La disgrazia risale all’estate del 2012, quando un uomo di 47 anni perse la vita all’ospedale di Borgo Trento dopo un autentico calvario.
Morì aspettando una visita all’ospedale: 7 anni di indagini e processi, più di 50 indagati e, alla fine, nessun colpevole. Stroncato in sala d’attesa, mentre attendeva di essere curato per quelle “insostenibili fitte su tutto il corpo”, per quei “lancinanti dolori intercostali”, per quel suo stato di “debolezza e sofferenza diffuse”. Una vera odissea, quella che, secondo i familiari che fino all’ultimo gli sono stati accanto, fu costretto a subire P.P., venuto tragicamente a mancare il 17 luglio 2012, a soli 47 anni, dopo un autentico calvario, iniziato con il primo ricovero a Borgo Trento (quartiere di Verona), reparto di Cardiochirurgia, per sottoporsi a un “intervento chirurgico di Bentall”.
Un atto di denuncia-querela dai toni pesanti quanto inequivocabili, quello presentato all’indomani della tragedia dai congiunti della vittima, che aveva indotto la Procura scaligera a iscrivere 53 persone (tra medici, paramedici e infermieri) sul registro degli indagati con l’accusa di omicidio colposo. Indagini accurate, quelle che ne erano seguite, fino alla svolta del 2013: scagionate da ogni accusa le 53 persone inizialmente finite sotto inchiesta a Borgo Trento e, invece, iscrizione nel registro degli indagati dapprima del medico di base della vittima, e poi, in una fase successiva, di altri tre colleghi, uno operativo a Villa Garda, il secondo del Pronto soccorso e il terzo in qualità di sostituito del medico di base. Per tutti e quattro i camici bianchi il reato contestato era di omicidio colposo, e per tutti e quattro, seppure in date diverse, la vicenda giudiziaria si è conclusa con una sentenza di assoluzione.
Per la tragica e prematura scomparsa del paziente, dunque, alla fine non pagherà nessuno. Un dato, questo, diventato definitivo da ieri. Su decisione del giudice Silvia Isidori, infatti, è scattata l’assoluzione anche per l’ultimo medico rimasto sotto accusa in primo grado. Si trattava di Alessandro Dalla Riva, all’epoca medico di base della vittima. “II fatto non costituisce reato”, ha stabilito il magistrato, che ha comunque disposto l’invio degli atti in procura affinché si proceda per falso nei confronti dello stesso Dalla Riva per la presunta sparizione del registro ambulatoriale.
«Ho fatto tutto il possibile», si era difeso un anno fa in aula il medico di base, ribadendo l’«assoluta correttezza» del suo operato e sottolineando di essere stato proprio lui a consigliare al paziente di rivolgersi al reparto di Cardiochirurgia dell’ospedale “Confortini”. «A questo punto attendiamo le motivazioni (che saranno depositate entro il termine massimo di 90 giorni, ndr) – ha commentato ieri l’avvocato di parte civile Mirko Zambaldo –. Interessa soprattutto chiarire la dinamica di quanto accaduto e perché sia successa una tragedia del genere».
Stando a quanto concluso all’epoca dal consulente del pm, Marco Zenatelli, a sbagliare sarebbe stato il medico curante della vittima, che non avrebbe prescritto un adeguato dosaggio di anticoagulante al 47enne, a rischio trombosi dopo aver subito l’intervento. Dall’esito della perizia del gup, tuttavia, lo stesso pm aveva poi tratto profilo di responsabilità per gli altri tre medici di Villa Garda, del Centro Gallieno e di Borgo Trento. Alla fine, nessun colpevole per la morte dell’uomo, che, secondo i familiari, «esasperato dal dolore, supplicò in ospedale una visita urgente, che gli venne fissata per il giorno successivo alle 9:30». Troppi tardi: “II 17 il paziente si portava a Borgo Trento e, in attesa di tale visita, veniva invitato ad accomodarsi in sala d’attesa ed attendere il proprio turno, ma nelle more dell’attesa, P. P. decedeva”. Aspettando un medico.
Redazione Nurse Times
Fonte: Corriere di Verona
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