Non era lombosciatalgia, bensì aneurisma. E il paziente andava operato d’urgenza, cosa che non avvenne. Otto mesi di reclusione per i responsabili, accusati di omicidio colposo.
Andava operato d’urgenza, ma prima al pronto soccorso dell’ospedale Santa Margherita di Cortona e poi al San Donato di Arezzo, dallo specialista, non fu fatto ciò che si doveva. E’ quanto ha stabilito il giudice Aad Grignani del Tribunale di Arezzo, infliggendo otto mesi di reclusione con i benefici di legge a due medici finiti a processo per omicidio colposo in seguito alla morte di un paziente di 69 anni, di Terontola di Cortona, che nel 2013 perse la vita per un aneurisma.
L’uomo era giunto con forti dolori all’ospedale di zona, dove gli fu diagnosticata una lombosciatalgia, con tanto di prescrizione di antidolorifici. Qualche ora dopo si era presentato all’appuntamento già fissato da tempo con lo specialista, un chirurgo cardiovascolare, perché una lastra aveva evidenziato l’aneurisma. In seguito alla visita e all’ecografia fu messo in lista per l’intervento, ma la situazione era talmente grave da giustificare l’immediato ricorso alla chirurgia, senza perdere tempo, come sostenuto dalla pubblica accusa.
Quello stesso giorno, tornato a casa, l’uomo continuò ad accusare dolori lancinanti. A nulla servì l’arrivo dell’ambulanza del 118, dove avvenne il decesso. Fu così aperta un’inchiesta, dalla quale emerse che il problema non era il nervo sciatico, bensì le avvisaglie di una situazione che poi sarebbe precipitata: una dilatazione di cinque centimetri.
Il pm aveva chiesto otto mesi di reclusione per il medico del pronto soccorso del Santa Margherita di Cortona e un anno e mezzo per il chirurgo cardiovascolare del San Donato, che aveva prospettato un’operazione entro trenta giorni. Ieri la sentenza penale, che ha disposto anche la trattazione in sede civile per il risarcimento del danno.
Redazione Nurse Times
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