Lo studio Myocarditis, realizzato dalla professoressa Cristina Basso (Aou Padova) e pubblicato sulla prestigiosa rivista New England Journal of Medicine, mostra l’importanza di una metodica non invasiva come screening per una prima diagnosi.
E’ stato pubblicato sul New England Journal of Medicine, una delle più autorevoli pubblicazioni di medicina generale al mondo, il lavoro Myocarditis, della professoressa Cristina Basso, anatomopatologa e cardiologa dell’Azienda Ospedale / Università di Padova.
L’articolo – indirizzato alla comunità intera dei medici sul tema delle miocarditi, malattia infiammatoria del muscolo del cuore che può avere differenti origini e può portare a conseguenze cliniche molto variabili: da quadri asintomatici a grave scompenso cardiaco o aritmie fino alla morte improvvisa – affronta un tema particolarmente caldo negli ultimi tre anni, anche per l’esplosione della pandemia di Covid-19 e la discussione accesa sul rischio reale di coinvolgimento cardiaco in corso di infezione SARS-CoV-2, ma anche di vaccinazione anti-Covid.
Secondo la task force dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) del 1995 su cardiomiopatie, la miocardite è una malattia infiammatoria del miocardio che viene diagnosticata sulla base di criteri istologici, immunologici, e immunoistochimici. La biopsia endomiocardica è da sempre considerata il metodo standard della diagnosi di miocardite. Negli ultimi due decenni, tuttavia, il lavoro diagnostico è cambiato con l’introduzione di nuovi strumenti, principalmente la troponina altamente sensibile e la risonanza magnetica cardiaca.
Nello studio Myocarditis si evidenzia come nella pratica clinica di routine una combinazione di sintomi e segni, test di laboratorio e studi di imaging sia spesso sufficiente per sospettare la diagnosi, senza ricorrere all’invasiva biopsia. La comparsa della miocardite avviene più frequentemente in età pediatrica, ma molti sono i casi anche nella popolazione adulta. Il paziente può presentare sintomi quali affanno, battito irregolare o addirittura mancanza di respiro. Fare una diagnosi tempestiva e accurata è fondamentare per riconoscere la patologia e provvedere a una cura.
“Per fare una diagnosi sicura è necessario fare una biopsia del cuore, esame abbastanza invasivo per il paziente –. Abbiamo però visto che usando tecniche all’avanguardia di Risonanza magnetica siamo in grado di vedere come è fatto il tessuto, il che ci permette già di fare una prima diagnosi per capire se siamo in presenza di una infiammazione del miocardio. Se il paziente denuncia sintomi importanti e si sospetta un quadro clinico tale da portare a gravi conseguenze, è però necessario effettuare una biopsia del cuore, passaggio necessario per una terapia mirata alla causa della miocardite e non più solo sintomatica. La biopsia, effettuata anche con le tecniche molecolari più all’avanguardia, permetterà così di identificare la presenza di possibili agenti infettivi che hanno scatenato la miocardite in modo da attuare la cura ritenuta più efficace”.
Redazione Nurse Times
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