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La dott.ssa Piccioli presenta la tesi “La formazione dell’infermiere in Italia e in Inghilterra”

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La dott.ssa Piccioli presenta la tesi “La formazione dell’infermiere in Italia e in Inghilterra”
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NurseTimes è l’UNICA Testata Giornalistica Sanitaria Italiana (Reg. Trib. Bari n. 4 del 31/03/2015) gestita da Infermieri, diventata in pochi anni il punto di riferimento per tutte le professioni sanitarie.

Sono tantissime le tesi di laurea che arricchiscono il nostro progetto editoriale denominato NeXT che permette ai neolaureati in medicina, infermieristica e a tutti i professionisti della sanità di poter pubblicare la loro tesi di laurea sul nostro portale ([email protected])

La dott.ssa Marta Piccioli, laureatasi presso l’Università degli Studi di Perugia, presenta una tesi molto interessante dal titolo “La formazione dell’infermiere in Italia e in Inghilterra”

La dott.ssa Piccioli ci confida il suo obiettivo “I miei sogni per il futuro? Diventare una brava infermiera, capace di ascoltare i pazienti, assisterli nel modo migliore, capire le loro necessità e avere sempre più conoscenze che mi rendano capace di agire nel modo più veloce ed appropriato nelle emergenze”.

La scelta della formazione

Questo lavoro nasce dalla volontà di cercare di dare una risposta a una domanda: «perché gli infermieri italiani neolaureati sono particolarmente apprezzati all’estero, e in particolare in Inghilterra?»

Trattandosi di infermieri neolaureati, l’ipotesi è che la risposta non possa che riguardare la formazione degli studenti italiani. Per questa ragione ho cercato di analizzare le specificità del percorso universitario di formazione degli studenti italiani di infermieristica, in particolare attraverso il confronto con quello anglosassone.

L’utilità del confronto è anche quella di far emergere non solo gli aspetti in cui la formazione italiana eccelle, ma anche quelli in cui può migliorare.

C’è però anche un’altra ragione per cui ho scelto l’argomento della formazione, ed è perché ritengo importante far riflettere gli infermieri, i medici e quanti altri partecipano alla formazione degli studenti italiani di infermieristica, dell’importanza del loro ruolo all’interno di questo percorso, fondamentale per abilitare figure professionali preparate, competenti e motivate.

Anche per questo ho cercato di mettere in evidenza quelli che sono i bisogni formativi degli studenti chiamati in futuro a esercitare la professione infermieristica, e a immaginare l’evoluzione della stessa formazione.

Il confronto tra i due percorsi di formazione è stato svolto a livelli diversi. Prima analizzando le specificità dei due sistemi sanitari nazionali e il ruolo che in essi ricopre l’infermiere. Poi confrontando i programmi formativi dell’Università di Perugia e King’s College University (Londra).

Infine, somministrando agli studenti delle due Università un questionario con l’obiettivo di far emergere la loro opinione riguardo alcuni aspetti fondamentali della struttura e dell’organizzazione del proprio corso di laurea.

A tal fine il questionario ha preso in esame le diverse figure professionali coinvolte nella formazione (il docente, il coordinatore dell’insegnamento tecnico-pratico e di tirocinio, il tutor, la “figura guida” del tirocinio ecc.), il sistema formativo nella sua declinazione teorica e pratica, le modalità di svolgimento delle lezioni e il livello di comprensione dello studente.

Nell’ipotesi di partenza il confronto tra i due sistemi avrebbe dovuto prevedere un ulteriore livello di approfondimento attraverso un periodo di osservazione svolto presso l’Ospedale di Lewisham, associato della King’s College University, dove un nostro collega, in qualifica di “resuscitation officier”, si è reso disponibile a contattare i suoi superiori e concedermi la possibilità di acquisire ulteriori informazioni direttamente sul campo facendomi entrare nella routine ospedaliera del King’s College University e del Lewisham Hospital come ospite in visita.

Purtroppo l’esplosione della pandemia ha impedito l’organizzazione di questa internship. In assenza di alternative, durante il periodo di confinamento dovuto all’emergenza sanitaria da Sars CoV2 (CoViD-19), il sondaggio online si è dimostrato comunque un’utile strumento per la raccolta dei dati.

Per compensare l’impossibilità di effettuare un periodo di osservazione all’estero, è stata effettuata un’intervista al referente a Londra di cui sopra, Luigi Andreoli, infermiere laureato presso la sede di Terni dell’Università di infermieristica di Perugia, trasferitosi a Londra da molti anni.

Grazie alla sua esperienza, iniziata in Italia con gli studi e le prime esperienze lavorative e proseguita poi a Londra con il lavoro negli ospedali, è stato possibile rilevare alcune importanti differenze tra i due Paesi. Differenze relative ai percorsi di formazione, alle condizioni lavorative degli studenti neolaureati, ai sistemi di reclutamento degli ospedali, alle prospettive di crescita professionale. In particolare il confronto con l’intervistato ha consentito di fornire un’interessante chiave di lettura dei risultati ottenuti attraverso il sondaggio.

L’infermiere nel sistema sanitario anglosassone

Stipendi e affitti

Per iniziare, di seguito la tabella di riferimento degli stipendi medi di un infermiere in Inghilterra, correlati ai livelli e agli anni di esperienza.

Un “Technician“ (un tecnico radiologo, ad esempio) od un HCA (Health Care Assistant) sono inquadrati generalmente nel band 3, mentre la nuova figura del “Nursing Associate”, paragonabile al nostro “Oss specializzato” (con formazione complementare) rientra nel band 4.

Un infermiere neoassunto sarà inserito nel band 5; l’infermiere senior o specialist potrà essere un band 6 o 7, un matron (figura assimilabile ad un Coordinatore infermieristico dipartimentale) sarà un band 8, mentre un Dirigente infermieristico del Trust potrà essere un band 9, il livello massimo.

Le differenze non sono evidenti, però, spezzando una lancia in favore del Paese della Regina, nel sistema anglosassone il lavoro di sabato prevede un bonus del 30%, quello di domenica del 60% e le notti hanno altre maggiorazioni.

A ciò vanno aggiunti gli straordinari, che vengono pagati con un sistema completamente diverso e non sono in busta paga. I Bank inoltre sono dei turni che si possono prendere a scelta, in qualsiasi reparto che necessita di personale, e il rate solitamente è decisamente alto: dai 19 alle 26 sterline ora.

Ad esempio, facendo turni da 12 ore (ebbene si, in Inghilterra funziona così) si possono guadagnare dalle 200 alle 300 sterline.

Tutto dipende dall’ospedale scelto (i Rate sono variabili). Inoltre in Inghilterra è possibile avanzare di Band, aumentando il proprio salario in modo considerevole. Infatti l’infermiere in Inghilterra se vuole ha la possibilità di far carriera, fino ad arrivare ad essere manager ed acquisire delle responsabilità molto elevate che garantiscono degli stipendi altrettanto elevati.

Ovviamente bisogna studiare e fare un colloquio per un lavoro specialistico/manageriale (sotto questo profilo l’Italia è ancora molto indietro).

Infine, per chi vuole andare a Londra, ma avesse timore dell’alto costo degli affitti e della vita in generale, non va dimenticato l’ «hight cost area supplement», una maggiorazione di quasi 500£ (per un band 5), destinato proprio a compensare ulteriori spese. Per chi lavora nell’Inner London, ovvero i quartieri centrali e semiperiferici, l’NHS offre una maggiorazione del 20% sul salario, che scende al 15% per chi è impiegato in ospedali nella fascia dell’Outer London, ovvero nei sobborghi.

Carriera

Il processo di selezione, ovvero il “recruitment”, degli infermieri ruota infatti intorno al rituale dell’“interview”. A presiederlo, in genere, dirigenti infermieristici (“matron o “line manager”) dell’ospedale che ha pubblicato l’offerta di lavoro.

A questo punto ci sarà un’analisi del curriculum, talvolta qualche semplice quiz scritto, in genere per saggiare il grado di competenza in materia di dosaggio dei farmaci, domande vertenti sulle esperienze di lavoro pregresse, ma anche sulla vita privata e sui propri interessi personali; per concludere, qualche domanda finalizzata a verificare la capacità dell’infermiere di fronteggiare situazioni di “ordinaria emergenza”, come la caduta di un paziente in reparto o un’aggressione verbale da parte di un visitatore. Pochi minuti di attesa, nel peggiore dei casi uno – due giorni, quindi la fatidica risposta.

In Inghilterra esistono delle agenzie che lavorano per conto di ospedali e offrono un servizio gratuito di supporto nell’iter di candidatura degli infermieri, oltre ai contatti con le aziende in cerca di personale. Spesso nei contratti sono previsti dei “benefit”, come il pagamento del volo e una sistemazione gratuita per i primi mesi.

A volte le Agenzie collaborano con la rete Eures, organizzando ricerche di personale insieme ai referenti della rete: queste iniziative sono interessanti perché permettono ai candidati di partecipare alle selezioni in Italia. Spesso queste selezioni sono precedute da un incontro di illustrazione ed informazioni sulla situazione lavorativa proposta da parte dell’agenzia e con la partecipazione della struttura sanitaria di destinazione.

I corsi di aggiornamento sono a carico del NHS o delle aziende private senza spese aggiuntive a carico dell’infermiere.

Di infermieri ce ne sono di tutti i tipi, ognuno specializzato su un argomento. Di seguito una lista di esempi:
  1. IV NURSE (simili a quelli che noi chiamiamo picc team)
  2. DIABETIC NURSE (sono le infermiere specializzate sul diabete)
  3. TISSUE VIABILITY NURSE (specializzate sulle medicazioni complesse)
  4. PAIN TEAM (infermiere che si occupano del trattamento del dolore acuto e cronico)
  5. MC MILLAN NURSE (specializzate sulle cure palliative e l’end of Life)
  6. SISTER o CHARGE NURSE (un infermiere senior con ruolo di coordinamento)
  7. WARD MANAGER (Il nostro coordinatore infermieristico)
  8. NURSE PRACTITIONER (specializzato nella fase iniziale diagnostica e di trattamento)
  9. MATRON (il capo di un’intera area clinica)
  10. ACUTE INTERVENTION TEAM (un team che si occupa di pazienti instabili nei reparti)
  11. ETC.

Tutte queste figure hanno dei band più elevati, significa più soldi e più importanza. Un CHIEF EXECUTIVE, ad esempio, è un band 9 e guadagna dalle 79.000 alle 100.000 sterline all’anno.

CONSIGLI AI NEOLAUREATI PER ACCEDERE AL NHS DALL’ITALIA

Per accedere alla possibilità lavorativa in Inghilterra è necessaria l’iscrizione al sito del NMC (Nursing and Midwife Council), comprendendo l’attestato del diploma triennale di infermiere, un curriculum dettagliato, iscrizione all’albo nel Paese d’origine, passaporto regolare, certificato di nascita e di matrimonio (eventuale), certificato del casellario giudiziario e conoscenza di base della lingua inglese (B2 certificato).

Solo di recente, la Gran Bretagna ha introdotto tra i requisiti per l’iscrizione al registro infermieri, ovvero l’NMC, il requisito del superamento del test Ielts1 negli ultimi due anni, oppure lo svolgimento di un corso con almeno il 75% di interazione clinica in inglese, oppure l’aver lavorato per due anni in un paese anglofono che prevede la valutazione linguistica per la registrazione all’ordine.

Il candidato che non può dimostrare la propria competenza, deve superare il test IELTS, con un punteggio minimo di 7.0 in ciascuna delle quattro aree di esame: lettura, scrittura, ascolto e conversazione.

Il Consiglio ha inoltre deciso che gli infermieri iscritti all’NMC, che subiscono una segnalazione per la mancata conoscenza della lingua inglese, potrebbero, in futuro, essere soggetti a verifica di idoneità.

TERAPIA

Vige in Inghilterra il sistema dei Patient Group Directions (letteralmente: direttive per gruppi di pazienti), che abilita professionisti sanitari appositamente formati (non solo gli infermieri, ma anche i fisioterapisti, gli assistenti sanitari, i paramedici, le ostetriche, fino ai logopedisti) alla prescrizione e alla somministrazione di farmaci per procedure assistenziali routinarie in assenza di una prescrizione medica individualizzata, sulla base di protocolli.

I PGDs sono redatti e validati da commissioni di medici, farmacisti e rappresentanti della categoria di professionisti sanitari maggiormente coinvolta nella somministrazione di uno specifico farmaco (ad esempio gli infermieri) nell’ambito del Trust (che può comprendere più di un ospedale) e periodicamente aggiornati sulla base di linee guida ed evidenze scientifiche, in genere ogni 3 anni.

I PGDs sono documenti generalmente brevi, di poche pagine, redatti da un comitato interno al Trust sulla base delle direttive del NICE, acronimo per National Institute for Health and Care Excellence.

Ogni Patient Group Directive si riferisce alla somministrazione di uno o più farmaci per una singola procedura standard, per cui il professionista non riceverà alcuna tutela giuridica in caso di somministrazione di farmaci diversi o per procedure diverse da quella espressamente indicata.

Nel PGD i farmaci “out of label”, ovvero somministrati per patologie differenti da quelle indicate dalla casa produttrice, non sono mai inclusi.

Formazione prescrizione farmaci

Esistono in tutto tre categorie di infermieri che possono prescrivere farmaci e si distinguono in base alla loro modalità di lavoro:

  • “Indipendent prescribers”, ovvero infermieri che possono prescrivere in completa autonomia, ma sempre all’interno della loro area di competenza, qualsiasi medicina presente nel Formulario;
  • “Supplementary prescribers”, infermieri abilitati a prescrivere qualsiasi medicina ma stavolta all’interno del piano clinico specifico del paziente accordato con il medico;
  • “Community practitioner nurse prescribers”, infermieri che fanno parte del primo gruppo che però agiscono sempre in completa autonomia attingendo ad un Formulario ristretto.

I requisiti per poter usufruire del Formulario completo sono l’esperienza lavorativa di almeno tre anni dopo la qualifica e l’aver lavorato per almeno un anno nel campo di competenza nel quale ci si vuole specializzare. Il corso, chiamato in gergo “V300”, comprende 26 giorni di studio e 12 giorni di pratica, distribuiti in circa 6 mesi. Per coloro invece che vogliono ottenere la qualifica di “Community practitioners”, il corso prende il nome di “V150” o di “V100”, a seconda delle giornate dedicate allo studio (10 giorni di studio e 10 giorni di pratica per il V150, 4 giorni di studio ed un esame per il V100).

A partire dall’Aprile del 2012, con la modifica della regolamentazione “Misuse of Drugs Regulations”, si è quindi stabilito che ostetriche e infermieri, riconosciuti come “Indipendent prescribers”, possono prescrivere tutte le medicine, quando questo è clinicamente appropriato e all’interno della loro area di competenza, ad eccezione della cocaina, diamorfina e dipipanone nei casi di cura dalla dipendenza.

ORARIO LAVORATIVO

Di solito in Inghilterra l’infermiere svolge un orario di 12 ore per 3-4 giorni a settimana, con turni tipo 8-20 e 20-8 per la notte. L’orario settimanale di base è di 37,5 ore. L’orario è per un verso faticoso a parere degli infermieri, che comunque apprezzano poi i giorni di libertà tra un turno e l’altro.

CONFRONTO: L’INFERMIERE IN ITALIA E IN INGHILTERRA

Difficile argomento da trattare, il SSN e il NHS cambiano a seconda delle regioni in cui si prestano i servizi.

I Nurse della regina conoscono perfettamente regole e leggi, procedure e policy e fanno corsi praticamente su tutto. Difficilmente però troveremo un neo-infermiere inglese inserire una cannula, un catetere o fare un prelievo venoso.

Accade così che un HCA (corrispondente alla figura italiana dell’OSS) con numerosi anni di esperienza sia esperto nell’inserzione di cateteri venosi periferici e in prelievi, e che un infermiere neolaureato non sappia da dove iniziare.

Ricordiamo ovviamente che il sistema di formazione è anche profondamente differente, poiché in Inghilterra la formazione preferisce puntare sul lavoro di squadra piuttosto che sovraccaricare un novizio professionista con nozioni e responsabilità che può benissimo apprendere nel percorso della sua carriera infermieristica. Esistono figure apposite per questo.

Il loro lavoro è più incentrato al coordinamento dei trattamenti per il proprio paziente e alla somministrazione di farmaci.

Gli infermieri italiani d’altro canto hanno più abilità tecniche e professionali, sono dei veri e propri infermieri da campo, abili a stare in qualsiasi tipo di realtà assistenziale. Una sorta di “jolly” che, secondo molti, gli ospedali inglesi conoscono e apprezzano.

Le cartelle infermieristiche italiane, comparate a quelle inglesi, sono solo delle proforme ancora prive di pieno riconoscimento.

Le medical notes sono piuttosto simili alla nostra cartella clinica, come concetto generale: i medici registrano ogni giorno la visita al paziente e i risultati degli esami di laboratorio e di immagini e impostano il piano terapeutico.

Le medical notes differiscono dalle cartelle infermieristiche in tre aspetti sostanziali.

Il primo è che non solo i medici possono scriverci, ma anche i fisioterapisti, i terapisti occupazionali, gli infermieri specialisti e in casi particolari gli infermieri semplici. Il secondo è che si scrive molto di più che in Italia: i medici documentano qualsiasi cosa, dallo stato d’animo del paziente alle conversazioni con i familiari ovviamente, solo le cose pertinenti. In ultimo, il registro è mediamente meno formale; è lecito e anzi è consigliato usare elenchi puntati, disegni, diagrammi.

La Drug Chart è un blocchetto di sei pagine specifico per un paziente su cui i medici prescrivono i farmaci e gli infermieri firmano quando li somministrano.

I farmacisti clinici controllano le drug charts di tanto in tanto e le approvano firmandole, oppure lasciano un consiglio (es. “monitorare elettroliti” o “con i pasti”) o ancora possono andare dal medico che ha prescritto e fare notare un errore o esprimere un dubbio. I farmacisti sono gli unici che possono scrivere in verde o in viola, tutti gli altri rigorosamente in nero.

Un appunto: i nomi commerciali in pratica non esistono, possono essere usati solo se non esistono gli equivalenti, oppure per una combinazione di farmaci specifica.

Alla drug chart vera e propria è generalmente associata la cartella infermieristica, che contiene, come in Italia:

  • rilevamenti dei parametri vitali;
  • monitoraggio cibo e alvo;
  • Fluid chart con ingresso e uscita e bilancio dei liquidi quotidiano;
  • Weight chart;
  • monitoraggio glicemia;

Se dovessimo invece parlare della carriera degli infermieri italiani, possiamo affermare che è veramente minima. Tranne che in funzioni di coordinamento, non esistono percorsi specialistici all’interno dell’azienda che permettano un salto di livello senza partecipare a dei concorsi. In Inghilterra invece, i corsi di specializzazione sono proposti dal “ward manager” sia nel privato sia nel pubblico e questo permette agli infermieri di salire di livello dopo ogni specializzazione. Inoltre, il passaggio di livello, come anche l’assunzione, può essere fatto semplicemente con un colloquio con il responsabile delle assunzioni nel reparto prescelto.

Per estrapolare il guadagno lordo mensile, le cifre indicate devono essere poi necessariamente divise per 12, non esistendo, in Gran Bretagna, gli istituti della tredicesima e quattordicesima. Ecco, allora, che per il giovane neolaureato di prima la busta paga mensile si aggirerà sulle 2.200 sterline lorde, da cui andranno detratti i contributi delle pensioni e le imposte, pari a circa 600-700 sterline. Sull’altro piatto della bilancia, in Italia si ha diritto alla tredicesima mensilità e al TFR, cosa che in Inghilterra non sono concepibili.

Per incrementare la forza lavoro infermieristica di cui il mondo ha bisogno, l’OMS e i suoi partner raccomandano a tutti i Paesi di:
  1. Aumentare i finanziamenti per istruire e assumere più infermieri.
  2. Rafforzare la capacità di raccogliere, analizzare e agire sui dati sulla forza lavoro sanitaria.
  3. Monitorare la mobilità e la migrazione degli infermieri e gestirla in modo responsabile ed etico.
  4. Educare e formare gli infermieri nelle competenze scientifiche, tecnologiche e sociologiche di cui hanno bisogno per guidare il progresso nell’assistenza sanitaria primaria.
  5. Stabilire posizioni di leadership, tra cui un capo infermiere del governo e sostenere lo sviluppo della leadership tra i giovani infermieri.
  6. Garantire che gli infermieri delle squadre di assistenza sanitaria primaria lavorino al massimo delle loro potenzialità, ad esempio nella prevenzione e nella gestione delle malattie non trasmissibili.
  7. Migliorare le condizioni di lavoro, anche attraverso livelli di personale sicuro, salari equi e rispetto dei diritti alla salute e alla sicurezza sul lavoro.
  8. Implementare politiche della forza lavoro infermieristica sensibile al genere.
  9. Modernizzare la regolamentazione infermieristica professionale armonizzando gli standard di istruzione e pratica e utilizzando sistemi in grado di riconoscere ed elaborare le credenziali degli infermieri a livello globale.
  10. Rafforzare il ruolo degli infermieri nelle squadre di assistenza mettendo insieme diversi settori (sanità, istruzione, immigrazione, finanza e lavoro) con le parti interessate infermieristiche per il dialogo politico e la pianificazione della forza lavoro.

Marta Piccioli

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Tesi “La formazione dell’infermiere in Italia e in Inghilterra”

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