Carenza di infermieri, serve una soluzione prima della seconda ondata Covid-19
ROMA, 15 SETTEMBRE – “Va fermata subito l’emorragia di infermieri in Rsa e strutture per anziani e persone con disabilità. Altrimenti queste rischiano di trovarsi con troppo pochi infermieri proprio nel momento più delicato per la prevenzione e la protezione dal Covid-19”.
Alla vigilia dell’autunno e del’inverno che saranno ardui banchi di prova nella lotta al nuovo Coronavirus, alza la voce e lancia l’allarme, attraverso il suo presidente Franco Massi, Uneba, associazione di categoria del settore sociosanitario con un migliaio di enti associati in tutta Italia, quasi tutti non profit di radici cristiane.
LA COPERTA E’ CORTA: PRENDO INFERMIERI DI COMUNITA’, TOLGO INFERMIERI ALLE RSA – Come testimoniano, tra gli altri, enti Uneba di tutta Italia, tantissime e tantissimi infatti sono le infermiere e gli infermieri che, da quando è iniziata la pandemia, si sono dimessi dalle strutture sociosanitarie, a volte anche senza preavviso, per rispondere alle campagne di assunzioni avviate dalle aziende sanitarie pubbliche. Aggravando una carenza di infermieri preeesistente. E il fenomeno non si fermerà, vista l’introduzione di una nuova figura nella sanità pubblica: l’infermiere di comunità.
Se l’infermiere di comunità è un passo significativo di maggior tutela per parte della popolazione, la carenza di infermieri in Italia fa sì che l’aumento degli infermieri di comunità potrebbe portare ad un calo degli infermieri in rsa e affini.
“Ma non ha senso rafforzare il servizio domiciliare indebolendo le strutture residenziali! – nota Massi- Entrambe le modalità sono necessarie. Entrambe sono appieno parte del Sistema Sanitario Nazionale.
O forse un anziano in casa di riposo e una persona con disabilità grave accolta in comunità alloggio, sono meno importanti di anziani e disabili seguiti dai servizi domiciliari? Una coperta corta non copre nessuno.
L’ESEMPIO DELLA LIGURIA
Una soluzione possibile è quella di Alisa, l’azienda sanitaria della Regione Liguria, che esclude dalle nuove assegnazioni di incarichi professionali infermieri e infermiere che ‘si trovino in costanza di lavoro subordinato con strutture sanitarie e sociosanitarie private accreditate’”.
In molte regioni, oltretutto, alla carenza di infermieri si somma quella di operatrici sociosanitarie e operatori sociosanitari.
ASCOLTATECI, NON TRASCURATE IL SOCIOSANITARIO
Già la scorsa primavera, nella prima ondata della pandemia, abbiamo alzato la voce più e più volte per chiedere che anche alle strutture sociosanitarie arrivassero i dispositivi di protezione individuale e un maggior numero di tamponi per ospiti e personale. E abbiamo già visto, dolorosamente, gli esiti del trascurare il settore sociosanitario. Speriamo, questa volta, di avere ascolto in tempi più rapidi. Non ci piace affatto fare le Cassandre.
AMARA ALTERNATIVA: AUMENTO DELLE RETTE
“Sento già le obiezioni: le infermiere e gli infermieri passano alla sanità pubblica perché lì guadagnano di più. Non lo nascondo, e non biasimo chi fa questa scelta. Ma visto che da Stato e Regioni il settore sociosanitario riceve molte meno risorse che la sanità pubblica, e che come non profit abbiamo il dovere etico ed economico della sostenibilità dei bilanci, gli aumenti del costo del lavoro finirebbero per ricadere sulle rette richieste alle famiglie. E’ questo che vogliamo, particolarmente in questo difficile momento economico, e che nei mesi prossimi non migliorerà?”
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Redazione Nurse Times
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