Angelo Bagini, assessore di Carona (Bergamo), racconta al CorSera la sua scelta, dettata dal “senso civico”, e la successiva beffa.
«Ero uscito da dieci giorni dall’ospedale e cominciavo a riprendermi. Sono salito in macchina, sono andato in banca, ho prelevato i soldi e li ho messi in due buste uguali». Angelo Bagini racconta così, al Corriere della Sera, la sua decisione di donare i 1.200 euro di bonus Covid ricevuti un anno fa dallo Stato ai medici e agli infermieri del Policlinico di Ponte San Pietro (Bergamo) che gli hanno salvato la vita dopo una polmonite gravissima. Assessore a Carona, il 55enne libero professionista con base a Villa d’Almè non poteva però immaginare la beffa che si è concretizzataquando l’Inps gli ha chiesto di restituire il contribuito.
Per non andare lontano, è della Val Brembana il consigliere regionale leghista Alex Galizzi. Quando l’estate scorsa scoppiò il caso dei politici con il bonus Covid, in chiave bergamasca fu lui a finire sulla graticola. Il Governo ha poi stabilito l’incompatibilità tra eletti e contributi, ma in un primo momento ha messo tutti nel calderone: chi, come Galizzi, incassa 6.870 euro di indennità e 4.200 euro di rimborsi al mese e chi, come Bagini e la stragrande maggioranza dei consiglieri e assessori comunali, porta a casa un’inezia, giusto il gettone di presenza. Un problema sollevato quasi subito, per altro proprio dalla Lega. Così, a febbraio, la regola è stata aggiustata: per chi riceve solo il gettone, visto che è vincolato alla partecipazione alle sedute e che di solito si parla di cifre contenute, l’Inps annullerà la richiesta di restituzione dei 600 euro mensili.
Bagini, in teoria, rientra tra coloro che ne hanno diritto. «Non ricevo nessuna indennità, solo il gettone di presenza ai consigli comunali – spiega –. L’anno scorso ho percepito 64 euro. Nel 2019 erano stati 89,74 perché le sedute convocate erano state di più. Ho partecipato a tutte. L’Inps mi ha scritto a febbraio, per altro intimandomi solo di versare la somma. Ho chiesto spiegazioni e ho capito che il problema era legato alla mia carica in Comune. Avrei dovuto pagare entro il 20 marzo. L’ultima loro comunicazione è del 4 di quel mese, e sembra che non mi debba preoccupare, ma un’indicazione definitiva non c’è». Nella mail si dice solo che “sono in corso ulteriori approfondimenti da parte della direzione centrale” e che saranno annullati “eventuali indebiti”.
«Ne faccio una questione di principio, dei soldi non mi interessa», rimarca Bagini. E così racconta di quel suo gesto per la Chirurgia e la Fisioterapia di Ponte San Pietro, dove è stato ricoverato dal 15 marzo al 4 maggio 2020. Per l’infermiera Chiara, che di ritorno dalla spesa gli aveva portato i biscotti. Per Salvatore, anche lui infermiere, che la prima notte, quando aveva rischiato di non farcela, lo spronò a resistere. Per la fisioterapista Barbara, «che con pazienza mi ha reinsegnato a camminare». E per Michela, che riuscì a fargli fare la prima radiografia: «Ero caduto, avevo le costole rotte e non riuscivo ad alzare il braccio destro».
“Non ritengo giusto – scrisse Bagini nella lettera consegnata con i soldi – che mi vengano riconosciute tali indennità, relative a un periodo per il quale la mia esistenza è stata pressoché totale nei vostri reparti, e pertanto di fatto già in ‘carico’ come costo al nostro Stato. Il mio senso civico mi porta pertanto, senza alcuna esitazione, a offrire tali indennità a tutto il personale che con dedizione e competenza si è prodigato nei miei confronti”.
Redazione Nurse Times
Fonte: Corriere della Sera
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