Danilo Tacconi, direttore di Malattie infettive all’ospedale San Donato di Arezzo, ed Elena De Sanctis, responsabile dell’Igiene pubblica della zona aretina, spiegano il fenomeno.
Primo obiettivo: “Intensificare la vaccinazione per raggiungere l’immunità di gregge, e cioè fino al punto in cui almeno all’80% della popolazione ha completato il ciclo vaccinale”. Secondo Obiettivo: “Mantenere l’uso delle mascherine e delle norme di prudenza”. Danilo Tacconi, direttore di Malattie infettive all’ospedale San Donato di Arezzo, respinge l’idea che la singola persona vaccinata contro il Covid sia una sorta di supereroe libero da problemi e, soprattutto, da doveri verso la comunità in cui vive.
“Negli ultimi nove giorni, nella provincia di Arezzo, abbiamo avuto 50 nuovi casi di media al giorno – ricorda –. Abbiamo pazienti in degenza Covid, il cui numero non arriva a due cifre e due pazienti in terapia intensiva. La sintesi è che le precauzioni non possono essere abbandonate né alla prima né alla seconda dose di vaccino, soprattutto avendo a che fare con le varianti e con un’immunità della popolazione ancora non sufficiente, tale da ridurre in modo significativo la circolazione del virus”.
I contagi, e più ancora i ricoveri di persone vaccinate, provocano dubbi. “Come ha evidenziato l’Istituto Superiore di Sanità, siamo di fronte ad un paradosso – commenta Elena De Sanctis, responsabile dell’Igiene pubblica della zona aretina –. Sono stati raggiunti livelli elevati di copertura e in questa fase il numero assoluto delle infezioni, ospedalizzazioni e decessi diventa simile per vaccinati e non vaccinati. Ma se leggiamo l’incidenza e cioè il rapporto tra il numero dei casi e la popolazione, scopriamo che quella dei vaccinati è dieci volte più bassa di quella dei non vaccinati. La sintesi è che il vaccino funziona”.
Ovviamente la sua copertura non può essere al 100%. “È la storia dei vaccini a confermarlo – sottolinea Tacconi –. Ci sono i limiti dettati dal vaccino stesso e la reazione, singola e diversa l’una dall’altra, delle diverse persone”.
De Sanctis ricorda, sulla base dei dati forniti dall’Istituto Superiore di Sanità, che il ciclo vaccinale completo protegge all’88% dall’infezione, al 94% dal ricovero in ospedale, al 97% dal ricovero in terapia intensiva e al 96% da un esito fatale della malattia. I vaccinati possono divenire positivi, ma in genere hanno forme con nessuno o pochi sintomi. Fra i ricoverati con il Covid ci sono anche delle persone che hanno completato il ciclo vaccinale ma il motivo del loro ricovero è una patologia diversa dal Covid. “Quando si raggiunge una copertura molta alta – conclude – la maggior parte dei casi può essere quella di soggetti vaccinati, ma questo perché popolazione dei vaccinati è più numerosa di quella che non lo è”.
Una riflessione merita, infine, l’ospedalizzazione. Così Tacconi: “Dobbiamo distinguere le differenze tra i pazienti in degenza Covid. Tra quelli vaccinati con ciclo completo, in numero assoluto decisamente più basso rispetto ai non vaccinati, il motivo della degenza ospedaliera è spesso indipendente dal Covid. Presentano altre patologie, ma la presenza dell’infezione da SARS-CoV-2 ne determina la degenza in bolla Covid. Un contagiato, seppur vaccinato, che ha contratto una polmonite batterica o ha una frattura di femore si ricovera in bolla, perché devono essere garantiti percorsi di isolamento, senza venir meno ai trattamenti specifici del paziente. I numeri dei vaccinati ricoverati non può essere quindi utilizzato per mettere in discussione l’assoluta validità e necessità della vaccinazione”.
Redazione Nurse Times
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