Secondo un recente studio, ciò accade solo se anche l’età della donna è avanzata.
L’età paterna influisce sul successo dei trattamenti di procreazione medicalmente assistita (Pma) solo se anche l’età della donna è avanzata. Con l’avanzare dell’età si osserva nell’uomo una significativa riduzione della motilità e del volume dell’eiaculazione, ma non una riduzione significativa della concentrazione di spermatozoi. Lo evidenzia lo studio condotto dagli Istituti Clinici Zucchi di Monza e dall‘Università Pompeu Fabra di Barcellona. Finora gli studi avevano evidenziato un effetto dell’età sulla qualità dello sperma: volume e motilità diminuiscono, mentre aumenta la frammentazione del Dna spermatico.
“Lo studio si è basato sui dati di 5.565 pazienti maschi del Centro di Medicina della Riproduzione Biogenesi di Monza, raccolti dal 2015 al 2020, in pazienti tra i 25 e 45 anni di età, analizzando volume dell’eiaculato, concentrazione di spermatozoi e motilità progressiva – spiega Mariabeatrice Dal Canto, una dei ricercatori –. Abbiamo così osservato una significativa riduzione della motilità e del volume dell’eiaculazione con l’avanzare dell’età paterna, mentre non abbiamo riscontrato alcuna riduzione significativa della concentrazione di spermatozoi”.
Quanto al successo dei trattamenti di Pma in relazione all’età paterna, i dati ottenuti indicano un suo impatto solo se collegato all’età materna avanzata. I tassi di impianto e di bambini nati vivi sono stati influenzati in modo significativo dall’età paterna, cioè solo nelle coppie in cui età paterna e materna elevate sono associate. “I dati attuali – conclude Dal Canto – suggeriscono un’incidenza negativa dell’età paterna sui parametri legati alla qualità dello sperma e dimostrano un’influenza rilevante sugli esiti dei trattamenti di Pma, solo se contemporaneamente presente anche una età materna avanzata”.
Redazione Nurse Times
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