Il virus di Epstein Barr è una delle concause della Sclerosi Multipla, malattia neurologica che colpisce soprattutto i giovani adulti, circa 126 mila persone in Italia.
Il nuovo studio del laboratorio di Neuroimmunologia della Fondazione Santa Lucia IRCCS, sostenuto dalla FISM- Fondazione Italiana Sclerosi Multipla – e in collaborazione con l’Ospedale San Camillo e l’Ospedale Sant’Andrea di Roma, ha individuato nelle alterate risposte immunitarie che dovrebbero tenere sotto controllo
La sclerosi multipla è una malattia cronica che colpisce il sistema nervoso centrale e può causare l’interruzione dei segnali tra il cervello, il midollo spinale e i nervi ottici, portando a una vasta gamma di sintomi. Si tratta di una malattia invalidante in cui il sistema immunitario attacca in modo anomalo la guaina mielinica, lo strato isolante e di supporto che circonda le cellule nervose e causa così un aumento dell’infiammazione e, di conseguenza, un danno.
Vi sono diverse forme di sclerosi multipla e la progressione e la comparsa di recidive possono non essere prevedibili. Le forme più diffuse sono quella a ricadute e remissioni e quella primariamente progressiva, rispettivamente nell’85 e nel 15 per cento dei casi. L’attività della malattia e il danno al sistema nervoso possono continuare a evolvere in alcune persone anche in assenza di segni e sintomi evidenti.
Il virus Epstein Barr è un patogeno in grado di infettare la specie umana e di stabilire con essa un rapporto di “equilibrio immunologico”, nella maggior parte dei soggetti innocuo e asintomatico, mentre in alcune persone è all’origine di malattie come la mononucleosi infettiva o ad una maggiore propensione allo sviluppo di alcuni tumori.
Lo studio della Fondazione Santa Lucia IRCCS, con il prezioso supporto del neurologo Dott. Claudio Gasperini, dell’Ospedale San Camillo, e del neurologo Prof. Marco Salvetti, dell’Ospedale Sant’Andrea, ha scoperto che nella SM, la popolazione di globuli bianchi deputati al controllo dell’infezione del virus di Epstein Barr, i linfociti T citotossici, non è in grado di sorvegliare efficacemente le cellule infettate, che quindi sfuggono alla rete immunologica che le contiene e si accumulano nel cervello, dove determinano infiammazione.
Grazie ad avanzate tecniche di citofluorimetria multiparametrica, che permette di effettuare misurazioni complesse sulle cellule del sistema immunitario, è stato visto che nei pazienti con sclerosi multipla i linfociti T citotossici specifici per il virus di Epstein Barr (ma non quelli specifici per un altro virus endemico e non coinvolto nella patogenesi della malattia, il citomegalovirus) mostrano chiari segni di “invecchiamento” e di “esaurimento”.
Lo studio è stato, infine, esteso anche ad una coorte di pazienti in terapia con glatiramer acetato, un farmaco di prima linea in uso per la sclerosi multipla che ha un effetto immunomodulante. In questi pazienti, nessuno dei quali ha avuto ricadute cliniche durante il periodo di osservazione e di trattamento, la percentuale di linfociti citotossici specifici per il virus, e con caratteristiche di esaurimento funzionale e di senescenza, è paragonabile a quella presente nei soggetti sani, e questo suggerisce che il farmaco agisca anche ristabilendo un’efficace ed adeguata risposta antivirale.
“Molti trattamenti per la sclerosi multipla, come per altre malattie autoimmuni, hanno un effetto immunosoppressivo, cioè riducono la vivacità delle risposte immunitarie, e possono quindi avere come effetto collaterale una maggiore suscettibilità alle infezioni” ha commentato la Dott.ssa Daniela Angelini, biologa e dottoressa in neuroscienze del Laboratorio di Neuroimmunologia della Fondazione Santa Lucia IRCCS e responsabile dello studio “Durante l’emergenza Covid-19 molti pazienti e i loro medici sono preoccupati che il decorso di un eventuale contagio possa essere aggravato dall’assunzione di farmaci immunosoppressori. Questo studio, oltre a fornire un quadro dettagliato della risposta antivirale nel corso della sclerosi multipla, suggerisce che l’uso del glatiramer acetato è sicuro anche per i pazienti con infezioni virali.”
Fonti: ordinemediciroma.it; fondazioneveronesi.it
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