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Un infermiere su due non esegue correttamente le manovre di rianimazione cardiopolmonare: i risultati della ricerca

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Un infermiere su due non esegue correttamente il BLSD
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Gli infermieri sono generalmente i primi operatori ad identificare un paziente in arresto cardiaco ed avviare le conseguenti manovre di rianimazione cardiopolmonare (CPR) ai pazienti in arresto cardiaco.

Le manovre di rianimazione hanno ridotto drasticamente le morti intra-ospedaliere se effettuate da professionisti della salute adeguatamente formati.

Ma davvero tutti gli operatori sanitari presenti negli ospedali sarebbero in grado di fare ciò correttamente?

I ricercatori della School of Nursing della University of Botswana hanno realizzato uno studio quasi-RCT per rispondere al quesito.

L’obiettivo è stato quello di investigare le conoscenze degli infermieri in materia di conoscenza della corretta procedura di CPR e delle loro abilità nell’eseguirla.

Metodologia: Uno studio quantitativo è stato condotto in tre ospedali del Botswana. Un pre-test, interventi, post test e rivalutazioni a distanza di sei mesi sono stati effettuati per determinare il grado di conoscenza e le abilità nelle manovre di CPR.

La procedura ritenuta corretta dai ricercatori è stata quella realizzata nelle linee guida dell’American Heart Association’s 2010 basic life support (BLS) per professionisti sanitari

I dati ottenuti sono stati analizzati per confrontare le performance nel corso del tempo.

Risultati

Questo studio ha dimostrato gravi carenze nelle conoscenze della procedura di CPR e nell’abilità di esecuzione della stessa tra i 154 infermieri presenti nei tre distretti ospedalieri.
Il pre-test riguardante le conoscenze delle linee guida ha ottenuto un punteggio di sufficienza nel 48% dei partecipanti, dimostrando come gli infermieri non conoscessero la maggior parte dei passaggi del BLS. Solo 85 infermieri hanno partecipato alla rivalutazione a distanza di 6 mesi.
Mentre un incremento delle conoscenze nel 26,4% era stato riscontrato pochi giorni dopo il post-test, le performance degli stessi sarebbero precipitate al 14,5% a distanza di sei mesi.
In conclusione, la scarsa conoscenza delle manovre di CPR e l’incapacità nell’applicarle potrebbe influire negativamente nella gestione delle vittime di arresto cardiaco riducendo drasticamente la loro speranza di sopravvivenza. I dirigenti ospedalieri e gli infermieri in Botswana dovrebbero incoraggiare tutto il personale al retraining in materia di CPR monitorando gli effettivi risultati.

Simone Gussoni

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