In questo articolo cercheremo di approfondire la tematica dei requisiti d’ammissione richiesti dalle aziende pubbliche nei bandi di concorso attraverso una ricerca sulle linee guida e le ultime sentenze in materia
Il Governo con la Direttiva n. 3 del 24 aprile 2018 ha emesso le nuove Linee Guida in materia di concorsi pubblici. Andando ad analizzare, più nello specifico, i requisiti di ammissione, il Governo precisa che questi
“vanno definiti tenendo conto della finalità del concorso, che è di selezionare i candidati migliori. Essi vanno definiti, quindi, in relazione alla domanda e all’offerta, ovvero in relazione, da un lato, al profilo messo a bando e, dall’altro, al prevedibile numero di potenziali candidati.
Di conseguenza, per profili elevati sarà ragionevole richiedere una particolare competenza nella materia o esperienza nel settore, adeguatamente documentata, se è probabile che vi sia un numero adeguato di candidati che la possiedano. Nella definizione dei requisiti, occorre tenere conto del tipo di selezione che essi possono produrre: per esempio, privilegiare l’esperienza professionale può avere l’effetto di escludere di fatto i candidati più giovani.
In questo ambito, giova segnalare la previsione dell’articolo 35, comma 3, lett. e-ter), del decreto legislativo n. 165 del 2001, introdotta da ultimo dal decreto legislativo n. 75 del 2017, che consente di richiedere il possesso del titolo di dottore di ricerca quale requisito di accesso per specifici profili o livelli di inquadramento e comunque di valutarlo, ove pertinente, tra quelli rilevanti ai fini del concorso per titoli o per titoli ed esami. Per elevate professionalità, riconducibili anche alla posizione apicale dell’area o categoria non dirigenziale, secondo l’ordinamento professionale del comparto, è dunque possibile elevare i requisiti di accesso al punto da prevedere, tra i requisiti di ammissione, il dottorato di ricerca.
Naturalmente, deve trattarsi di profili particolarmente qualificati o specialistici, per i quali un simile requisito sia ragionevole: si pensi a settori di ricerca o al reclutamento di figure professionali di altissima specializzazione e competenza.
L’amministrazione può altresì chiarire nel bando quali discipline, tra quelle nelle quali il dottorato sia stato conseguito, siano rilevanti, in relazione al profilo per il quale è bandito il posto. Rimane ferma, ovviamente la possibilità di valutare il dottorato di ricerca e gli altri titoli di studio tra i titoli posseduti dai candidati: i bandi e i criteri elaborati dalle commissioni ben possono valorizzarli, ove lo ritengano opportuno in relazione alla carriera e al profilo richiesto.
Occorre, peraltro, tenere conto delle specifiche previsioni normative che, ove definiscano i requisiti di ammissione al concorso, possono non consentire di richiedere il dottorato di ricerca.
Va poi segnalata l’importanza di competenze come quelle linguistiche e quelle informatiche, che potranno essere oggetto, oltre che di prove di esame o in alternativa a esse, di requisiti di ammissione, secondo le previsioni di cui all’articolo 37 del d.lgs. 165/2001, con riferimento all’accertamento “della conoscenza dell’uso delle apparecchiature e delle applicazioni informatiche più diffuse e della lingua inglese, nonché, ove opportuno in relazione al profilo professionale richiesto, di altre lingue straniere”. I bandi possono richiedere, per esempio, una certificazione di un certo livello di conoscenza della lingua inglese, sulla base del sistema di esami diffuso a livello internazionale”.
In ogni bando sono indicati i requisiti generali necessari all’ammissione ai concorsi pubblici (ad esempio, l’età non inferiore ai 18 anni ecc.…) ed i requisiti specifici – non sempre presenti nei bandi – richiesti per concorrere per un determinato profilo o qualifica professionale (ad esempio titoli di studi,l’iscrizione ad un Albo professionale ecc..).
Questi requisiti costituiscono titoli di accesso per la selezione, ossia per partecipare al concorso.
Diversamente, i titoli di preferenza non servono per accedere ad un concorso pubblico, ma permettono di ottenere un punteggio aggiuntivo o di ottenere un punteggio aggiuntivo a parità di punteggio. Ad esempio, potrà essere valutato un master o un dottorato di ricerca.
Con la sentenza n. 21057 del 2015, la Cassazione Civile, Sezione Lavoro, si è espressa su una controversia riguardante lo sbarramento all’ingresso di una selezione pubblica, in quanto prevedeva oltre al titolo abilitante anche una concreta esperienza lavorativa pregressa (nel caso di specie, almeno novanta giorni nella qualifica di agente tecnico esattore).
Per la Corte la previsione di una concreta esperienza lavorativa rientra nella discrezionalità della Pubblica Amministrazione, al fine di selezionare il migliore personale possibile. Tale scelta, inoltre, essendo affidata alla discrezionalità della PA non risulta sindacabile in sede di legittimità.
Sulla legittimità della pregressa esperienza amministrativa si era già espressa anche la giustizia amministrativa, chiamata a decidere, ad opera del Consiglio di Stato con la Sent. 17 giugno 2010 n. 3849, un altro aspetto della legittimità del bando riguardante una specifica esperienza nell’ambito della Pubblica Amministrazione.
In questo caso i giudici di appello amministrativi avevano modo di evidenziare che nel concetto di Pubblica Amministrazione rientrano solo quegli Enti che siano sottoposti, quando assumono personale a tempo indeterminato, all’obbligo del pubblico concorso.
È solo questo dato che qualifica, infatti, nell’ambito di una procedura concorsuale, la pregressa esperienza lavorativa.
Non è invece sufficiente la circostanza che l’ente in questione svolga pubbliche funzioni. Per questo il ricorrente era stato escluso in quanto l’Ente nel quale lo stesso aveva maturato esperienza lavorativa, era abilitato a procedere ad assunzioni anche senza pubblico concorso.
Di diverso tenore è il Consiglio di Stato (sez. VI, 14 ottobre 2019, n. 6972) che ha ritenuto illegittima la scelta dell’amministrazione di richiedere titoli di ammissione eccessivi rispetto alla professione per cui il concorso era previsto. In particolare è stata considerata sproporzionata la richiesta di un Master di secondo livello di durata biennale.
Il Consiglio di Stato ha richiamato il principio per cui esiste in capo all’amministrazione indicente la procedura selettiva un potere discrezionale nell’individuazione della tipologia dei titoli richiesti per la partecipazione ma la discrezionalità nell’individuazione dei requisiti per l’ammissione va esercitata tenendo conto della professionalità e della preparazione culturale richieste per il posto da ricoprire o per l’incarico da affidare, ed è sempre naturalmente suscettibile di sindacato giurisdizionale sotto i profili della illogicità, arbitrarietà e contraddittorietà (Cfr. Consiglio di Stato sez. V, 28 febbraio 2012, n. 2098).
Analoghi ragionamenti sono stati riproposti nella sentenza Consiglio di Stato, sezione VI, sentenza 535 depositata il 22 gennaio 2020, che ha ricapitolato la posizione della giurisprudenza amministrativa in materia di scelta dei requisiti di concorso.
In generale, per il Consiglio di Stato, deve essere confermato il principio che riconosce
“in capo all’amministrazione indicente la procedura selettiva un potere discrezionale nell’individuazione della tipologia dei titoli richiesti per la partecipazione, da esercitare tenendo conto della professionalità e della preparazione culturale richieste per il posto da ricoprire.” (cfr., Cons. St., Sez. V, 18 ottobre 2012, n. 5351; Cons. St., Sez. VI, 3 maggio 2010, n. 2494). Nondimeno, la giurisprudenza ha chiarito che: “in assenza di una fonte normativa che stabilisca autoritativamente il titolo di studio necessario e sufficiente per concorrere alla copertura di un determinato posto o all’affidamento di un determinato incarico, la discrezionalità nell’individuazione dei requisiti per l’ammissione va esercitata tenendo conto della professionalità e della preparazione culturale richieste per il posto da ricoprire o per l’incarico da affidare, ed è sempre naturalmente suscettibile di sindacato giurisdizionale sotto i profili della illogicità, arbitrarietà e contraddittorietà ” (Cfr. Consiglio di Stato sez. V, 28 febbraio 2012, n. 2098).
Ed ancora, da ultimo T.A.R. Roma , sez. III , 07/02/2022 , n. 1383secondo cui: “Il legislatore, nell’indicare i requisiti di superamento, così come di accesso, a un concorso è dotato di ampia discrezionalità che può esercitare nei limiti della ragionevolezza e logicità delle scelte effettuate”.
Si rileva, in ogni caso, che l’art. 35, comma 3-bis, D.lgs. n. 165 del 2001, nel limite massimo complessivo del 50% delle risorse disponibili per assunzioni, prevede la possibilità, nei concorsi per titoli ed esami, che sia valorizzata con apposito punteggiol’esperienza professionale maturata dal personale che abbia già avuto rapporti di lavoro a tempo determinato pari ad almeno tre anni di servizio alle dipendenze dell’amministrazione che emana il bando, ovvero sia stato destinatario di un contratto di collaborazione coordinata e continuativa con la stessa amministrazione per equivalente periodo.
Per il personale titolare di contratti a tempo determinato e che abbiano maturato almeno tre anni di servizio alle dipendenze dell’amministrazione che emana il bando, in alternativa al punteggio, è possibile procedere alla riserva del 40% dei posti messi a concorso.
Redazione NurseTimes
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