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NurSind Perugia alla presidente della Regione: 65,1 % delle denunce da infortunio sono del settore sanità

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NurSind Perugia alla presidente della Regione:  65,1 % delle denunce da infortunio sono del settore sanità
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Lettera aperta del sindacato delle professioni infermieristiche NurSind Perugia alla presidente della Regione, Donatella Tesei, all’assessore alla salute, Luca Coletto, ai commissari delle aziende sanitarie Usl Umbria 1 e 2 e ai cittadini umbri

I dati Inail aggiornati al 30 giugno sugli infortuni denunciati per contagio da coronavirus sono sconfortanti. Essi dimostrano, con evidenza ineluttabile, quanto sia preponderante il rischio infettivo, che poi può determinare l’infortunio e la malattia fino alla morte, tra il personale sanitario piuttosto che in altre categorie di lavoratori. I numeri evidenziano che il 65,1 % delle denunce da infortunio sono del settore sanità e assistenza sociale; vale a dire che dei 1.456 casi denunciati di Covid-19, 190 sono avvenuti sul luogo di lavoro e ben 123 circa sono riferiti a personale sanitario ma di questi il 43% sono tutti infermieri.

Numeri che sembrano piccoli se il parametro di riferimento è il dato di contagio nazionale ma se restiamo in ambito regionale, salta subito agli occhi come in ciascuna regione gli infermieri sono la percentuale dei lavoratori più infortunata. Certamente è inevitabile considerare che il tipo di stretta relazione (caratteristica primaria del rapporto infermiere-paziente) incide molto sugli eventi; tuttavia ci sarebbero altri aspetti da valutare ed in particolare: età media degli infermieri molto elevata (in Umbria come in Italia), numero di pazienti medio per infermiere.

L’Inail dichiara che l’età media dei contagiati è di 47 anni per entrambi i sessi; l’età mediana (quella che ripartisce la platea – ordinata secondo l’età – in due gruppi ugualmente numerosi) è 48 anni (61 anni quella riportata dall’Istituto superiore della sanità per i contagiati nazionali). Se è vero che l’età media degli infermieri nel sistema sanitario nazionale è di 51 anni, aggiungendo a questo l’alto numero di pazienti a carico di ciascun infermiere con un rapporto di 1:11 (in Umbria ma più alto in altre regioni del sud), non ci vuole la saggezza di Salomone per comprendere che gli infermieri sono colpiti non solo per il particolare tipo di lavoro ma soprattutto per la mancanza di personale nelle realtà nelle quali prestano servizio. Ed in particolare manca personale di giovane età.

A quanto pare la giovinezza, secondo il Covid-19, non corrisponde a quanto ci propinano sull’aspettativa di vita che allontana sempre di più il lavoratore dalla pensione come se si rimanesse ‘forever young’. I fatti dimostrano il contrario e chi governa la sanità dovrebbe porsi delle domande e, con estrema urgenza, farsi un esame di coscienza. L’esame potrebbe poi arrivare presto, ma nessuno sembra ne stia tenendo conto; né la Regione Umbria né le aziende ospedaliere e sanitarie sembra vogliano rispondere alla domanda: come si affronterà una nuova emergenza? Con quali strumenti? Con quali risorse?

Vogliamo portare all’attenzione delle massime cariche regionali, dei commissari aziendali e della popolazione civile e sanitaria umbra, come l’assoluta assenza di procedure di reclutamento del personale sanitario, in particolar modo quello infermieristico ed Oss, genereranno gravissimi problemi per la salute pubblica nella regione Umbria nelle prossime settimane. Gli ‘eroi’ che nei mesi scorsi hanno stretto i denti, sacrificato se stessi e le proprie famiglie, sostenuto e salvato a costo zero (per le casse pubbliche) il sistema sanitario nazionale e regionale dall’inevitabile collasso che si stava profilando, ora, in questo periodo di tregua estiva dal coronavirus, si vedono massacrati da ore straordinarie di lavoro, riposi saltati, doppi turni e poche ferie concesse.

oE questo inevitabilmente si ripercuoterà in autunno, quando e se, malauguratamente, la pandemia dovesse di nuovo ripresentarsi; ci aspettiamo moltissimi dipendenti che vista l’età media e stremati da questi mesi di iper-produttività, stavolta non vorranno passare da eroi ma semplicemente salvare la pelle. Gli scarsissimi riconoscimenti e l’assenza di considerazione da parte delle istituzioni nazionali e regionali nel dare supporto e nel tutelare i professionisti della salute, in particolare chi sta in prima linea come gli infermieri e gli Oss, ci condurranno inevitabilmente ad un autunno caldo dal punto di vista sindacale se non verranno presi immediati provvedimenti. Non cesseremo perciò di chiedere una maggiore tutela del personale infermieristico anche con azioni di forza, non cesseremo di denunciare disfunzioni o di fare domande, di pretendere ciò che è giusto e non solo ciò che è possibile.

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