Il dolore sempre vivo della famiglia nelle parole dell’avvocato. La donna fu vittima di un errore sulla sacca per la parziale omonimia con un’altra degente.
Dopo quasi due anni di trattative con la formula della mediazione, nessun risarcimento è stato riconosciuto per la morte di Angela Crippa, la pensionata 84enne di Arcore uccisa il 13 settembre 2019 da una trasfusione sbagliata in Ortopedia a Vimercate (Monza e Brianza). L’errore sulla sacca per la parziale omonimia con un’altra degente le costò la vita dopo un intervento al femore. Un’emorragia rese necessario somministrarle sangue. A sbagliare furono un medico e un infermiere, già condannati con il patteggiamento a 13 mesi per omicidio colposo, pena sospesa.
“Angela? Una vita in saldo per le controparti: non possiamo accettarlo – dice l’avvocato Olimpia Cassano, che assiste i figli Marco e Franco Tremolada –. E lo strazio della famiglia continua. Il rimpallo di responsabilità tra ospedale e assicurazioni ha portato allo stallo”. Non è questione di soldi, “ma di giustizia che non c’è ancora”. Ma la compagnia che dovrebbe rispondere del loro sbaglio dice che non pagherà finché la sentenza non sarà passata in giudicato. “Eppure l’ammissione di responsabilità c’è stata fin dall’inizio da parte di entrambi”, sottolinea il legale.
L’Asst Brianza riconobbe subito la drammatica fatalità che mandò in tilt il sistema immunitario della donna, morta senza più riprendersi dopo due giorni in coma. I fatti sono assodati, come i ritardi accumulati. Prima, le lungaggini della perizia medico-legale nell’ambito del procedimento penale, depositata solo quasi sei mesi dopo il decesso. Poi l’accidente Covid hanno finito per dilatare a dismisura la vicenda.
«Ma ciò che ferisce i figli, le nuore, i nipoti è l’atteggiamento di chi invece ha l’obbligo morale e giuridico di riparare al male fatto – sottolinea l’avvocato –. Altrimenti, Angela muore un’altra volta”. I familiari non hanno mai sporto denuncia contro il personale e hanno sempre ripetuto “di non voler demonizzare nessuno”. Una condotta esemplare, “ma, nonostante la gravità dell’accaduto, non sono stati ripagati con la stessa moneta”. L’ospedale confida nell’esito positivo del caso. “Sono stati fatti passi in avanti – prosegue Cassano –. La volontà di arrivare a una soluzione che possa ristorare gli eredi è più che concreta. Siamo consapevoli che nessuna cifra potrà mai restituire la madre ai figli e la nonna ai nipoti, ma speriamo che la definizione sia vicina”.
La morte di Angela Crippa ha spinto l’Azienda a rendere più sicure le trasfusioni al Pronto soccorso. Dopo la tragedia, gli ispettori del Centro nazionale sangue misero sottosopra i reparti e trovarono una falla nella filiera. Gli esperti di Roma ottennero che da lì in poi il medico all’accettazione cominciasse a inserire in cartella il gruppo sanguigno del paziente, attribuendo così sin dall’inizio anche a questo dato il codice che identifica il malato in tutte le prestazioni successive. Un modo per aggiungere un confronto in più all’arrivo della sacca.
Prima, invece, gruppo e sangue viaggiavano insieme, facendo calare l’attenzione degli operatori. Il vecchio protocollo in essere quando la pensionata arrivò in urgenza non è direttamente alla base dell’accaduto. Metterlo a posto avrebbe potuto evitare il concatenarsi di eventi che si sono rivelati fatali: la mezza omonimia con l’altra ricoverata che ha tratto in inganno il medico e l’infermiere (mezza perché riguardava solo il nome, non la data di nascita), che al letto della vittima non la identificarono correttamente.
Redazione Nurse Times
Fonte: Il Giorno
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