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Eritema solare: come proteggersi in modo efficace

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Eritema solare: come proteggersi in modo efficace
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Un guida degli allergologi AAIITO in base ai diversi fototipi cutanei.

Estate, cresce la voglia di tintarella. Ma bisogna fare molta attenzione all’eccessiva esposizione al sole, che può causare l’eritema solare. Nella maggior parte dei casi questa reazione infiammatoria cutanea consiste in un’ustione di primo grado che compare alcune ore dopo l’esposizione, raggiunge un picco a 12-24 ore con eritema ed edema intenso, molto pruriginoso. Se l’esposizione alla fonte di radiazioni ultraviolette (sole, ma anche lettini abbronzanti o lampade per fototerapia) è stata lunga e la pelle del paziente è chiara, si può verificare una reazione intensa, con ustione di secondo grado e la comparsa di bolle, oltre a dolore e sintomi generali come febbre, malessere, nausea, vomito.

“La cute è un organo la cui integrità anatomica e funzionale è fondamentale per la difesa nei confronti dell’ambiente esterno – commenta Riccardo Asero, presidente dell’AAIITO (Associazione allergologi immunologi italiani territoriali e ospedalieri) –. Basti pensare ai frequentissimi eventi micro-traumatici a cui siamo esposti tutti i giorni, agli agenti infettivi, a quelli tossici (acidi, basi, eccetera) e anche agli allergeni (ad esempio, i pazienti affetti da dermatite atopica si sensibilizzano frequentemente per via percutanea a causa dell’alterata permeabilità della loro pelle). È essenziale, pertanto, averne cura per conservarne la funzione difensiva”.

Attenzione a chi utilizza farmaci fotosensibilizzanti. “Se in generale la terapia delle forme lievi consiste in bagno freddo, creme emollienti, lenitive e antinfiammatorie come cortisonici a bassa potenza – spiega la dottoressa Myriam Zucca, dermatologa e allergologa AAIITO –, il rischio aumenta per un paziente che fa uso di farmaci fotosensibilizzanti quali antibiotici come le tetracicline o i chinolonici, retinoidi sia per via orale che locale tra i quali i farmaci per la cura dell’acne come l’isotretinoina, i gel a base di benzoilperossido, topici antinfiammatori non steroidei (FANS) specie il ketoprofene, e più in generale cosmetici contenenti profumi”.

Ma il sole non è sempre dannoso. Se l’esposizione solare è sempre controindicata per i pazienti affetti da patologie come lupus eritematoso sistemico, dermatomiosite, eruzione polimorfa solare, porfiria, ci sono invece forme più comuni di psoriasi e di dermatite atopica che possono migliorare con una graduale e corretta esposizione solare, così come la forma iniziale della micosi fungoide, che è un linfoma cutaneo. Per queste patologie, infatti, è prevista la fototerapia durante l’inverno, con l’utilizzo di cabine disponibili nei centri dermatologici.

La luce solare è composta da uno spettro continuo di radiazioni elettromagnetiche suddivise in base alla lunghezza d’onda in raggi ultravioletti o UV (100 e 400 nm), luce visibile (400-700nm) e infrarosso. La lunghezza d’onda è inversamente proporzionale all’energia nel senso che più aumenta più l’energia diminuisce e viceversa.

I raggi UV si distinguono in UV-A, UV-B, UV-C. Gli UV-A (320-400 nm) sono il 90-95% delle UV, arrivano in profondità nella cute fino al derma e inducono la formazione di radicali liberi e l’alterazione delle fibre elastiche e del collagene. Sono la causa del fotoaging o fotoinvecchiamento cutaneo, cioè la comparsa delle rughe e delle macchie solari. Passano attraverso le nuvole, i vetri delle auto o delle finestre, vengono riflessi da sabbia, neve e ghiaccio.

Gli UV-B (280-320 nm) giungono al suolo solo per il 5-10% con i livelli più alti d’estate e nelle ore centrali della giornata, hanno un’energia più elevata, ma penetrano solo fino all’epidermide e provocano danni al Dna delle cellule, con mutazioni che favoriscono la comparsa di lesioni precancerose e di tumori cutanei, e sono la principale causa delle scottature solari.

Gli UV-C (200-280 nm) non raggiungono la superficie terrestre perché bloccati dallo strato di ozono che filtra le radiazioni più dannose, permettendo e garantendo la vita sulla terra e nel mare.

La luce visibile (400-760nm) comprende il 50% delle radiazioni elettromagnetiche che raggiungono la Terra, ha una minima attività biologica come l’aumento del pigmento e l’eritema, ma può stimolare la retina. Siamo esposti alla luce visibile non solo tramite il sole, ma anche con dispositivi elettronici come smartphone, tablet e computer.

Il fototipo cutaneo classifica la pelle in base al colore e alla sensibilità agli UV con un numero da 1 a 6 (Fitzpatrick 1988) e dà informazioni sulla nostra suscettibilità ai raggi solari e sulla protezione da scegliere. Per un fototipo 1 e 2 è consigliabile l’uso preventivo di agenti fotoprotettivi, anche per via orale, contenenti antiossidanti quali il Polypodium leucotomos, iniziando due mesi prima dell’esposizione e poi per tutta l’estate.

Gli attuali filtri solari, contenuti nei prodotti solari regolamentati dalle direttive della Comunità europea, proteggono sia per gli UV-B che per gli UV-A, ma solo quelli colorati per la luce visibile. Il fattore di protezione solare (SPF) indica il valore di protezione fornita dal prodotto solo nei confronti dei raggi UV-B, ma attualmente c’è l’obbligo della presenza anche di un filtro che protegga dagli UV-A nel rapporto di 1/3 rispetto agli UV-B.

“Il fattore di protezione solare va da un minimo di 6 a un massimo di 50 – sottolinea la dottoressa Zucca –, ma la protezione è garantita solo se l’applicazione del prodotto è frequente (ogni due ore), sempre dopo il bagno e in quantità adeguata. Infine un’altra raccomandazione: per l’uso della luce solare artificiale vanno usati solo i dispositivi con marchio CE”.

Redazione Nurse Times

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