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Ostia (Roma), padre di neonato si stanca di aspettare e picchia infermiere. Opi e Omceo: “Riconosceteci lo status di pubblico ufficiale”

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Ostia, analisi gratis per parenti e amici: 100 indagati tra medici, infermieri e impiegati del "Grassi"
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Aggredita anche la guardia giurata che ha tentato di calmare l’uomo al Pronto soccorso dell’ospedale Grassi.

Sarebbe stata la lunga attesa, unita alla preoccupazione per le condizioni del figlio neonato, a scatenare la violenza di un uomo verso un infermiere e una guardia giurata al Pronto soccorso dell’ospedale Grassi a Ostia (Roma). L’aggressore si è presentato insieme alla moglie, tenendo in braccio il bimbo, che perdeva sangue da un orecchio. Ha chiesto che il figlio fosse visitato dal pediatra, che in quel momento era però impegnato con un altro paziente, e prima del figlio il medico avrebbe dovuto occuparsi di altri bimbi in attesa.

L’uomo doveva dunque aspettare il proprio turno. Con il passare dei minuti e con il sangue che non si arrestava, salivano anche i timori della coppia. Intanto il bimbo continuava a piangere per il dolore. Così l’uomo è tornato a chiedere l’intervento del pediatra, ma quando dal Triage gli hanno ripetuto che doveva aspettare non ha trattenuto la rabbia e ha aggredito l’infermiere, rimasto ferito al gomito, alla schiena e al viso. A tentare di calmarlo è stata una guardia giurata, che a sua volta ha riportato contusioni. L’aggressione ha causato l’interruzione del servizio fino all’arrivo della polizia. L’uomo è stato denunciato.

L’episodio ha di nuovo acceso i riflettori sulle ataviche carenze di organico al Grassi, un presidio che deve sopperire alle urgenze e alle emergenze dei 250mila abitanti del X Municipio, a cui si aggiungono gli oltre 81mila di Fiumicino e almeno la metà dei 68mila di Pomezia, con soli 13 medici di Pronto soccorso. Una situazione al collasso, a cui la direzione generale della Asl Roma 3, un mese fa, ha cercato di porre rimedio, trasferendo il nucleo di cure primarie dal Poliambulatorio di Casal Bernocchi ai locali appositamente allestiti nel Pronto soccorso del Grassi. Una soluzione tampone, che evidentemente non risolve i turni notturni al pronto soccorso.

Sulla questione sono intervenuti, attraverso una nota congiunta, Maurizio Zega, presidente di Opi Roma, e Antonio Magi, presidente di Omceo Roma: “Dopo l’ennesima aggressione ai danni di un infermiere all’ospedale di Ostia, al quale esprimiamo la nostra solidarietà e la nostra vicinanza, occorre riconoscere che la situazione grave dei pronto soccorso impone di riconsiderare la figura dei medici e degli infermieri in loco, riconoscendo loro la qualifica analoga a quella di pubblico ufficiale, con la conseguenza che ogni aggressione è un oltraggio a pubblico ufficiale. Il triste succedersi degli episodi di violenza certifica peraltro che ridurre la pressione antropica sugli ospedali, mediante investimenti sulla sanità territoriale, per la medicina generale, per la specialistica ambulatoriale, e per l’infermieristica di famiglia e di comunità, oltre che una necessità imposta dalla realtà epidemiologica, sta diventando urgente anche sotto il profilo dell’ordine pubblico. Le istituzioni diano un segnale in questa direzione”.

Da segnalare anche l’intervento, sempre attraverso una nota, del direttivo Roma e Lazio di Unione Lavoratori Sanità (ULS): “Medici e infermieri sono stanchi di subire continue aggressioni e minacce durante l’attività prestata in condizioni limite, vista la nota situazione di sofferenza dei pronto soccorso, dovuta a carenza di posti letto e di personale in tutta la regione. La legge attuale è del tutto inefficace nel contrastare seriamente questo fenomeno abominevole che si sta diffondendo nella società. Aggredire chi ti può curare non è la soluzione. La presenza di presidi di polizia non viene assicurata durante la notte, momento in cui si verificano spesso eventi del genere. Riteniamo indispensabile, a questo punto, che intervenga duramente il Governo per mettere fine a questa follia, che sta portando alla fuga di infermieri e medici dai pronto soccorso. Gli operatori sanitari non si vedono da tempo tutelati dallo Stato per cui lavorano e per cui cercano, nonostante le evidenti difficoltà, di garantire il diritto alla salute di tutti”.

Redazione Nurse Times

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