Il cosiddetto trapianto domino è durato 18 ore. A renderlo possibile, il lavoro di centinaiua di persone in perfetta sincronia.
Gianluca ha una rara malattia genetica che lo costringe, a soli 27 anni, a un trapianto di fegato. Eppure il suo, di fegato, in un’altra persona funzionerebbe perfettamente e potrebbe salvarle la vita. La soluzione, tanto semplice da immaginare quanto complessa da mettere in pratica, si chiama trapianto domino: una volta trovato un donatore per Gianluca, basta trovare un altro paziente a cui donare il suo organo, e salvare così due vite con un solo fegato. Ed è proprio quello che accade al Policlinico di Milano: ora Gianluca e Federico (nomi di fantasia) sono appena tornati a casa, e per entrambi inizia una nuova vita grazie alla generosità che sta a monte di ogni trapianto.
La malattia di Gianluca si chiama leucinosi: consiste nella completa mancanza di un enzima fondamentale per metabolizzare gli aminoacidi assunti col cibo. Senza questo enzima, che è prodotto dal fegato, ma anche in tutto il resto dell’organismo, il ragazzo è costretto a diete strettissime ed è costantemente esposto a complicanze gravi, come compromissioni neurologiche e respiratorie.
Per la leucinosi, Gianluca è da sempre seguito da Francesca Menni, referente per le malattie metaboliche della Pediatria ad alta intensità di cura del Policlinico di Milano. Ma per guarire ha bisogno di un trapianto, perché la sostituzione del suo fegato correggerebbe il difetto metabolico e gli permetterebbe di tornare a una vita normale. Il fegato di Gianluca, però, è sano: gli manca soltanto quell’enzima, e in un altro paziente senza leucinosi non darebbe problemi perché il suo organismo lo produrrebbe senza difficoltà.
“Il ragazzo era in lista per il trapianto – racconta Giorgio Rossi, direttore di Chirurgia generale e trapianti di fegato del Policlinico di Milano e professore di Chirurgia all’Università degli Studi di Milano –, ma questo significava dover attendere che una persona sana morisse e diventasse donatore. Gianluca aveva capito che anche lui poteva fare la sua parte, e da subito aveva manifestato con forza la volontà di diventare a sua volta un donatore e salvare la vita a qualcuno. Una disponibilità ancora più importante, dato che il suo gruppo sanguigno B è raro, e di donatori come lui non ce ne sono tanti”.
Il 17 marzo viene individuato un fegato compatibile e la macchina del Policlinico si mette in moto: alle 6 del mattino si aprono le sale operatorie per fare tre interventi uno di seguito all’altro: prelevare il fegato da Gianluca, trapiantare il fegato nuovo e, allo stesso tempo, trapiantare il fegato di Gianluca in Federico, un altro paziente in lista d’attesa per un organo. Un solo fegato donato che salva così due vite.
Saranno necessarie oltre 18 ore per completare tutti gli interventi. All’una di notte del 18 marzo l’equipe coordinata dal professor Rossi termina la sua maratona chirurgica. “Tutto si è svolto senza alcun intoppo nonostante la pandemia da Covid-19 e tutte le complicazioni che ne conseguono – commenta Ezio Belleri, direttore generale del Policlinico di Milano –. Nelle sale operatorie sono stati coinvolti oltre 40 professionisti, con l’appoggio dell’intero ospedale: non si può realizzare un risultato del genere senza un’organizzazione capace di coordinare numerose Unità operative tra loro e in completo raccordo con le strutture regionali e nazionali. Sapere che quella di Gianluca e Federico è una storia a lieto fine è il migliore ringraziamento per l’impegno che mettiamo in campo ogni giorno per i nostri pazienti”.
In tutto, oltre ai chirurghi guidati da Giorgio Rossi, è stato necessario coordinare ogni dettaglio con la Rianimazione e Terapia intensiva, la Gastroenterologia ed Epatologia, la Radiologia, il Laboratorio centrale, la direzione delle Professioni sanitarie, il Centro trasfusionale e il Malattie rare Center del Policlinico, oltre che con l’Azienda regionale emergenza urgenza di Regione Lombardia, la Centrale operativa del Centro Nazionale Trapianti e con il Coordinamento Trapianti del Nord Italia Transplant Program. Significa aver coinvolto e organizzato il lavoro di centinaia di persone in poche ore, in perfetta sincronia.
Oggi Gianluca e Federico sono a casa, e anche questa volta tutto è andato bene. Ma a ridosso della Giornata nazionale per la donazione e il trapianto di organi e tessuti, prevista per l’11 aprile, gli esperti sottolineano una realtà fondamentale: senza donatori nessun trapianto è possibile. Anche per questo, e per tutte le storie a lieto fine, è importante diffondere sempre più il messaggio che la donazione è vita.
Redazione Nurse Times
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