Sono stati i consigli della campionessa a sostenere Anna Leonori, 46enne di Terni, dopo l’amputazione di gambe e braccia in seguito a diverse vicissitudini mediche, legate a una diagnosi iniziale di tumore. Una storia raccontata dal Messaggero.
“Imparerai a spostarti da un posto all’altro e nelle valigie avrai solo protesi. Farai una vita che si avvicina il più possibile alla normalità”. Queste le parole che Bebe Vio ha rivolto ad Anna Leonori, 46enne di Terni che porta sulla propria pelle i segni di una vicenda terribile, di un errore che le ha stravolto la vita.
I fatti risalgono al 2014, quando Anna riceve una diagnosi agghiacciante: tumore maligno che richiede un intervento invasivo. Quindi la donna viene operata a Roma con l’asportazione di utero, ovaie, 40 linfonodi e vescica, sostituita con una ortotopica. Ma il referto dell’esame istologico non rileverà alcuna formazione maligna. L’inferno: per quattro anni infezioni, febbre, dolori lancinanti, ricoveri. Fino al 7 ottobre 2017, quando viene ricoverata in ospedale e operata per una “peritonite acuta generalizzata, causata dalla perforazione della neo vescica”.
Da questo momento un mese e mezzo di coma profondo, il trasferimento a Cesena e la cruda realtà che impone l’amputazione di gambe e braccia. Adesso la donna chiede quantomeno giustizia. “Sono stata costretta a rivivere il mio calvario, a sottopormi a una visita di fronte ad una quindicina di periti – racconta al Messaggero, reduce dalla visita medica disposta dal tribunale civile nell’ambito dell’accertamento tecnico preventivo –. Tutto questo in attesa di avere giustizia per i danni che ho subito. La cosa che mi addolora è che l’ospedale di Terni, la mia città, in tutti questi anni non mi ha neppure chiamato a visita”.
Ora il collegio peritale dovrà pronunciarsi sui danni subiti da Anna, che da un anno, grazie ai consigli di Bebe Vio, utilizza le protesi di nuova generazione. Per questa vicenda sono stati chiamati in causa l’ospedale Santa Maria di Terni, il Regina Elena di Roma e l’Ausl Romagna. Come riportato sempre dal Messaggero, l’avvocato della donna, Francesca Abbati, in passato aveva già inviato una richiesta di apertura di sinistro per il risarcimento del danno patito dalla donna, madre di due ragazzi di 13 e 17 anni. La procedura, indirizzata alle strutture che hanno avuto in cura la donna, non aveva avuto esito. Quindi Abbati, insieme alla collega Simona Leonelli, è stata costretta a rivolgersi al tribunale civile.
“Le costosissime protesi, acquistate grazie alle raccolte fondi di associazioni di volontariato e privati, mi hanno cambiato la vita – dice Anna –. So bene che non avrò mai più l’autonomia, ma mi hanno restituito un minimo di dignità nella vita di tutti i giorni. La quotidianità è fatta di tante cose: alcune non potrò farle mai più da sola; altre, grazie alle protesi, sì. Il problema è che si deteriorano e che sono garantite solo per due anni. Non è un capriccio, la necessità di avere un risarcimento per quello che ho subito. Vivo ogni giorno con la preoccupazione che si possa rompere un pezzo, cosa che mi costringerebbe a tornare sulla sedia a rotelle”.
E conclude: “I periti concluderanno il loro lavoro a giugno. Non so come andrà a finire questa fase, ma so con certezza che non si libereranno di me in alcun modo. Se sarà necessario, affronterò anche il processo”. A corredo di una foto scattata in compagnia di Bebe Vio nel 2019 aveva invece scrutto: “L’incontro decisivo che ha segnato tutto il mio percorso. Grazie, Bebe Vio”.
Redazione Nurse Times
Fonte: Il Messaggero
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