida che consigliano il comportamento migliore da tenere per evitare ogni rischio.
Prima di tutto, bisogna osservare i comportamenti del proprio gatto: aggressività insolita, atteggiamenti mai riscontrati prima, miagolio e altri suoni emessi in modo anomalo o comunque alterato, aumento della salivazione, difficoltà a respirare e a deglutire, tremori generalizzati, mancata coordinazione motoria e paralisi flaccida. Tutti possibili sintomi del lyssavirus. In questi casi è opportuno evitare di toccare l’animale, chiamare subito il veterinario e seguirne le istruzioni.
Lo stesso veterinario, quando visiterà il gatto (o il cane), dovrà indossare i DPI anticontagio, con tanto di visiera e doppio strato di guanti che lo proteggano da graffi e morsi. Un qualsiasi caso sospetto deve poi essere segnalato subito al Servizio veterinario della Asl competente. Se invece l’animale è randagio e lo si sorprende con manifestazioni simili a quelle appena descritte, bisogna avvisare la Asl territoriale. È molto importante non avvicinarsi e che il gatto o il cane siano messi in isolamento.
Occhio, poi, a eventuali esemplari di chirotteri trovati morti: non avvicinarsi e chiamare il Servizio veterinario della Asl. Infine va ricordato che esiste un vaccino antirabbica umana. Questo farmaco protegge però dalla malattia provocata dal Rabies lyssavirus, ovvero la rabbia classica.
Redazione Nurse Times
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