Antea Placida Retta avrebbe raggirato Mario Di Carlo, deceduto nel 2017, facendosi intestare un appartamento, una polizza vita da 3 milioni e una “paghetta” settimanale da 125mila euro.
«Poteva anche regalarle borse di Louis Vuitton – per lui era come regalare caramelle -, ma non un appartamento in via delle Carrozze. Dopo la morte della moglie, era cambiato». Sono le parole di una collaboratrice dell’imprenditore sanitario Mario Di Carlo, deceduto nel 2017, che sarebbe stato raggirato per sei anni, dal 2009 al 2015, dall’infermiera 57enne Antea Placida Retta, la quale si era fatta intestare un appartamento in largo del Nazareno, a Roma, una polizza vita da 3 milioni di euro e ogni settimana si versava una “paghetta” da 125mila euro. Con il conto dell’imprenditore elargiva anche donazioni ai suoi famigliari. La donna è ora a processo con l’accusa di circonvenzione di incapace. Imputato con la stessa accusa anche l’autista di Di Carlo, Gino Cerroni, che, pentito della sua condotta, alla fine aveva deciso di avvisare i nipoti del suo datore di lavoro, che in seguito hanno sporto denuncia.
I fatti – L’aveva conosciuta in ospedale quando la moglie era ricoverata e, da allora, l’infermiera Antea, Mario la presentava come una lontana nipote. Nessuno avrebbe mai potuto immaginare che la donna, in realtà, potesse approfittarsi di un momento di fragilità dell’uomo, che nel 2009 aveva iniziato a manifestare i primi segni di demenza senile. Così la Retta ha conquistato la fiducia di Di Carlo ed è riuscita a ottenere, secondo l’accusa, una serie di vantaggi economici. Tutto è iniziato con l’incarico di infermiera all’interno della Rsa a gestione familiare Villa Delia. Poi la nomina ad erede universale, ottenuta nel 2013.
Ma la modifica del testamento, dal quale l’imprenditore ha escluso i tre nipoti, non le bastava, così come l’appartamento in largo del Nazzareno, del valore di 2 milioni e 600 mila euro, ristrutturato a spese dell’uomo, di cui ha ottenuto la nuda proprietà. Antea Retta sarebbe riuscita a far stipulare all’imprenditore una polizza vita da 3 milioni e far aggiungere la sua firma sul conto corrente diventandone, di fatto, cointestataria.
Un accesso libero al patrimonio economico dell’uomo che le firmava anche assegni in bianco, da cui la Retta avrebbe attinto ripetutamente, elargendo denaro ai suoi famigliari e regalandosi una paghetta settimanale da 125mila euro. Avrebbe provato anche a mettere in vendita altri appartamenti dell’uomo tramite un’agenzia, una volta ottenuto il cambio del testamento. Una condotta resa possibile dal fatto che nessuno dei famigliari dell’imprenditore ha saputo della sua esistenza fino al 2015, quando i rapporti tra Di Carlo e i nipoti si erano incrinati, come hanno raccontato più volte in aula.
«Lo zio era cambiato, nervoso, e sapevamo che qualcosa non andava – ha riferito al giudice Elisabetta Di Carlo –. Si è allontanato da tutta la famiglia, e solo dopo abbiamo saputo che lei lo accompagnava anche dal medico, presentandosi come la sua segretaria. Una volta l’ho sentito urlare con lei: “Ancora un altro assegno? Va bene, te lo faccio”». A trarre beneficio dalle condizioni di salute di Mario Di Carlo non è stata solo la Retta, ma l’autista di fiducia, Gino Cerroni, che è accusato di essersi fatto intestare numerosi assegni per un valore di 74mila euro.
I medici – Nel procedimento penale erano imputati anche due medici di Villa Delia, accusati di aver falsificato i certificati inerenti la salute dell’uomo, dichiarandolo capace di intendere e volere. Anche il fratello di Antea era accusato di aver ricevuto, in più di un’occasione, assegni in bianco dall’imprenditore e bonifici da 15mila euro. Il procedimento penale è ancora in corso, ma per i due medici e per il fratello della Retta i reati sono stati prescritti.
Redazione Nurse Times
Fonte: Il Messaggero
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