La storia che leggerete di seguito è un’ennesima testimonianza rilasciata alla redazione di Nurse Times da parte di un infermiera che, grazie alla sua buona volontà e la sua predisposizione al volontariato, spinta dalla voglia di prendersi cura delle persone più sfortunate di lei, ha subito cambiamenti catastrofici nella propria vita lavorativa e personale.
La vicenda in questione è quella di P.M., un’infermiera di 48 anni, che ha svolto per anni la professione come dipendente presso un’azienda ospedaliera veronese.
Nel 2012, spinta dal desiderio di poter aiutare il prossimo ha cercato su internet un’associazione di volontariato presso la quale poter dedicare parte del proprio tempo libero.
Di seguito riportiamo l’intervista rilasciata dalla collega.
Benvenuta P.M., come ha avuto inizio la tua disavventura?
Tutto ha avuto inizio quando ricevetti una contestazione di addebito nel mese di marzo 2015 da parte dell’azienda ospedaliera per la quale presto servizio da molti anni. Mi é stata contestata una presenza costante presso il domicilio di pazienti seguiti dal’ULSS veronese per conto della coop. S.. L’ufficio ispettivo aziendale ha affermato che mi assentassi dal luogo di lavoro per recarmi a domicilio dei pazienti. Tutto ciò è stato categoricamente smentito grazie alle testimonianze fornite dai miei colleghi e dei famigliari dei disabili che seguivo. Sarebbe comunque stato impossibile poiché lavoro in piccole équipe dove io sono l’unica infermiera presente. Nonostante l’intervento dei sindacati il 29 giugno 2015 ho ricevuto la lettera contenente il provvedimento disciplinare.
Quale provvedimento disciplinare ti è stato applicato?
Mi è stata comminata la sospensione dal servizio per un periodo di 6 mesi ai quali si sono aggiunti ulteriori 6 mesi per un totale di 12 mesi.
Cosa ha causato tutto ciò?
Circa due anni fa ho effettuato una ricerca su internet per trovare un’associazione onlus dove trascorrere alcune ore di tempo libero facendo un po’ di volontariato. Vidi un annuncio della Cooperativa S. di Carpi. Conoscevo già questa associazione che realizzava interessanti iniziative di accompagnamento disabili presso il Teatro Romano e l’Arena di Verona.
Ho sempre messo in chiaro che l’attività che avrei voluto svolgere sarebbe stata non infermieristica e su base volontaria. Erano presenti altri 4 infermieri che, probabilmente non svolgevano la propria attività in forma volontaria.
Ma se hai sempre svolto attività non infermieristica di volontariato cosa ti è stato contestato?
Il 25 marzo 2015 mi è giunta una contestazione di addebito nella quale venivo accusata di una presenza costante presso il domicilio dei pazienti del ULSS veronese.
Il titolare dell’organizzazione, A. S., apponeva il mio nome insieme a quello di altri infermieri all’interno di un documento chiamato “erogato” per giustificare un servizio a domicilio. Le prestazioni erogate di fatto non rispettavano il capitolato di appalto.
La cooperativa S. apponeva il mio nome a penna su questo documento interno che poi veniva presentato all’ULSS veronese per giustificare il servizio a domicilio che però non garantiva.
In pratica mi contestano un doppio lavoro e conflitto di interesse. Mi accusano di essere stata presente sia in ospedale che al domicilio nelle stesse ore e negli stessi giorni di servizio in ospedale perché la cooperativa falsificava le mie presenze anche nei giorni in cui io lavoravo effettivamente in ospedale.
Secondo me l’ULSS veronese ha saputo che alcuni infermieri percepivano denaro e organizzavano un servizio domiciliare e che la cooperativa faceva firme false ma, non sapendolo come scoperchiare una cosa simile, ha informato l’azienda ospedaliera. Pur non c’entrando nulla sono stata coinvolta in questa vicenda.
Come è cambiata la tua vita dopo la sospensione?
Il 30 giugno 2015 ha avuto inizio la sospensione di 6 mesi. Il 19 dicembre 2015 mi sono stati infltti ulteriori 6 mesi di sospensione, per un totale di un anno perché la coop. S. ha continuato a mettere il mio nome in qualità di infermiera sulla propria documentazione.
Questo inverno ho tentato il suicidio… Lo sa il mio medico, lo sa il sindacato, lo sa l’avvocato… Non mi sono uccisa perché ho avuto un grave lutto nel 1998. A soli 35 anni mia sorella è morta a causa di una brutta malattia e io non potevo, lo dovevo a lei ma ci sono andata molto vicino. Vivo con mia nipote di 25 anni, non ha i genitori, sua madre era mia sorella, io nell’ultimo anno non ho potuto pagare la retta universitaria e lei, a tre esami dalla laurea, ha dovuto lasciare gli studi. Mi è arrivato un decreto ingiuntivo per un debito contratto con una finanziaria che non sono riuscita a pagare. Questo inverno non abbiamo acceso il riscaldamento, ci siamo dovute scaldare con la borsa dell’acqua calda perché non potevo pagare la bolletta. Lo so sembra impossibile, ma è tutto vero. L’avvocato ha fatto molto poco perché non ho potuto mai pagarlo. Non potevo ricevere il gratuito patrocinio perché avevo un reddito nell’anno precedente.
Quale è stata la motivazione che ti ha spinto a fare volontariato?
Sono stata spinta dal mio vissuto personale. Sono atea ed ho sempre pensato che il divino siano le gesta della buona gente. Io ho sempre avuto accanto buone persone.
Quali attività svolgevi con i malati durante le ore di volontariato?
Ho fatto tanto découpage con ragazzi disabili e con persone affette da sindrome di Down. Abbiamo fatto diverse gite: mostre dei minerali, fiere di paese e siamo andati perfino a Gardaland. Mi sono molto divertita con i miei “ragazzi speciali”.
Ma non ho chiesto l’autorizzazione, non sapevo dovessi farlo. A luglio 2015 sono stata sospesa, ad agosto l’azienda ospedaliera ha inviato a tutti i dipendenti un’email dove si comunicava che fosse necessario chiedere l’autorizzazione sia per il volontariato sia per qualunque attività si volesse fare. Ma dico io: come posso avere la sanzione e solo dopo sapere che c’è un modulo da compilare per chiedere un’autorizzazione? Non si dovrebbe mettere il dipendente in condizione di conoscere prima le disposizioni aziendali?
Quindi non hai mai svolto alcuna attività infermieristica?
No, mai. Ma S. ha dichiarato diversamente. Ha giustificato un appalto con il mio nome scritto a penna sopra un “erogato“. Una mia collega “volontaria” veniva regolarmente retribuita e le indagini hanno dimostrato ciò. I bonifici fatti da S. erano presenti sul suo conto corrente mentre sul mio conto corrente non c’era alcuna traccia.
Quando ho presentato al mio avvocato le distinte dei bonifici fatti da S. a favore della mia collega, mi ha risposto che avrebbe potuto essere una lama a doppio taglio perché si sarebbe creato il sospetto che anche io avrei potuto ricevere pagamenti.
Quando l’erogato ė stato visto dal mio legale, ha capito subito che sotto c’era una frode ma l’azienda ospedaliera non ha voluto indagare a fondo.
Cosa farai ora?
Avrei dovuto rientrare a lavorare in repertato il 1 luglio 2016 ma ho deciso di non tornare più. Intraprenderò una carriera diversa da quella ospedaliera. Ho subìto troppe vessazioni in questi ultimi 12 mesi. Non rientrerò mai più in ospedale. Ho avviato una mia attività privata, un ambulatorio multi-professionale. Un progetto molto ambizioso che mi ha fatto ricominciare a credere in me stessa e ad avere la speranza per un futuro migliore. Ora è giunto il momento di lasciare tutto alle spalle ed intraprendere una nuova carriera ed una nuova vita.
Auguriamo alla collega una brillante carriera nell’ambito del suo nuovo progetto.
Simone Gussoni
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