Lo dimostra un’analisi post hoc dello studio ATHENA, pubblicata online su EP Europace.
L’uso dell’antiaritmico dronedarone è associato a una minore incidenza di fibrillazione atriale (AF) o flutter atriale permanenti, a un maggiore ritorno al ritmo sinusale permanente e a un minore carico di AF o flutter atriale rispetto al placebo. È quanto risulta da un’analisi post hoc dello studio ATHENA, pubblicata online su EP Europace.
“ATHENA è il più grande studio clinico condotto fino ad oggi che abbia valutato gli esiti clinici nei pazienti con AF che usano un farmaco antiaritmico”, scrivono gli autori, guidati da Carina Blomström-Lundqvist, professoressa di Cardiologia alla School of Medical Sciences dell’Ospedale Universitario di Orebro (Svezia). “In questa analisi post hoc – aggiungono – l’effetto di dronedarone sulla progressione di AF o flutter atriale è stato valutato utilizzando l’incidenza cumulativa del presunto AF o flutter atriale permanenti e il carico stimato di AF o flutter atriale permanenti utilizzando un metodo di Rosendaal modificato. A nostra conoscenza, questo è il primo studio ad applicare questa metodologia nel contesto della stima del carico di AF o flutter atriale”.
Analisi post hoc dello studio ATHENA – Blomström-Lundqvist e colleghi hanno condotto un’analisi post hoc dello studio randomizzato controllato ATHENA che ha valutto l’efficacia di dronedarone in termini di prevenzione dell’ospedalizzazione cardiovascolare (CV) o della morte in pazienti con AF o flutter atriale parossistici o permanenti. Nei risultati principali di ATHENA, dronedarone ha ridotto, nei pazienti con AF o flutter atriale, i ricoveri CV o la morte del 24% rispetto al placebo e il tempo al primo ricovero del 25,5%.
Per l’analisi dello studio ATHENA i ricercatori hanno valutato l’effetto di dronedarone sulla progressione di AF o flutter atriale ad AF o flutter atriale presunti permanenti, stimati utilizzando il metodo Rosendaal modificato e gli ECG disponibili, così come la regressione al ritmo sinusale rispetto al placebo. L’AF o flutter atriale permanenti sono stati definiti come 6 mesi o più di AF/flutter atriale fino alla fine dello studio mentre il ritmo sinusale permanente è stato definito come 6 mesi o più di ritmo sinusale fino al termine dello studio.
Miglioramenti anche nell’incidenza del ritorno al ritmo sinusale – L’analisi ha incluso 4.439 partecipanti ad ATHENA, di cui 2.208 hanno ricevuto dronedarone e 2.231 hanno ricevuto placebo, e le cui caratteristiche basali erano ben bilanciate. I ricercatori hanno osservato la progressione verso AF o flutter atriale permanenti nel 13,8% dei casi nel gruppo dronedarone rispetto al 20,4% del gruppo placebo (P < 0,0001).
In particolare, rispetto al placebo, dronedarone è stato associato a:
- minore incidenza cumulativa di AF o flutter atriale permanenti (HR = 0,65; IC 95%, 0,56-0,75; log rank P < 0,001);
- maggiore incidenza di ritmo sinusale permanente (HR = 1,19; IC 95%, 1,09-1,29; log-rank P < 0,001);
- riduzione del carico di AF o flutter atriale nel tempo utilizzando il metodo Rosendaal modificato (P dal giorno 14 al mese 21 < 0,01).
I messaggi-chiave, secondo i ricercatori
- Gli effetti positivi su progressione, regressione e carico di AF o flutter atriale suggeriscono che dronedarone possa invertire il rimodellamento atriale e ventricolare.
- Gli effetti positivi sul carico di AF o flutter atriale e sulla progressione e regressione dell’AF mediante uso di dronedarone suggeriscono che dronedarone possa essere un’opzione di trattamento da preferire nel decorso dell’AF in fase precoce, soprattutto per via del suo basso rischio pro-aritmico.
Redazione Nurse Times
Fonte: PharmaStar
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