La casistica, espressione dei pazienti trattati negli ultimi otto anni, è una delle maggiori pubblicate da un singolo centro sulle forme severe della malattia.
L’Aou Pisana si conferma sempre di più centro di riferimento per le malattie chirurgiche di alta complessità. E’ stata infatti pubblicata sulla rivista Langenbecks Archives of Surgery l’esperienza pisana sul trattamento interventistico e chirurgico delle pancreatiti acute da moderate a severe. Segno che l’elevata casistica e la concentrazione, nel medesimo ospedale, di tutte le specialità che ruotano intorno alla patologia fanno la differenza.
“A ‘tailored’ interventional and surgical management for moderate to critical acute pancreatitis in late phase: a cohort study”. Questo il titolo dello studio in cui si descrive l’approccio pisano per gradi, personalizzato sul singolo paziente – considerando sempre la qualità di vita nel medio termine –, che ha prodotto percentuali di sopravvivenza dei casi trattati superiori all’85%.
La pancreatite acuta severa è potenzialmente pericolosa per la vita: fino al 30% dei casi. La causa scatenante è quasi sempre apparentemente banale, cioè una calcolosi biliare. Gran parte dei pazienti sviluppa quadri lievi che si autolimitano e le cui recidive possono essere prevenute con la colecistectomia laparoscopica. Altri sviluppano invece un quadro clinico ben più serio, che può diventare talvolta drammatico. Sono proprio queste le forme difficili da trattare, con un percorso che va sempre ritagliato sul singolo paziente, quasi mai standardizzabile ma improntato su scelte in cui il fattore tempo e l’opzione terapeutica giocano un ruolo fondamentale nell’influenzare il risultato.
Il paziente con pancreatite acuta grave (definita come da moderata a severa, secondo la Determinat Base Classification, DBC) è quindi una persona a rischio vita che, per avere maggiori possibilità di sopravvivenza, richiede una gestione complessa, fatta di scelte quotidiane ponderate e della stretta collaborazione tra diverse figure professionali rappresentate da intensivisti, gastroenterologi, endoscopisti, radiologi, ecografisti clinici interventisti e infine, dai chirurghi. Il trattamento di queste forme severe richiede inoltre importanti risorse umane ed economiche: non di rado si tratta di mesi di ricovero e di terapie concatenate.
Da sempre il gruppo di Giulio Di Candio, professore associato di Chirurgia generale all’Università di Pisa e direttore della Sezione dipartimentale di Chirurgia generale dell’Aou Pisana – in stretta collaborazione col professor Luca Morelli, anch’egli associato di Chirurgia generale e in forza nella stessa struttura –, si interessa e tratta queste patologie fino a diventare un punto di riferimento non solo dell’Area vasta Toscana Nord Ovest, ma anche extraregionale. La casistica, espressione dei pazienti trattati negli ultimi otto anni, è senz’altro una delle maggiori pubblicate da un singolo centro sulle forme gravi ed è espressione di questa centralizzazione avvenuta naturalmente dal territorio, per riconoscimento dell’esperienza e dei risultati ottenuti.
È oggi chiaro che le pancreatiti severe possono essere trattate solo ed esclusivamente in quei centri che presentano tutte le figure chiave per tutte le opzioni terapeutiche: dalla radiologia interventistica all’ecografia intraoperatoria e interventistica, alla gastroenterologia, l’infettivologia, l’endoscopia e l’ecoendoscopia operativa, l’anestesia di secondo livello. Queste sono tutte presenti solo in centri di alta specialità. D’altronde, già nel lontano 2009 La Reuters Health di New York scriveva un titolo che non ammetteva indecisioni: “Have a Pancreatitis? Go to a big Hospital”.
Uno dei meriti dell’approccio pisano è stato di recepire le linee guida internazionali adattandole al paziente in un criterio di tipo tailored, cioè personalizzato, che ha consentito le percentuali di sopravvivenza sopra riportate (oltre 85%). Infatti, al contrario del passato, quando le pancreatiti acute gravi venivano operate spesso in urgenza e con approcci invasivi (ad addome aperto, addirittura con zip technique per interventi multipli ravvicinati), un approccio più moderno indica maggiore riflessione nel porre indicazioni interventistiche e di procedere per step-up, cioè per gradini, partendo da procedure meno invasive e aumentando progressivamente il livello di aggressività in base all’andamento clinico, quando necessario.
Altro aspetto fondamentale è la comprensione dell’importanza del momento più indicato (timing) per effettuare manovre invasive, aspettando la maturazione della necrosi o delle raccolte che si sviluppano nel processo. Un intervento troppo precoce, infatti, può essere, oltreché inefficace, anche dannoso. L’esperienza gestionale di questi pazienti diventa quindi determinante e quello che è stato osservato a Pisa è che, talora, in alcuni di loro e con certe peculiarità assunte dalla malattia, certi interventi hanno scarsa possibilità di successo nell’ambito dell’applicazione del cosiddetto step-up, mentre il tailoring consente di saltare alcuni gradini e di ottenere brillanti risultati.
Nell’ambito dell’applicazione tailored dello step-up approach, ecco quindi le procedure dell’approccio multidisciplinare della casistica pisana: posizionamento di drenaggi percutanei ECO o TC guidati, effettuati da clinici e radiologi interventisti, drenaggio endoscopico mediante eco-endoscopia operativa, derivazioni interne chirurgiche delle raccolte e della necrosi pancreatica con tecniche mini invasive laparoscopiche/robot-assistite o tradizionali, fino alla necrosectomia con mini-laparotomie eco-guidata o classica, espressione quest’ultima della massima aggressività chirurgica.
Altre particolarità del lavoro svolto, correlare – per la prima volta in letteratura – alla qualità di vita del paziente nel medio termine le procedure scelte come primo approccio e utilizzare il Robot da Vinci Xi in pazienti selezionati.
“Aspetto particolarmente innovativo della nostra esperienza – dichiarano gli autori – è l’introduzione della tecnologia robotica anche per il trattamento di alcune forme di pancreatite acuta grave. Nell’ambito dell’approccio personalizzato, infatti, si è aggiunta recentemente la possibilità per questi pazienti di essere operati con il da Vinci Xi, nel contesto del Centro multidisciplinare di Chirurgia robotica dell’Aou pisana e questo consente di eseguire manovre estremamente delicate, alcune sotto guida ecografica, come asportare la necrosi pancreatica, aspirare raccolte e scegliere il punto ottimale di sutura tra le voluminose raccolte esito della pancreatite acuta e il tratto gastrointestinale. Farsi carico di questi pazienti così delicati è sempre un impegno gravoso, ma l’esperienza di tanti anni ci permette oggi di offrire loro le migliori prospettive possibili per uscire da situazioni potenzialmente letali e tornare a una sorprendente ottima qualità di vita”.
La pubblicazione è stata da loro dedicata al professor Franco Mosca, di cui recentemente è stato ricordato l’anniversario dei due anni dalla scomparsa, perché per anni ne aveva sollecitato la stesura, credendo fortemente nella centralizzazione e ufficializzazione di centri di riferimento di alta specialità.
Redazione Nurse Times
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