Il volume, curato da un gruppo di ricercatori dell’Istituto Mario Negri, illustra i criteri per la prevenzione e i farmaci disponibili.
In Italia un italiano su diciotto è diabetico, ma il rapporto diventa di uno su sei considerando la popolazione con più di 65 anni. Si tratta, in totale, di 3,5 milioni di diabetici, con un aumento di circa il 60% negli ultimi vent’anni. Sono questi i dati più aggiornati circa la presenza del diabete nella popolazione italiana e raccolti in Il diabete di tipo 2 – Una malattia evitabile (Edizioni Lswr), scritto da un gruppo di ricercatori dell’Istituto Mario Negri (e di altre importanti istituzioni italiane) e coordinato dal proffessor Silvio Garattini.
I dati parlano di un Paese tra i più efficienti nell’attenzione al diabete, ma occorre comunque prestare maggiore attenzione alla prevenzione per ridurre malattie, sofferenze e anche i costi della sanità pubblica.
Infatti, per quanto il diabete sia una malattia gestibile, la sua importanza non riguarda solamente la presenza dell’iperglicemia (che può essere controllata con i farmaci) quanto di una serie di complicazioni che ne possono derivare. È su queste complicanze, sui farmaci disponibili contro il diabete (dai più tradizionali ai più recenti e che controllano tali complicazioni) che si concentra il volume, che parte da una rassegna delle strategie da introdurre per appunto evitare la malattia.
I fattori di rischio più importanti possono essere ridotti a tre:
1. sovrappeso/obesità;
2. esercizio fisico;
3. determinanti socioeconomici.
“I tre fattori si incrociano perché i soggetti a basso reddito hanno anche più probabilità di avere cattivi stili di vita e quindi di assumere cibo molto calorico, di riservare poca attenzione alla salute, di avere una scarsa tendenza all’esercizio fisico”, spiega Garattini.
Cosa fare, quindi, per ridurre i fattori di rischio? “Occorre adeguare i programmi scolastici, dalle scuole dell’infanzia all’università, per diffondere i buoni stili di vita – prosegue l’autore –. Inoltre, una migliore ridistribuzione della ricchezza, che consentirebbe di diminuire la povertà, dovrebbe ridurre non solo il diabete, ma anche altre malattie croniche evitabili, inclusi tumori e demenze senili, e quindi anche i costi del Ssn”.
Infine, a livello regionale e locale, è fondamentale organizzare opportunità di esercizio fisico attraverso la realizzazione di piscine, palestre, itinerari di passeggiate
Una delle più importanti conseguenze del diabete di tipo 2 è, innanzitutto, l’aumento del rischio di malattie cardiovascolari: infarto miocardico, ictus cerebrovascolare, insufficienza circolatoria degli arti inferiori, fibrillazione atriale, insufficienza cardiaca e così via.
“L’aumento del rischio è di circa due/tre volte, il che comporta un incremento di mortalità cardiovascolare di circa il 30% – continua Garattini –. Anche la funzione renale è compromessa dal diabete, che ha una forte relazione anche con le sindromi depressive, per cui si calcola che il 20-30% della popolazione diabetica ne sia affetta. Analogamente legato al diabete c’è anche un declino cognitivo e un incremento della demenza senile”.
Anche i tumori in tutti i siti, eccetto la prostata, sono influenzati dal diabete, che ne aumenta la frequenza di circa l’1,2-2,0%. “Tutto questo carico di malattie, di sofferenze e di costi è evitabile – conclude il gruppo di ricerca coordinato da Garattini –. Lo scarso interesse per la prevenzione, un’attività in conflitto di interessi con il mercato della medicina, è alla base del continuo aumento di casi di diabete. È quindi necessaria una rivoluzione culturale, una presa di coscienza collettiva, non solo di natura medica, se si vuole operare nel senso della prevenzione anziché iniziare le terapie quando sono evitabili”.
ALLEGATO: Estratto del libro
Redazione Nurse Times
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