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Cancro al pancreas, studio italiano apre nuovi scenari sulla resistenza all’immunoterapia

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Verona, l'Istituto del pancreas celebra i 3mila interventi eseguiti in 20 anni
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L aricerca, pubblicata su Science Translational Medicine, è coordinata dall’Istituto Oncologico Veneto e dall’Ateneo di Verona.

Il cancro al pancreas è una delle patologie oncologiche più resistenti all’immunoterapia. Un nuovo studio, coordinato dall’Istituto Oncologico Veneto e dall’Ateneo di Verona, traccia una nuova strada per provare a vincere questa resistenza, modificando il microambiente tumorale. La ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica Science Translational Medicine, è stata finanziata dal Cancer Research Institute, dalla Fondazione Cariverona, dall’AIRC, dal ministero della Salute, dal ministero dell’Istruzione e del merito e dall’EuroNanoMed.

Gli autori hanno analizzato un meccanismo di evasione dal controllo immunologico messo in atto dal tumore pancreatico. Lo hanno fatto integrando dati funzionali, fenotipici e molecolari, e sviluppando un approccio di immunoterapia combinata, efficace in modelli preclinici in cui è stato ricostruito il sistema immunitario umano. Nei pazienti con il cancro al pancreas i neutrofili, cellule del sistema immunitario circolanti nel sangue, sono attivati da fattori prodotti dalle cellule neoplastiche. Tali cellule rilasciano, spontaneamente e in modo incontrollato, strutture molecolari complesse, chiamate NET.

Queste strutture, che ricordano una vera e propria rete (per cui prendono il nome NET), sono costituite principalmente da materiale genetico (DNA) e proteine. Tra queste ultime l’enzima arginasi 1 (ARG1), che, attivato all’interno dei NET, genera alcune forme molecolari che provocano il consumo eccessivo di un amminoacido essenziale all’attività antitumorale dei linfociti T. La risposta immune verso il tumore è, quindi, ostacolata.

Per contrastare il blocco funzionale dei linfociti T il gruppo di studio ha generato un nuovo anticorpo in grado di riconoscere e neutralizzare l’enzima ARG1 umano. Attraverso analisi funzionali e biochimiche gli esperti hanno dimostrato che la funzione dei linfociti T si ripristina con l’ausilio dell’anticorpo mAb 1.10, mentre inibitori chimici dell’enzima non sono efficaci nel bloccare le forme molecolari attivate nei pazienti con cancro.

In modelli preclinici umanizzati di tumore al pancreas la somministrazione di mAb 1.10 aumenta l’efficacia dell’immunoterapia basata sia sull’uso di inibitori del checkpoint immunologico sia sul trasferimento di linfociti citotossici specifici per l’antigene tumorale telomerasi. Tali dati trovano conferma anche su biopsie di tumori pancreatici esposte in vitro all’anticorpo anti-ARG1.

Lo studio propone una nuova chiave di lettura per comprendere la funzione immunoregolatoria dell’enzima ARG1 e dei neutrofili condizionati negativamente dal tumore. Sopratutto, il lavoro suggerisce che, riprogrammando il microambiente tumorale, anche un tumore notoriamente refrattario all’immunoterapia come il tumore del pancreas può diventare sensibile e responsivo.

“Questo studio apre nuovi scenari nei tumori che mostrano una resistenza intrinseca e primaria all’immunoterapia – commenta il professor Vincenzo Bronte, coordinatore principale dello studio –. Il lavoro continua un percorso di ricerca iniziato più di dieci anni fa dal mio gruppo. La ricerca continua, puntando a ottenere anticorpi completamente umani verso l’enzima ARG1, da utilizzare nella terapia e in diagnostica. Ciò varrà per diversi tumori, non solo per il cancro al pancreas”.

Redazione Nurse Times

Fonte: Italian Medical News

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