La straordinaria capacità di adattamento che contraddistingue i professionisti della salute è stata fondamentale nel territorio ucraino per tutelare l’incolumità di molti malati cronici.
Da quando è iniziata la guerra, si cerca di dormire facendo i turni. Quando suonano le sirene bisogna correre dalle abitazioni ai rifugi antiaerei che a volte devono fungere anche da ospedali. Come nel caso di una equipe di oncologi che ha dovuto fare un trapianto di cellule staminali a un paziente. Lo racconta all’ANSA il medico 31enne Tetiana Skrypets, che proviene da Kiev e vive da tre anni in Italia.
Al momento è dottoranda di ricerca dell’Istituto Tumori di Bari dove, con il team di ematologia di Attilio Guarini, ha collaborato per diverse pubblicazioni scientifiche.
“I miei colleghi dell’istituto oncologico ucraino – sottolinea – hanno fatto un trapianto autologo di cellule staminali a un paziente in un rifugio antiaereo, vi rendete conto? Per me sono eroi, salvano vite mentre c’è chi cerca di uccidere tutti. Quando pianifichi la procedura del trapianto autologo non puoi prevedere che scoppierà una guerra. Si fa un corso di chemio ad alte dosi e quando arriva il ‘giorno zero’ devi fare la trasfusione di staminali. Purtroppo per questo paziente il giorno zero era quello dell’inizio della guerra e negli ospedali c’era il rischio di essere bombardati”.
Tetiana è in contatto costante con i suoi genitori che vivono nella capitale: “Da ieri mattina fanno la sponda tra casa e i rifugi antiaerei, quando sentono le sirene scappano. Poi fanno i turni, come tutti, per dormire, ma in realtà non dormono mai”. Tetiana sottolinea che questa è “una guerra diversa” e che quando tutto sarà finito “nulla tornerà come prima”. Intanto assicura che il popolo ucraino farà “di tutto per non mollare: anche se non abbiamo la stessa potenza della Russia, siamo fortissimi psicologicamente e siamo pronti a morire per la nostra libertà. Siamo un popolo indipendente e non abbiamo paura di combattere e difenderci”.
Tetiana confessa che prova “tanta rabbia” in questo momento e precisa che “aveva tanti amici anche in Russia”. “Tanti di loro – sottolinea – mi inviano messaggi dicendo che sono dalla nostra parte ma hanno paura di scendere in strada a manifestare perché temono di essere imprigionati, mentre noi non abbiamo paura neppure di morire”.
Fonte: Ansa
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